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«Un... lavoro?» ripeté Hueningkai, non troppo sicuro di aver sentito bene, sperando quasi di aver interpretato male le mie parole.

«Sì! Voglio iniziare a garantire per me stessa da sola!» confermai fermamente.

Lui non mi risponde subito, anzi mi guardò con un'espressione visibilmente preoccupata in volto. I suoi occhi mi guardavano quasi con pietà, quando io avrei solo desiderato che mi osservassero con amore, che spirgionassero dalle iridi le sfumature di quello stesso sentimento che mi pulsava dentro il cuore.
Io semplicemente abbassai lo sguardo, forse delusa da lui, forse dispiaciuta poiché potevo essermi solamente illusa.
Io, da parte di Kai, non avevo ricevuto nulla; né un commento o un chiarimento riguardo quello che era accaduto tra di noi, o su quello che stava per succedere prima dell'interruzione di Beomgyu. Lui aveva ripreso a parlarmi tranquillamente, come se niente fosse successo, e, con tutta onestà, avrei preferito che mi evitasse piuttosto che fare l'indifferente. Comunque, per litigare non avevo assolutamente le forze, e se Hueningkai non si sentiva a disagio, perché avrei dovuto esserlo io?
Era ovvio che io pretendessi un feedback sullo pseudo bacio che non ci eravamo mai scambiati, ma lui preferiva l'imperturbabilità. Questo suo atteggiamento, in ogni caso, andava a vanificare quanto sostenevano Yeonjun ed Hei-Ran, poiché non avevo nulla che mi confermasse, a questo punto, che Kai provasse lo stesso per me.

«Marlee, vuoi lavorare per una realizzazione personale o perché ti senti in dovere di farlo?» mi domandò lui.

Il lavoro rende uomini. Ed era una realtà che io approvavo. Tuttavia, un lavoro demotivante fa l'effetto opposto, aliena, svuota l'anima, annienta con lo stress.

Probabilmente io ero anche un po' viziata, abituata che gli altri faticassero al posto mio per guadagnarsi da vivere. Confrontandomi, però, con la mia immagine riflessa allo specchio, rimurginando su ciò, non mi ritenni affatto cresciuta.
Vedevo Hei-Ran, che ormai da qualche mese si divideva tra studio e lavoro. Il suo era un incarico part-time come cameriera, sufficiente per garantirsi un piccolo guadagno mensile per alleggerire le spese che i suoi genitori dovevano sostere.
Certo, le tasse universitarie erano belle alte, erano una cifra che andava oltre quello che la mia famiglia poteva permettersi, soprattutto considerando che stavo letteralmente dall'altra parte del mondo rispetto ad essa.
Magari ero anche egoista, perché avevo pensato solo me, trasferendomi così da persona incosciente e senza confrontarmi con nessuno. Io stavo pensando esclusivamente a me stessa, mentre mia mamma e mio papà si davano da fare, privando le mie sorelle di qualcosa per dare tutto a me.

Dunque, per dare una risposta alla domanda di Kai, sì, io mi sentivo in dovere di lavorare. E un lavoro, in realtà, io lo avevo già trovato, sebbene non avessi nemmeno fatto ancora richiesta per essere assunta.

Però, questo non mi andava di rivelarlo, perché di parlare di me stessa in un modo tanto pietoso, fragile e vulnerabile, non avevo tanta voglia. Io ero come il Sole agli occhi di tutti, ma anche esso è destinato ad esaurirsi della sua luce.

Coup de foudre 𐠟 HueningkaiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora