17. 𝑪𝒂𝒑𝒊𝒓𝒐̀ 𝒄𝒐𝒔'𝒉𝒂𝒊 𝒅𝒆𝒏𝒕𝒓𝒐

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Victoria

𝘌̀ 𝘤𝘩𝘦 𝘴𝘰𝘯𝘰 𝘵𝘳𝘰𝘱𝘱𝘰 𝘧𝘰𝘳𝘵𝘦
𝘱𝘦𝘳 𝘯𝘰𝘯 𝘱𝘦𝘳𝘮𝘦𝘵𝘵𝘦𝘳𝘮𝘪 𝘥𝘪 𝘦𝘴𝘴𝘦𝘳𝘦
𝘥𝘦𝘣𝘰𝘭𝘦.
𝒜𝓊𝓇ℴ𝓇𝒶𝓃ℯ𝓈𝓀𝒾𝓃, 𝓃ℴ𝓉𝒶 𝓆𝓊𝒶𝓇𝒶𝓃𝓉𝒶𝓈ℯ𝓉𝓉ℯ.

"sopporta"
È la cosa che mi riesce meglio, io sopporto, sopporto fin troppo ed ciò che più mi fa male.
Ho sempre sopportato, ho iniziato a farlo a quattordici anni, quando seduta sulle gambe di mia madre in sala, accanto al tavolo, i miei genitori mi avevano rivelato che a breve la mamma avrebbe iniziato le cure per la sua malattia.
Nella mia mente è nitida l'immagine del pianto soffocato da un'abbraccio di mio padre.
Da quel giorno non ne ricordo i successivi, non so quanto ci sono stata male, non so se le lacrime mi hanno rigato il viso altre volte o se sono stata indifferente.
Non so se la tristezza era visibile sul mio viso, se guardandomi negli occhi si vedesse il buio che avevo dentro.
Lo stesso buio che da sette anni non mi lascia mai.
Sono certa che dietro le mie risate ci sia un'anima che non si illude, sono certa che dietro un mio sorriso si possa vedere il disperato bisogno di rinascere, di dimenticare.
Perché si, il cervello può disconnettersi dai pensieri ogni tanto, ma il cuore è in costante lotta contro l'anima, la stessa che non ce la fa, che si ripete "alla prossima caduta non riuscirai a rialzarti" ma io la smentisco ogni volta.
Non so se mai arriverà un momento di pace che duri, oramai non credo neanche più a quelli poiché dietro ogni attimo di felicità c'è un infinito malessere psicologico.
Eppure io continuo ad esserci per tutti, spengo i singhiozzii che non mi fanno respirare ed ascolto i problemi altrui pronta a trovarvi rimedio, perché forse io sono forte e sono abituata a soffrire. La gente che non sa delle notti che le persone come me passano a piangere, della morsa che si sente al petto e dell'enorme vuoto, devono continuare a non saperlo, a vivere felici inconsapevoli di una realtà così cruda.
Damiano è così simile a me da farmi sentire al sicuro. Le nostre anime sono legate da una sofferenza comune, da una perdita che siamo consapevoli ci accompagnerà per sempre.
Quella mattina mi svegliai accarezzata dalle sue mani sempre stranamente delicate per la loro grandezza.
I suoi tatuaggi stonavano con il cuore delicato che si nascondeva sotto quegli stati di pelle. Lo guardai sorpresa che si fosse venuto a riposare da me, non succedeva da quell'illusione di distanza che aveva messo tra di noi. Illusione poiché non serve un contatto per stare vicini.
Rimasi a guardarlo per un po', i suoi occhi erano gonfi e molto arrossati, poteva darsi che avesse pianto guardandomi dormire.
Poco prima che proferissi parola mi precedette spostando lo sguardo fuori dalla finestra.
<<non volevo accusarti di volerla sostituire>> Fu come una scusa non direttamente pronunciata ma nemmeno sentita.
<<non vuoi sinceramente scusarti, tu lo pensi davvero>> finii per lui.
<<sai vic... voltarsi in cerca di aiuto essendo certi di trovare la persona che c'è sempre stata e non vederla è la cosa più brutta che ci sia... io mi sono voltato a cercarla quando sprofondavo in un mare di merda e... non trovarla ha fatto si che venissi di nuovo investito dalla consapevolezza che non ci sarebbe stata e che non c'era da molto. Ogni volta che provavo a vederla finivo in un circolo vizioso, ci ho messo un anno a capire che dovevo farmene una ragione.>> si fermò a respirare. <<forse tu non puoi comprendere ma non importa, può darsi che mi sia fatto un'idea sbagliata di te ma ogni volta che ti guardo e sento il cuore battere più forte mi pento di averti dato più importanza di quanta ne avrei data a lei. Giurai sulla sua salma che avrei per sempre amato solo la mia G., Victoria..>>
Ancora non sapeva che io avevo provato la sua stessa tristezza. Ancora non gli avevo detto che se avevo perso speranza era per la mia dolce ed amatissima mamma.
<<Non mi conosci Damiano. Non sai cos'ho passato>>
<<non può essere peggio di aver perso l'amore della propria vita>>
Provai rabbia. Tanta. Tantissima e mi lasciai andare, sbagliando.
<<Sai quando è stata l'ultima volta che ho messo piede in un ospedale? A quattordici anni. L'ultima volta che ho sentito il ticchettio dei battiti cardiaci proiettati su un macchinario erano quelli di mia madre.
Li ho ascoltati fino alla fine, fino a quando si sono spenti.
Ho sperato con tutta me stessa che quel coso non funzionasse, che lei non fosse morta davvero.
Non ho voluto alzare gli occhi, perché sapevo che non avrei incontrato i suoi.
Ero uscita dalla stanza, con la testa bassa e il cuore a pezzi. Mio padre era ancora dentro incredulo. Mia sorella era a casa e fuori c'era Thomas, il mio migliore amico. Mi aspettava in piedi pronto a sorreggermi. Iniziai a soffrire di attacchi di panico. Persi un anno di scuola, smisi di suonare per tutto quel tempo sofferto e la prima volta che ripresi in mano uno strumento piansi a dirotto. Forse non ho perso un amore ma ho perso chi l'amore mi ha insegnato a trasmetterlo, ho perso la persona che ha iniziato ad amarmi quando ancora il mio cuore non batteva nonché colei che mi avrebbe amato per sempre>>
Damiano mi guardò sconcertato ed imbarazzato per la sua precedente accusa.
Aveva emesso una sentenza senza prima sapere il corso della vicenda e si era permesso di sminuire il mio dolore pur non conoscendone la fonte. Ora vedeva davvero ciò che intravide nei miei occhi un mese e mezzo fa. Ora poteva capire cosa avevamo di così speciale che ci teneva uniti.
Non emise un respiro, non una sola parola.
Iniziai a tremare. L'angoscia cresceva al ricordo della sua voce che mi spronava ad esercitarmi per poi potermi godere un palco in futuro. Mi tremavano le gambe, le mani, le spalle. I brividi si rincorrevano lungo la spina dorsale. Volli piangere ma le lacrime sembravano ghiacciate. Damiano mi iniziò a parlare, disse di cercare tutto ciò che vedevo di colore blu... ma blu erano i suoi occhi limpidi come il cielo e chiari come i miei. Allora mi tirai i capelli, mi chiusi a riccio e spensi il cervello. Le pareti si facevano piccole. I respiri si susseguivano senza freno. Mi schiacciava il soffitto. Damiano allora fece una cosa spaventosa, così mi parve. Con una mano sulla nuca mi teneva ferma e con l'altra mi tappava le vie respiratorie. Caddi in un vuoto e non sentii nulla per svariati secondi.

ᴛʜᴇ ʟᴏɴᴇʟɪᴇsᴛ |damoria|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora