La famiglia Hofer

1.

Se questa storia me l'avessero raccontata, probabilmente, non ci avrei creduto; ma l'ho vissuta sulla mia pelle e mi sento in dovere di dire che si tratta di una storia vera che intendo raccontare così come si è svolta. Questo è bene che tu lo sappia.

Tutto ebbe inizio nel lontano 1949, durante una gita al mare: un uomo perse il controllo del veicolo, invase la corsia opposta e si schiantò contro una Fiat Topolino. Lui non vide nulla, non sentì nulla: era ancora nel grembo della povera mamma.

Raccontarono che si salvò per miracolo. Fu l'unico sopravvissuto. Il padre morì sul colpo; la madre fu portata d'urgenza in ospedale e lo lasciò subito dopo averlo messo al mondo. Stando alle testimonianze riuscì a dire soltanto:

«Chiamatelo Micheal.»

Era appena nato che già si ritrovava orfano. Eredità lasciatagli da suo padre, Federico Leone, che aveva perso entrambi i genitori in un bombardamento durante la guerra. In paese veniva descritto come un uomo dai nobili ideali e di gran cuore. Veniva ricordato per l'eroico atto di aver salvato la vita a una ricca famiglia di Bressanone: la famiglia Hofer. Come fossero andate le cose nessuno mai lo seppe, anche se la maggior parte delle voci parlarono di un tradimento ai danni degli Hofer; l'unica certezza per tutti fu che Federico tenne occupati i tedeschi per consentire a quella famiglia di nascondersi. Dopo aver sbarrato la strada per impedire ai militari di raggiungere la villa, fuggì per i boschi e, durante quella fuga, fu raggiunto da un colpo di fucile. Era un giovane molto astuto e riuscì, nonostante la ferita, a non farsi catturare.

Come mai i tedeschi ce l'avessero proprio con gli Hofer, anche questo, rimase un mistero. In molti concordarono sul fatto che erano interessati a qualcosa che gli Hofer nascondevano nella loro villa. Alcune voci parlavano di un gruppo di partigiani, altre di un tesoro; quando i tedeschi irruppero, non vi trovarono anima viva, tanto meno tesori di valore. Questo fu un altro mistero che avvolgeva la nobile famiglia. Era certo che fossero lì, ma dove si nascosero nessuno lo seppe.

Sfuggito ai tedeschi, Federico trovò rifugio in un piccolo ospedale al confine con l'Austria, dove conobbe Elena Bentivoglio che assisteva i feriti del conflitto. Quando arrivò in ospedale, svenne proprio tra le sue braccia e lei si prese cura di lui sin da subito evitando che gli amputassero la gamba gravemente ferita.

Della famiglia Bentivoglio non si sapeva proprio nulla, se non il fatto che la bella infermiera era di origini meridionali. Lo si poteva capire dall'accento del sud e da quella bellezza mediterranea alla quale era difficile resistere.

Federico se ne innamorò per quei modi di fare aggraziati e, benché Elena si fosse dedicata ai suoi pazienti con eguale attenzione, fu evidente che anche lei aveva promesso il suo cuore a Federico.

Così, Federico trovò il coraggio di prenderle la mano per chiederle di sposarlo. Lei, ovviamente, non rifiutò e nel settembre del 1948, dopo che Federico ed Elena si trasferirono definitivamente a Bressanone, quest'ultima si fece accompagnare all'altare.

Era una coppia stimata da tutto il paese, in quanto lei una ragazza sempre col sorriso e pronta ad aiutare il prossimo, lui un uomo premuroso e gentile con tutti. Fu un triste momento per la comunità di Bressanone venire a conoscenza che, in quella calda estate del 1949, precisamente il 5 agosto, quando Micheal nacque prematuramente, i suoi genitori se ne erano andati per sempre con quel tragico incidente.

Micheal, rimasto orfano dalla nascita, fu affidato alle cure di quella ricca famiglia dell'Alto Adige di cui tutti ne conoscevano il prestigio e che abbiamo conosciuto all'inizio di questa storia: la famiglia Hofer.

Presero la decisione di adottarlo in virtù di quello che, per loro, era considerato un senso di dovere nei confronti del coraggioso ragazzo che li aveva protetti da una brutta fine. In aggiunta, non potendo avere figli e desiderosi di portare avanti il cognome di famiglia, non ebbero dubbi nel prendersi cura di quel bambino che, non ancora nato, era già stato vittima di un violento destino.