La maga non disse nulla. Fece una carezza sulla testa del gatto, poi lo sollevò e lo appoggiò a terra. Lo fissò per qualche attimo, chiuse gli occhi e si portò due dita alle tempie come se fosse in cerca della giusta concentrazione.
Rimasi stupita per quel comportamento misterioso. Non sapendo cosa fare, fissai lo sguardo su Cassiopea, sul magnifico pelo morbido che, nonostante la mia avversione per i gatti, avrei voluto accarezzare, e sulla tranquillità con cui si stava leccando una zampa.
All'improvviso, la gatta si tirò su e schizzò verso un angolo del salone. Allungò le zampe in maniera frenetica, come se volesse catturare un topo o una cavalletta.
Solo che non c'era nulla, davanti a lei.
Lanciai uno sguardo stupito a Max, che osservava le evoluzioni di Cassiopea con uno sguardo tetro, e uno ancora più sconcertato ad Astarte, che teneva gli occhi chiusi e pareva immersa in una profonda meditazione.
La donna riaprì le palpebre, e Cassiopea si quietò. Quasi scoppiai a ridere, nel vedere un piccolo sbuffo di dispetto nell'aura serafica del gatto, che si guardò intorno con aria scontenta accorgendosi di essere stato raggirato.
Cassiopea tornò indietro, rivolse alla propria padrona un'occhiata di sdegno e, a sorpresa, venne ad accoccolarsi nel mio grembo. Resistetti all'istinto di cacciarla via perché mi stava riempiendo i jeans neri di peli, e arrischiai invece la carezza che avevo desiderato rivolgerle fin dal primo momento in cui l'avevo vista.
Il suo pelo era davvero morbido come immaginavo. Una nuvola di delicatezza che mi fece rabbrividire i polpastrelli per il piacere.
«Che cosa è successo?» domandai ad Astarte mentre coccolavo il gatto.
Il sorriso riapparve sulle sue labbra con un istante di ritardo; forse, lei stessa si sentiva a disagio per quello che aveva appena fatto. «Ho persuaso Cassiopea che in quell'angolo ci fosse un topo» rispose con un sospiro. «Le ho indotto una specie di convinzione ipnotica, se accetti il termine.»
Ero stupita. Di più: senza parole per la meraviglia. Di sicuro guardai Astarte con un'occhiata colma di venerazione, o forse fu la maga a leggere i miei pensieri direttamente nella mia testa, perché aggiunse: «Anche tu puoi usare il tuo potere sugli altri, Livia.»
«Io?» La mia reazione fu così scomposta che Cassiopea fece un salto. La gatta si rovesciò sul pavimento, mi rivolse un'occhiata ancora più indignata di quella con cui aveva squadrato la propria padrona e si rassegnò a tornare nella cuccia sotto le mensole decorate da vasi di potos. A quanto sembrava, tutti gli umani non erano altro che una delusione, per lei e il suo desiderio di trovare una pace di felina superiorità.
Astarte non si curò della mia agitazione. «Fai una prova su Maximilian» suggerì con espressione pacata.
Guardai Max con una punta di apprensione. Finora, i rapporti tra noi erano stati piuttosto altalenanti: un attimo ci avvicinavamo e andavamo d'amore e d'accordo, quello successivo lui si richiudeva in un'espressione così impenetrabile che, se non fossi stata capace di leggere con sempre più facilità la sua aura, non avrei mai capito cosa pensasse.
In quel momento, tuttavia, sembrava a proprio agio. Era in piedi al mio fianco, le braccia incrociate sul petto e un'espressione da indomito mezzo vampiro sul volto. «Prova» mi invitò, in un tono di voce basso che per poco non mi fece venire i brividi come accadeva ogni volta che lo sfioravo anche solo per caso.
Non ero granché convinta che sarebbe accaduto qualcosa, ma entrambi sembravano credere nelle mie capacità molto più di me medesima, per cui decisi di tentare. Non mi azzardai a chiudere gli occhi; per quel che avevo capito, potevo vedere le aure solo con gli occhi ben aperti. A palpebre chiuse avrei forse captato una sensazione vaga, ma nulla di più.
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Il ragazzo con l'aura d'argento
FantasyLivia è una studentessa universitaria di ingegneria che affronta tutto ciò che le accade con una razionalità quasi maniacale. Eppure, all'improvviso, comincia a vedere le aure: una color argento, che circonda un ragazzo bellissimo ma dall'aspetto fr...