~Capitolo 5~

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I giorni passano stranamente veloci in ancora non riesco a spiegarmi perché...
Siamo già a 6 mesi qua dentro. Manca circa un anno e potrò uscire.
A volte mi fermo a pensare... Se non avessi mai conosciuto quelle due zoccole io qua dentro non ci sarei finita.
Forse questo sarebbe stato il destino di una ragazza che non è nata in una famiglia Camorrista.
Sono Sara Conte, ho 16 anni e la mia adolescenza la devo passare a servire il Sistema. Perché? Perché sono una Conte ed è mio dovere.
È davvero questa la vita che voglio fare? Ho 16 anni e non posso andare in giro con i miei amici tranquilla perché potrebbe esserci qualcuno che vuole uccidermi.
Non è vero. Ho la protezione di don Salvatore Ricci e posso stare tranquilla, giusto? Si. Giusto.
Quindi rifacciamo: Sono Sara Conte, ho 16 anni e sono la stronza pronta ad uccidere in caso di bisogno. O di dovere.

"Conte! La vuo fa' colazione o aspetti che qualcuno ti trasporti?" Chiede Nunzia.
"Arrivo." Dico distogliendomi dai miei pensieri.
"C're Sarè?" Chiede.
"Fatt i cazz tuoj."  Rispondo.
Entro in mensa e mi siedo vicino a mio fratello senza prendere nulla.
"Tarantè ch'è succiess?" Chiede mio fratello.
"Tiene il ciclo." Dice Ciro facendomi incazzare ancora di più.
"M'aggia lasciá sta" Dico.
Sono arrabbiata, ma non so esattamente perché. A volte mi arrabbio a caso.
"È così o'ver?" Chiede Edoardo col suo solito ghigno.
"Vuj vulit murí" Rispondo.
"Comunque no." Continuo alzandomi e andando in bagno.
"Sara!" Mi chiama Rosa.
"Dimmi." Rispondo.
"Quindi Ciro?" Chiede.
"Dopo che m'hai detto quella cosa nun è cangiat nulla."
"Fratm è orgoglioso. Il primo passo l'aggia fá tu." Dice.
"E com si fa?" Chiedo.
"Si meno struz, prima cosa. Secondo stai tanto con lui." Risponde.
"Vabbuò Ro io ci provo." Dico.
"E ci riesci." Sussurra mentre vado in sala comune dove hanno messo un pianoforte.
La musica è la mia passione e so suonare il pianoforte abbastanza bene.
Mi siedo sullo sgabello e inizio a suonare.
Quando finisco mi si avvicina Filippo, l'amico di Carmine.
"Posso?" Chiede.
Mi faccio più in là e si siede con me.
Inizia a suonare e io continuo dopo aver riconosciuto il brano.
Alla fine scatta un applauso.
"Sei brava Sara. Se ti va... Alcune volte suoniamo insieme." Chiede.
"Certo!" Rispondo sorridendo.
È simpatico in fondo il Chiattillo.
Ed è molto bravo a suonare.
Ciro si avvicina.
"Chiattí levati da n'copp u cazz." Dice Ciro.
"Statt buon Cirú." Dico alzandomi in piedi.
Si siede lui.
"Suona." Dice.
"Alzati, sennò com aggia fá?" Chiedo.
"Siediti." Dice indicando le sue gambe.
Faccio un respiro profondo e mi siedo.
"Nun me tuccá." Dico.
Inizio a suonare un altro brano che ho molto a cuore: Per Elisa di Beethoven.
Edoardo si gira a guardarmi e mi sorride.
Alla nonna piaceva tanto quando la suonavo.
"E brava pccrè!" Esclama Ciro baciandomi la guancia.
"Eduá, tua mugliera sta per partorí muvt!" Esclama il comandante correndo.
Edoardo si alza e corre dietro al comandante.
"Cazzo!" Esclamo sbattendo i pugni e iniziando a piangere.
"Sara andrà tutto bene." Mi dice Rosa abbracciandomi.
"Se nun fossi stata cca rinta avrei visto nascere mio nipote!" Urlo in preda una crisi di nervi.
"Piccolí lo vedrai presto..." Dice Ciro.
"Tu non capisci un cazzo!" Esclamo.
"Sara! Calmati! Non risolvi niente così!" Dice Beppe stringendomi a sé.
Caccio un urlo per tentare di liberarmi di tutta la rabbia che provo verso me stessa e continuo a piangere.
Non è per debolezza, è per liberarmi.
"Starai bene Sarè, te lo giuro. Darei la mia vita per farti stare bene." Dice Beppe.
Lui è il migliore educatore del mondo.
Cerca sempre di aiutarti, anche solo stringendoti la mano.

Siamo sul divano in sala comune ad aspettare Edoardo che dovrebbe tornare a momenti.
"Guagliú ij vado n'attimo n'bagno." Dice Rosa.
"Sara o'sacc che nun posso prová le tue stesse cose ma sappi che ci starò sempre." Dice Ciro.
Lo guardo negli occhi e decido di fare crollare la mia corazza.
Poggio le mie labbra sulle sue, unendo le nostre lingue in un valzer.
Mi stacco.
"Scusa è stato solo un errore... Io..." Arriva Edoardo con la faccia stravolta.
"Bello mij!" Gli salto addosso.
"Com'è Ciruzzo?" Chiedo.
"È bello, bellissimo. Ha il nostro naso." Dice con gli occhi lucidi.
"Scusa Eduá." Lo abbraccio.
"Io dovevo stare llá accanto a te." Dico.
"Tu sei sempre accanto a me." Risponde.
"Mi dispiace che tu abbia me come sorella." Continuo.
"Sei la disgrazia più bella che mi potesse mai capitare."

Nota autrice:
Sto letteralmente piangendo.
Ho scritto questo capitolo anche per me.
Mi rivedo molto nel personaggio di Sara e spero che possa essere passato il messaggio che volevo mandare con questo capitolo:)
-🩵

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