08 - SOOBIN

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UN GIORNO PRIMA

Osservai il profilo del professor Choi, seduto in macchina accanto a me. Aveva fatto un po' di resistenza, probabilmente si sentiva leggermente in imbarazzo, ma questo non mi dispiaceva. Mi diede le indicazioni per casa sua e accesi il motore dell'auto. Era stata il mio regalo di diploma ed ero un dei pochi nel corso a possedere un'auto tutta mia. Ne andavo fiero. Guardando il signor Choi, poggiato al finestrino, non riuscii ad evitare di sorridere, iniziai persino a canticchiare un motivetto. Questo era il più grande passo avanti di sempre.

Mi schiarii la gola. Visto il suo silenzio avevo capito che avrei dovuto iniziare io a fare conversazione. "Le capita spesso di stare male?"

Lui ci mise un po' a rispondere, quindi pensai che non avrebbe detto la verità. D'altro canto non era facile ammettere di soffrire di attacchi di panico. Colpo di calore un corno, non se l'era bevuta nessuno.

"...No. Non spesso. Immagino come tutti."

"La sua famiglia vive in città?"

"No. Vengo da un paese di campagna a un paio d'ore da qui."

Dal momento che, in effetti, non ci trovavamo all'interno della facoltà, decisi di tastare le acque e cercare di indagare sulla sua situazione sentimentale."C'è qualcuno a casa che si prende cura di lei? Una fidanzata, magari?"

Lui si immobilizzò. Avevo fatto il passo più lungo della gamba, probabilmente.

"Soobin, ti sono grato per il passaggio, ma non credo sia appropriato parlare della mia vita privata con uno studente."

Mi schiarii la gola. "Ma certo, capisco. Mi scusi, non volevo essere invadente."

Arrivammo a casa sua troppo velocemente, per i miei gusti. Osservai l'edificio dove, a quanto pareva, viveva il professor Choi. Era sporco e aveva palesemente bisogno di qualche lavoro di ristrutturazione. Probabilmente il professore non proveniva da una famiglia benestante ed era il massimo che si poteva permettere con lo stipendio da docente. Non potevo capire come ci si sentisse a vivere così, ma pensarlo lì tutto solo, a cercare di farcela con le sue forze, aveva un che di... pittoresco. Avrei voluto girare la macchina e portalo a casa mia, fargli vedere cosa significava vivere in una casa degna di questo nome, ma pensai che non avrebbe reagito bene. Si sforzava davvero tanto di mantenere un rapporto distaccato e professionale.

"Bene. Ora vado. Grazie," disse.

"È stato un piacere, signor Choi. A presto," gli sorrisi.

Lo guardai entrare nell'edificio. Dio, era così sexy. Avrei voluto strappargli gli occhiali e fargli perdere la compostezza che lo caratterizzava. Un giorno sarei riuscito a mettere le mani su di lui, me lo sentivo.

Il giorno dopo non lo vidi, non c'era lezione di biologia, quindi la mia motivazione ad andare in università calò drasticamente. Dovevo essere impazzito, ma ormai non riuscivo a pensare ad altro che a lui. Non appena l'avevo visto, il primo giorno di lezioni dell'anno precedente, avevo capito che lo volevo per me.

Quella sera, tornato finalmente a casa da quelle tediosissime lezioni, abbassai la mano, infilandomela nei boxer. Mi massaggiai l'uccello, immaginando che a toccarmi fosse lui. Improvvisamente, mi fermai. Non era abbastanza, avevo bisogno di più ispirazione. Decisi di fare una pazzia. Sarei andato al suo appartamento. Forse sarei riuscito a vederlo dalla finestra e comunque il pensiero che lui fosse vicino, magari sdraiato sul suo letto, mi eccitava a prescindere. Decisi di andarci in metropolitana. Non volevo che vedesse la mia macchina dalla finestra.

Non appena arrivai a destinazione, dovetti catapultarmi a nascondermi dietro un bidone della spazzatura, perché lui uscì di casa proprio in quel momento. Avevo il cuore in gola. Se mi avesse beccato, non avrei saputo che scusa inventarmi. Lo osservai. Sembrava nervoso. Voglio dire, più del solito. Camminava guardandosi intorno, come se volesse controllare di non essere seguito. Dove stava andando? Aspettai che si allontanasse e, contro ogni buon senso, lo seguii. Mi sentivo una specie di stalker, ma mi giustificai dicendomi che volevo solo assicurarmi che non si cacciasse nei guai. Andò verso la metropolitana. Mi sollevai il cappuccio sulla testa e salii sul vagone accanto al suo, in modo da poter vedere quando sarebbe sceso senza farmi notare. Continuava a sistemarsi gli occhiali sul naso. Era nervoso.

GUILTY PLEASURE ~ WoosanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora