CAPITOLO 11
Il tempo stringeva.
Le vittime ora erano tre.
Gli indizi erano pochi, ma c’erano e lei doveva essere capace di ricostruire gli eventi.
Guidò Walker sul luogo del terzo delitto e lasciò che lui lo ispezionasse con il suo occhio attento.
-Non so ben dirvi l’ora del delitto, ma dopo un’accurata ispezione vi informerò- la rassicurò lui.
-Va bene, il nostro assassino potrebbe colpire ancora- rispose la detective con fare preoccupato.
Aveva smesso di piovere, così Harper decise di interrogare gli invitati, i cui nomi erano elencati sulla lista che le aveva fornito Julia.
Quando uscì, la brezza fresca della mattina la investì.
Guardò il primo nome della lista: Dean Hilton.
Si diresse verso Regent Street e sollevò il pesante battente.
Ad aprirle la porta trovò un signore sulla quarantina dai capelli neri e sbarazzini ed un paio di occhiali che gli conferivano un’aria professionale.
-Buongiorno signorina, come posso aiutarla?- le chiese con voce pacata.
-Buongiorno, sono l’ispettore Harper Davidson, David Lee è stato assassinato e ho motivo di credere che il Signor Hilton possa aiutarmi- rispose l’ispettore.
-Potrei entrare?- tentò Harper.
Il maggiordomo si scostò leggermente di lato, contro la parete intonacata e le fece segno di entrare.
Al suo interno la villa si presentava ordinata e semplice, nonostante la raffinatezza del mobilio e la delicatezza dei ricami presenti sui tendaggi in lino.
-Accomodatevi nel salotto, il signor Hilton sarà qui a momenti- disse l’uomo.
Harper non dovette aspettare a lungo: pochi minuti dopo un uomo alto e magro le si presentò dinanzi.
Portava i capelli biondi tirati di lato dalla brillantina e indossava un completo elegante.
Dalla camicia sporgeva lucente un orologio da taschino, il cui colore era perfettamente intonato ai gemelli da polso nei quali erano incastonati due zaffiri che rilucevano ai raggi del sole mattutino che filtrava dalle alte finestre.
-Buongiorno, il mio maggiordomo mi ha avvertito del vostro arrivo. Ho saputo solo poche ore fa della morte del mio caro amico Lee, della moglie e ovviamente del caro ragazzo che lui stesso ha cresciuto- iniziò Hilton con fare rammaricato.
-Sono consapevole che vi dispiaccia, ma credo capiate quanto sia importante per me ogni singolo dettaglio di quella sera- disse la detective non perdendo di vista il proprio obiettivo.
A quel punto Hilton si accomodò su una sontuosa poltrona di pelle bianca, si sistemò una piega del vestito e iniziò a raccontare.
-Quella sera è stato un vero disastro- constatò l’uomo.
-Già da quando sono arrivato ho capito che nell’aria c’era qualcosa, una specie di strana tensione tra il signor David e sua moglie Scarlett, lo avevo percepito dagli sguardi che si lanciavano di sottecchi.
Poi a mano a mano che la serata andava avanti le cose tra loro due sono precipitate.
Il signor Lee aveva bevuto troppo e quando la moglie gli si è avvicinata l’ha scaraventata a terra.
Non so per quale motivo, ma non mi importa- disse.
Finita la frase Hilton chiese al maggiordomo di andare a preparare due scotch ghiacciati, e Harper non poté rifiutare.
-Quindi voi non avete udito il motivo per cui David ha spintonato sua moglie, è corretto?- domandò lei.
-Sì esatto, sono spiacente signorina Davidson- si scusò.
Harper aveva notato che Dean Hilton aveva iniziato a sudare, così concluse l’interrogatorio.
-C’è ancora qualche particolare che voi ritenete importante riferirmi?- gli chiese Davidson.
L’uomo ci pensò per qualche secondo, poi rispose di no.
-Bene- concluse la ragazza -grazie del suo tempo-
L’investigatrice si era alzata dalla poltrona, si era infilata impermeabile e l’inserviente l’aveva condotta alla porta quando si voltò e pose un ultimo quesito al sospettato.
-Mi scusi signor Hilton- disse Harper senza voltarsi -per il rinfresco vi siete servito da solo?- continuò lei fissando il legno nero della porta d’ingresso.
Nonostante non puntasse lo sguardo in quella direzione a Davidson non sfuggì la sorpresa sul volto di Dean.
-Sì, credo di sì- rispose incerto l’uomo -come mai questa domanda?- volle sapere.
-A scopo informativo- replicò lei -Arrivederci signore- terminò e uscì dalla porta in legno di quercia tenuta aperta dal maggiordomo.
Il pomeriggio passò, ma nonostante fosse passata per una dozzina di proprietà, il giro fu infruttuoso e nessuno seppe darle informazioni veramente utili.
Ognuno aveva visto la scena di quella sera, ognuno sapeva descriverla e tutti riuscivano a raccontare cose superficiali, ma nessuno seppe darle informazioni che l’aiutassero con la risoluzione del caso.
-Siamo all’ultimo sospettato…- mormorò tra sé quando si fermò dinanzi all’ultima casa, una villa dalla porta in legno d’acero, dall’aspetto antico e misterioso.
Bussò con forza e rimase ad attendere per alcuni secondi.
Dopo poco la porta si spalancò e comparve un uomo sulla cinquantina.
Non aveva nulla di particolare se non una fasciatura alla mano destra.
-Buongiorno, detective Harper Davidson, sono qui per farle alcune domande sulla morte del signor Lee- si presentò lei.
-Certo, seguitemi- disse e si voltò per incamminarsi attraverso il lungo corridoio.
Si accomodarono entrambi nel salotto, una stanza spaziosa e per niente raffinata come le precedenti.
-Vorrei sapere se c’è qualcosa di particolare che vorreste raccontarmi, qualcosa che mi possa aiutare nella risoluzione del caso- cominciò lei.
-Non credo che sarò capace di dirvi più di quanto vi abbia detto qualcun’altro, ma ci proverò- con fare stanco pronunciò queste parole e accese una pipa.
-Io rispetto, al resto degli invitati ero arrivato particolarmente in ritardo- iniziò l’uomo.
-Sentivo dei rumori e un vociferare piuttosto sommesso. Ho bussato, ma nessuno è venuto ad aprirmi, così ho pensato di provare dalla porta sul retro.
Ho fatto il giro della casa e mi sono affacciato sulla portafinestra che dava sul giardino. Dentro non vidi nessuno, in compenso il rispettabilissimo William arrivava da dietro le siepi. Mi è venuto incontro e mi ha aperto. Da lì ci siamo diretti verso il salotto.
Allora abbiamo capito il perchè di quel terribile trambusto.
Il resto della serata credo ve l’abbiano già spiegato- terminò con un sorriso malinconico.
-Mi siete stato molto utile signore, posso sapere il motivo di questa fasciatura?- disse Harper indicando la mano ferita.
-Oh, me la sono procurata quando, ieri sera, un bicchiere si è rotto e io ho raccolto i cocci senza fare particolare attenzione- spiegò l’uomo con fare disinvolto.
-Capisco, vi auguro buona serata- detto questo Harper fu congedata e, soddisfatta di ciò che aveva raccolto, tornò nel suo studio, a riflettere sul da farsi.

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UN COLPO AL CUORE
Mystery / ThrillerLondra 1800. Una festa che si trasforma in una tragedia. Un delitto che sembra non trovare risposta. Una giovane detective che si prepara ad affrontare il caso più complicato di tutta la sua carriera.