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⚠️TW:ABUSO SESSUALE⚠️

Natalie

Le luci della città illuminano il viso di Thomas, i miei occhi sono incastrati nei suoi e ho il cuore che mi sta per uscire dal petto, talmente batte forte. Ma...non posso. Thomas mi rende debole, vulnerabile, e io non posso permettermelo. Così glielo dico. Consapevole di fargli del male, di farmi del male.

«Non posso.»

«Cosa? No, ma che dici. Noi-»

«Devi smettere di ronzarmi attorno, mi devi stare lontano. È stato un sbaglio.»

Crack.

«Io non provo quello che provi tu.»

Bugia.

«Io sto con Marcus, è lui la persona che voglio accanto a me. Non ti voglio.»

Ancora bugie e ancora spacchi nel petto.

«Non succederà mai più. Qualunque cosa ci sia stata tra noi finisce qui. Addio.»

Incrocio un'ultima volta il suo sguardo, colmo di rabbia e dolore, e vado via.

Scappo, come la codarda che sono.

Scappo, lasciandogli un pezzo del mio cuore.

Corro a perdifiato giù per le scale, rischiando più di una volta di cadere e spaccarmi qualche osso.
Ed è solo quando arrivo ai bagni e mi ci chiudo dentro che mi permetto di crollare.
Le lacrime che fino a quel momento avevo tenuto ben sigillate iniziano ad uscire come non facevano da fin troppo tempo.

Ricordo bene l'ultima volta che ho pianto.

Era una sera d'estate, il 4 luglio scorso, e mio padre quella sera era tornato prima per poter festeggiare in famiglia. Peccato che mia madre fosse ad un barbecue organizzato da alcuni amici e che ci fossi solo io in casa.

FLASHBACK

Sono chiusa in camera a leggere uno dei miei soliti romanzi, l'unico modo che conosco per fuggire dalla realtà quando la vita mi sta troppo stretta.
In casa regna la pace, mamma è fuori e papà non tornerà prima di notte inoltrata.

D'un tratto sento la porta di casa aprirsi e la sua voce riempire casa.

«Paparino è tornato!» Mi paralizzo all'istante. Cosa ci fa già qui?

Lo sento salire le scale, lentamente. Percepisce l'odore della paura, se ne nutre fino a che la sua preda non è stremata e, in quel momento, attacca.

La sua ombra si fa spazio nel corridoio fino a che lui non occupa tutto lo spazio davanti alla mia porta.
Indossa ancora la divisa azzurra e ha la pistola ancora ben saldata al suo fianco.

«Bambolina, dov'è quella troia di tua madre?» Mi chiede facendo un passo nella stanza.

«Non lo so, papà.» Si arrabbierebbe con lei se sapesse dove si trova. È sempre stato molto possessivo nei suoi confronti.

«Sono tornato prima dal lavoro per poter passare del tempo con la mia famiglia, per giocare con mia figlia e per spassarmela un po' con mia moglie. Ma, bambolina, mia moglie non c'è. Dobbiamo rimediare, non credi?»

«Papà io-»

«Zitta, puttana.» Il primo schiaffo mi arriva dritto sulla guancia destra, talmente forte da farmi cadere sul letto.

«Spogliati.» Brividi di terrore mi congelano il corpo impedendomi di compiere il ben che minimo movimento.

«Avanti, bambolina, dopo tutti questi anni dovrei averti istruito bene. Sei una puttana esperta, stuzzica un po' il tuo paparino.»

Tre lacrime, tre di numero perché di più non posso permettermele, mi solcano le guance.

Si arrabbia se non faccio quello che vuole lui, e per esperienza so che è meglio non farlo arrabbiare. Così ubbidisco e inizio a sbottonarmi la camicetta del pigiama. Lui intanto si accomoda sul mio letto, butta giù il mio libro e i peluche che lui stesso mi aveva regalato negli anni.

«Vieni, bambolina. Fatti toccare.»

FINE FLASHBACK

Ho gli serrati, le mani che tremano e la schiena e premuta contro la porta. Odio rivivere quei momenti. Fatico a cercare un ricordo felice nella mia mente, nel tentativo di scacciare questo incubo.

Non dovrei sorprendermi ma lo faccio.

La prima cosa che mi viene in mente è Thomas, precisamente la mattina in cui mi ha portato la colazione in macchina.

Un mezzo sorriso nostalgico mi si forma in viso, le lacrime continuano a scendere indisturbate e mi ritrovo a non sapere più per cosa io stia piangendo. Forse per tutto. Forse per niente.

La campanella suona interrompendo il flusso dei miei pensieri. Voci di centinaia di ragazzi e ragazze riempiono i corridoi al di là della porta contro cui mi trovo. Cerco di ricompormi il più possibile prima di uscire. Marcus mi starà aspettando fuori anche se manca ancora un'ora di lezione.
Ma io non ho voglia ne di seguire quella stupida lezione di anatomia ne di vedere Marcus.

Non voglio vedere proprio nessuno.

Bugia.

Aspetto che le voci si dissipino fino a che la scuola non torna al suo religioso silenzio. A quel punto mi faccio coraggio ed esco, mi do un'occhiata allo specchio, mi sciacquo il viso e sgattaiolo a recuperare la mia borsa dall'armadietto.
Prego che nessun sorvegliante sbuchi da qualche corridoio.

Apro con fatica l'armadietto e quando sto per recuperare la borsa noto un bigliettino incastrato nei fori che si trovano sull'anta.

Che sia di Thomas?

Con le mani che ancora tremano lo spiego e in quel momento sento il mio cuore smettere di battere.
Mi ritrovo a pregare che non riparta più piuttosto che dover affrontare quello che sta succedendo.

Le gambe mi cedono facendomi cadere sulle ginocchia. Il fiato mi si spezza. Le mani sono talmente rigide che rischio di strappare il figlio.

Un singhiozzo mi sfugge mentre ricaccio dentro le lacrime.

Mi costringo a rileggere, nel caso avessi letto male e mi fossi fatta suggestionare dal momento.

Ma no, non mi sono sbagliata.

Vengo a prenderti, bambolina.

🫶🏻🫶🏻🫶🏻🫶🏻🫶🏻

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