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Sopportavo il mio titolare di lavoro. Ingoiavo chetamente i rimproveri, spesso mal fondati, che mi sputava addosso, tra qualche parola pronunciata male in inglese e alcune imprecazioni in coreano. Anzi, probabilmente con me si era anche trattenuto, pensando che fosse la barriera linguistica a non farmi recepire certi concetti. Però, la presenza di Kai andava ad annullare totalmente anche quella compensazione che nasceva dall'impegno che ci metto nel guadagnarmi dei soldi per vivere. Sì, perché mandava all'aria ogni mio tentativo di concentrarmi un solo minuto sul mio lavoro, perché dopo qualche secondo puntavo irrimediabilmente il mio sguardo su di lui, per vedere se anche Hueningkai mi osservava di nascosto o semplicemente per attirare la sua attenzione e comunicare con gli occhi ciò che non riuscivo a esprimere a parole. Per me, che parlare mi era sempre stato estremamente facile, ora si dimostrava un'impresa ardua.

Durante gli orari di punta, dove i clienti aumentavano gradualmente con una velocità esorbitante, quasi non mi lasciavo così trascinare dal quell'attrazione che mi tentava verso di lui. Tuttavia, appena mi passava davanti, per prendere le ordinazioni di qualcuno o per preparare del caffè, subito m'ipotizzavo a guardarlo, come se venissi posseduta tutto d'improvviso da una forza mistica e superiore.

Kai aveva scelto l'indifferenza, ritenendola l'opzione migliore per preservare il nostro rapporto. Però, quello che forse lui non aveva tenuto conto, era che, a lungo andare, questo suo atteggiamento avrebbe solamente portato allo sfaldamento del legame che avevamo costruito nei mesi precedenti.

Se provavo a parlargli, lui non perdeva tempo a dileguarsi in ogni modo.

Quel giorno era un pomeriggio d'estate, nel suo caldo più torrido e umido. In giro non vi era tanta gente, difatti il locale aveva battuto pochi scontrini; evidentemente le persone preferivano stare nelle proprie abitazioni, con le finestre ermeticamente chiuse per trattenere l'aria fresca del condizionatore.

Io avevo optato per farmi una semplice acconciatura, giusto per lasciare il collo scoperto per respirare, e mettermi addosso vestiti più leggeri, tra cui una gonna dello stesso nuovo colore che avevo dato ai miei capelli, ovvero il nero. Probabilmente fu l'influenza di Hueningkai a spingermi di cambiare tinta, nonostante quel rosa pesca si fosse sbiadito molto tempo prima.

Una cosa era certa: non c'era nulla che io non facessi senza avere per la testa lui. Kai era nei miei pensieri, rimasto impresso come un segno indelebile soprattutto dopo la sera che si era fermato a cena. Non ero mai stata brava a intuire ciò che gli passasse per la mente, teneva certi dettagli per sé, attento a non trasmetterli. Avrei tanto voluto essere telepatica, in quel momento. Magari sarei riuscita a comprendere la considerazione che aveva su di me, se gli importava qualcosa. Non trovavo razionale neppure il suo comportamento. Io avevo provato fin da subito a non porre del disagio tra di noi, mentre lui aveva eretto una barriera da quando lasciò il mio appartamento sensa dire una parola. Poi il suo ambiguo reagire alla notizia del mio nuovo lavoro, per finire a contraddirsi, diventando lui stesso un dipendente.

Hueningkai stava seriamente iniziando a confondermi o, forse, già da quando mi conobbe aveva preso la tendenza a lasciarmi con le idee vaghe e incerte.

Ero così assorta dai miei problemi, che non prestavo la benché minima attenzione a ciò che stavo facendo, tanto da urtare il portatovaglioli con il set dei condimenti, nel frattempo che ero intenta a pulire con uno straccio uno dei tavoli.

Sbuffati sentendo il tonfo e vedendo sporcarsi il pavimento. Contro voglia, mi affrettai a sistemare, abbassandomi per raccogliere ciò che era caduto, finché non vidi delle scarpe di fronte a me. Alzai il capo, trovandomi lo sguardo severo del titolare su di me. Dunque mi alzai all'istante, preparandomi per porre le mie scuse, sebbene non mi lasciò neanche fiatare.

«Aish... posso capire che tu non conosca il coreano, ma penso che un minimo di intelligenza ce l'abbia anche tu!» mi urlò contro e allora io abbassai la fronte, sentendomi così piccola a un tono della voce tanto elevato.

«Io...» mormorai per giustificarmi, ma non riuscii a finire la frase.

«Da quando sei qui, combini solo danni! Era meglio non assumerti, come dipendente sei inutile!» brontolò ancora.

Mi sentivo umiliata. Odiavo che qualcuno se la prendesse con me, sono sempre stata fragile davanti ai riproveri, specialmente con quelli violenti.

«Yah!» mi richiamò lui, vedendomi immobile, inerme, a momenti non respiravo nemmeno. Mi spinse leggermente, facendo pressione sulla mia spalla sinistra con due dita. «Guardami, mentre ti parlo!» proseguì lui, ma non avevo il coraggio per fare ciò che aveva richiesto.

Non mi resi conto della presenza di Kai, e forse quella fu un'eccezione. Ero troppo spaventata per fare chiarezza su altro. Ma se mai avessi preso coscienza di quello che stava accadendo attorno a me, avrei notato con evidenza le nocche delle sue mani, con le quali stringeva con tensione il manico del mocio con cui stava lavando per terra. Sicuramente, lo avrei visto bloccarsi, per guardare con rabbia la scena che aveva dinanzi a sé, maledicendosi con se stesso per non riuscire a prendere l'iniziativa a intervenire. E non so come, però appena agì di tutto istinto io udii quel manico di legno rompersi.
Sia io che il proprietario venimmo distratti da quel rumore, per vedere successivamente il modo in cui Kai aveva preso a distruggere ogni oggetto di quel locale che fosse vicino a lui.
Hueningkai si fregò altamente delle esclamazioni che venivano scagliate contro di lui. Non avevo mai visto una simile oscurità nei suoi occhi, accecati dalla frustrazione e dal rimpianto.

Non appena lo osservai avvicinarsi verso di noi, alzò un braccio, quello che reggeva saldamente il manico.

«Kai, no!» lo fermai, capendo al volo cosa avesse intenzione di fare.

Lui si bloccò immediatamente sentendomi. Rimase in quella posizione per circa cinque secondi, per poi gettare a terra il bastone che aveva retto fino a poco fa.

Per ultimo, ma non meno importante, il mio polso venne circondato dal suo calore, trascinandomi via presso l'uscita del locale, per scappare lontani da una realtà troppo restrittiva, crudele e corrotta.

Coup de foudre 𐠟 HueningkaiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora