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«Se partissimo?» propose Kai dal nulla.

Eravamo insieme a bearci una veduta sul fiume Han, in una bella giornata estiva delle prime settimane di agosto. Bella perché il caldo non era eccessivo, si stava bene fuori, era un clima ideale per fare un giro all'aperto senza avere l'impressione di soffocare per le alte temperature. Inoltre, non c'era quella sensazione di appiccicoso sulla pelle, data dal sudore.

«Mh? Perché, dove vuoi andare?» domandai io di rimando, non capendo ciò che gli fosse passato per la testa. Spostai lo sguardo su di lui, per capire meglio quella sua espressione enigmatica che, al momento, non forniva alcuna risposta.

«Non ho una meta precisa in mente, so solo che mi piacerebbe. Poi, non ti ho mai vista partecipare a nessuna gita organizzata dall'università» spiegò, alzano semplicemente le spalle.

Kai non sapeva, dunque nemmeno poteva immaginare la situazione in cui mi trovavo. Perciò non lo biasimai affatto per le sue parole. Non era a conoscenza che i miei "no" ad ogni MT organizzato dall'università avesse origine da un disagio economico.

In realtà, io non potevo contare nemmeno sulle borse di studio, perché i miei voti non erano così soddisfacenti.
Avrei dovuto, senza dubbio, impegnarmi di più, e nell'ultimo periodo, prima delle vacanze estive, per superare ogni esame, lo avevo fatto, ma i miei sforzi erano stati sufficienti solo in parte. Infatti non avevo raggiunto i risultati più alti, ma solo qualcosa di discreto.

Ero in un gran bel guaio, ma non riuscivo né a confessare le mie condizioni né a dire di no a Kai e al suo sogno dell'ultimo momento.

Io amavo viaggiare, e forse un po' si era anche capito. Ma fintanto che i viaggi erano nei dintorni di Bristol o, comunque, non era previsto che io uscissi dall'Inghilterra, la mia famiglia riusciva a sostenere i prezzi. Nessuno si aspettava che io me ne uscissi con l'idea folle di partire per Seoul, trasferirmi e studiare lì. Avevo sorpreso un paio di persone comunicando questa mia intenzione. Vidi nei miei genitori, subito, dei volti preoccupati ma che comunque non riuscivano a negarmi la mia volontà, proprio come io stavo facendo con Kai quel giorno.

Ero egoista, sì. Perché, sebbene io avessi colto la loro preoccupazione, non ho fatto niente, anzi mi sono intestardita e, per un attimo, quasi pretendevo che partire per la Corea del Sud fosse un mio diritto.

Posso definirmi una persona che parla tanto ma che fa poco. Così avevo fatto anche con Hueningkai; ero partita con paroloni del tipo "Lo farò innamorare di me", senza mai però mettere in pratica questi propositi. Certo, alla fine il mio obiettivo lo avevo raggiunto, ma con fatica. Neppure mi aspettavo che a precedere il nostro fidanzamento, io avrei provato simili ansie e paure.

Quello che più mi premeva, però, era che simili sensazioni non mi avessero ancora abbandonato. Perché sentivo addosso a me il peso di un futuro incerto.

Coup de foudre 𐠟 HueningkaiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora