36.𝒁𝒊𝒕𝒕𝒊 𝑬 𝑩𝒖𝒐𝒏𝒊

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Damiano

Eravamo lì.
Su un palco vero.
Dopo mesi di lavoro.
Stavamo coronando un sogno.
XFactor.
Sentendoci suonare per le strade di Roma con la speranza di poter un giorno diventare qualcuno, un produttore ci aveva notati.
Eravamo ad un contest musicale, pronti a far valere chi eravamo, determinati più che mai ad entrare nei cuori di chi con amore sarebbe stato pronto a vedere attraverso il punto di vista di quattro semplici ragazzi ventenni. 
Volevamo crescere, essere disposti a metterci la faccia per cambiare qualcosa nel mondo della musica. Puntavamo a far entrare i nostri pezzi nelle classifiche, anche essendo ultimi.
Avevamo fatto i provini, eravamo stati scelti.
I nostri pezzi erano piaciuti, le mie parole e la competenza dei ragazzi coi i loro strumenti ci avevano permesso di entrare.
Con "Zitti e buoni" battezzavamo il nostro primo palco dando inizio ai giochi.
Il pubblico rispondeva alle mie sollecitazioni, Thomas non smetteva di sorridere e Victoria fece andare in visibilio il palazzetto col suo assolo. Era nata per questo, aveva avuto solo bisogno di un piccolo aiuto e di qualcuno che credesse in lei quanto lo faceva sua mamma.
Aveva avuto bisogno di me. Io che l'avrei portata sulle spalle fino in cima al mondo, che l'avrei rivista per sempre in ogni stella, io che in eterno mi sarei specchiato dentro i suoi occhi.
Mi aveva fatto rinascere, mi stava dando la possibilità di ricominciare da noi.
In un frangente l'immagine di Giorgia, qualche giorno prima, al cimitero, si ripresentò. Lei era tornata nella mia vita con la sua esuberanza. Alla mia amata attuale non l'avevo detto. Era successo tutto così in fretta e così inaspettatamente da non darmi il tempo di elaborare l'accaduto.
Le luci rivolte ai giudici mi fecero tornare con i piedi per terra.
Il nostro momento era concluso, dopo moltissimi complimenti fummo scelti da Manuel Agnelli.
Fu inutile dire che, appena sceso dal palco, ne sentii subito la mancanza.

<<é stato F A N T A S T I C O>> esclamò Victoria.
Era così bella, così unica, così mia...
<<ti amo>> sussurrai al suo orecchio avvolgendola in un caloroso abbraccio.
<<non smettere mai di dirmelo>> chiese velatamente.
L'attrito creato fra i nostri corpi stava risvegliando una possente erezione. Purtroppo eravamo in pubblico.
<<placa gli ormoni baby, fra poco siamo in hotel>>
<<ei piccioncini mi state dando la nausea>> si intromise il chitarrista.
<<basta che non vomiti qui!>> gli rispose l'amica.
Alcuni dei nostri cari erano venuti ad assistere, stavano stappando una bottiglia. C'era anche mio fratello fra essi, egli catturò l'attenzione di vic, li lasciai interagire e presi una pizzetta dal tavolo.
<<Damiano, c'è una ragazza qua fuori, mi ha chiesto di te>> Ethan mi fece segno verso l'uscita.
<<ha detto chi é?>> Una vaga idea si stava facendo spazio nella mia mente.
<<no, dice che avresti capito>>
Annuii uscendo.
Era ovvio chi fosse, chi se non colei che era perfino risorta magicamente?
Stava fumando una sigaretta dall'altro lato della strada, indossava un grande cappello nero, un blazer e un pantalone di jeans con degli anfibi. Il suo corpo, che da ragazzini era il mio punto debole, fece crescere nel mio animo una quantità di odio indescrivibile. Come poteva essere possibile odiare così tanto qualcuno per cui, anni prima, avrei dato la vita?
<<Non dovresti essere in una... bara? Speravo di aver immaginato il nostro ultimo incontro>> ero stato rude ma meritava di peggio.
<<Damiano...>>
La sua voce era inascoltabile per me.
<<fai in fretta, vai al sodo e sparisci. Ti avverto che se vuoi il mio perdono...>>
<<io non posso chiederti tanto ma ti devo una spiegazione>>
<< una spiegazione? Ora? Ti sei presentata in un giorno importantissimo per me e per i miei amici, solo per... spiegarmi?>> Avrei voluto avere un bel ricordo della nostra prima esibizione ma sarebbe per sempre stato intaccato dalla sua presenza.
<<io stavo male>> cominciò senza dare retta a ciò che le dissi. <<lo sai bene, ero molto malata e lo sono ancora, non posso guarire e questa consapevolezza mi ha portata a credere che non ti saresti mai goduto a pieno la tua vita con me a fianco, sarei stata un peso.>>
<<tu sei ancora un peso! Da quanto tua madre mi ha detto che eri venuta a mancare sei stata un peso! Lo sei dal giorno in cui sono entrato in quella maledetta chiesa, con il cuore in mano, per dirti addio!>> ero furente, ciò nonostante, sentii le lacrime bagnarmi gli zigomi. <<ho sprecato anni della mia adolescenza per smaltire la tristezza che mi stava facendo schiavo di se. Sei stata egoista, una vera stronza!>>
<<mi dispiace pape>> usò il nostro soprannome.
<<non chiamarmi così! Sparisci!>>
Non azzardò a muoversi.
Perché si era presentata proprio in quel momento?
Sapeva che mi sarei infuriato, che il sentore di essere stato tradito avrebbe preso il sopravvento sul buon senso. Aveva avuto la faccia tosta di venire lo stesso.
<<ho visto che sei felice ora>> ammise più a se stessa che a me. <<hai una nuova ragazza>>
<<esatto>> Meritava di soffrire quanto avevo sofferto io, di sentire il dolore risalire delle viscere solo pensando a ciò che eravamo, a ciò che avevamo perso. Vic però non doveva essere soggetta alle nostre liti, non sarei stato tanto crudele con lei.
Come avrei dovuto dirle che la mia ex, che credevo defunta, era ritornata a farmi visita e non come un fantasma?
Eravamo appena riusciti a coronare l'inizio di un sogno e non era stato per nulla facile. Se l'avesse scoperto? Come avrebbe reagito? Avrebbe mollato?
<<lei com'è?>> chiese, e se non avesse abbassato lo sguardo, avrei giurato di aver intravisto nei suoi occhi della malinconia.
<<bellissima, pura, forte, indipendente e soprattutto non mi farebbe mai una cosa simile>> risposi freddo. È la mia bambina.
<<sa che esisto? le hai parlato di me?>> continuava a non guardarmi.
<<non stiamo facendo una cazzo dì conversazione amichevole, tu mi hai detto di essere morta!! Va via.... per sempre>>
Senza ripensamenti tornai dai ragazzi a festeggiare e strinsi fra le braccia la mia eterna amata.
<<tutto bene?>> chiede sussurrando.
<<ora benissimo>>
Le stampai un bacio sulle labbra e bevvi un sorso del suo champagne.

Percorremmo le strade di Milano per tornare verso l'hotel. Victoria si era addormentata col capo sulla mia spalla, emetteva lunghi e dolci respiri, ogni tanto sbuffava perfino.
Le campane segnarono la mezzanotte mentre scendemmo dal van per salire nelle nostre camere. Mi parve che esse segnarono la fine del momento di pace che la vita mi stava concedendo.
Nello stesso momento arrivò un messaggio da parte di un mittente anonimo.
"pensami e decidi.
G."

ᴛʜᴇ ʟᴏɴᴇʟɪᴇsᴛ |damoria|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora