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Il Natale del 1971 tutta la famiglia Hofer lo trascorse a Bressanone insieme agli ormai inseparabili amici francesi. Micheal ebbe modo di vedere più frequentemente Camilla che restò in villa a studiare in attesa che riaprisse l'università chiusa per le festività. Per lei nutriva ancora un sentimento profondo. Passarono insieme tutte le feste, di nascosto certamente, e Micheal la trovò cambiata. Si rese conto che non era più quella ragazza sorridente e piena di energia, con la voglia di scherzare. Camilla aveva gli occhi tristi. Si era lasciata sfuggire in un'occasione il dolore di doversi nascondere per paura di essere scoperti dalla signora Hofer. Per questo non era felice.

Micheal, invece, aveva iniziato a svegliarsi durante il sonno. Sognava ripetutamente di fuggire da qualcuno e durante ogni fuga si ritrovava sempre lì, su quella piazza davanti alla chiesa, dove Camilla saliva su una motocicletta e se ne andava con un altro uomo.

Angustiato da quella prigionia che gli impediva di amare Camilla, iniziò a bramare un cambiamento radicale nella sua vita. Passava intere giornate a riflettere su cosa avrebbe dovuto fare per liberarsi da quelle catene. Ogni pensiero, però, sfociava nei dubbi più atroci che gli facevano nascere paure sempre più difficili da togliere. Se non fosse stato per il buon Mario, forse Micheal sarebbe caduto negli abissi della depressione, ma quell'uomo riuscì in qualche modo a tenerlo a galla.

Nonostante Mario ce la mettesse tutta per stare vicino al ragazzo, e seppure gli Hofer fossero spesso in viaggio per affari insieme a Bérard e Linda, la presenza di Esmeralda Hofer si sentiva forte nella villa e impediva a Micheal di ribellarsi a quelle regole che si erano impossessate della sua mente. Il grande mostro da abbattere non era più sua madre, ma risiedeva nelle proprie paure.

«Non è questo che desidero per noi due», gli disse Camilla un giorno.

«Che intendi dire?»

«Non voglio più nascondermi. Sono stanca di nascondermi. Là fuori, Micheal, la vita è meravigliosa. Là fuori c'è il mondo che aspetta di essere vissuto. Non voglio spendere il mio tempo a nascondermi dentro questa villa. Mi capisci?»

«Mi ami Camilla?»

«Non faccio altro che pensare a te. Prego tutte le notti Dio affinché si compia il miracolo di poterti vedere libero. Certe volte mi domando se questo è amore.»

«Non capisco.»

«Mi ameresti se non ti sentissi solo? Mi ameresti se fossi libero di potermi amare? Mi ameresti in un'altra vita, in un altro posto del mondo? A volte dubito di questo amore. Mi dispiace, non voglio ferirti, non è mia intenzione. Cerco soltanto di essere sincera», disse aumentando sempre più la velocità dei suoi pensieri nel vedere che Micheal si rabbuiava.

«Per favore Micheal, te ne prego. Non mi voltare le spalle. Cerca di capirmi: questa situazione è un inferno», lo implorò.

«Ti capisco Camilla, ma sai che mia madre non approverebbe la nostra storia. Anche tua madre non desidera che ci vediamo. Ti capisco, certo, e proprio perché ti comprendo non posso chiederti di aspettare. Se pensi che là fuori ci sia la felicità, la sola cosa che posso dirti è di andare a conquistarla. Io non posso offrirti altro.»

«Oh, Micheal», sussurrò Camilla lanciandosi tra le sue braccia. Micheal l'abbracciò forte a sé.

«Un gruppo di ragazzi mi ha invitato a passare con loro una settimana a Londra. Partiamo dopo Capodanno e rientreremo per l'apertura delle scuole», disse ancora stretta in quel caldo abbraccio.

«Ti aspetterò, se lo vorrai», sussurrò Micheal.

Dopo la fine dell'anno, il due gennaio 1972, in villa Hofer si era presentato il gruppo di amici di Camilla che era venuto a prenderla per il viaggio in Inghilterra. Micheal riconobbe tra loro il ragazzo in motocicletta, ma non chiese nulla di lui alla ragazza.

La famiglia HoferDove le storie prendono vita. Scoprilo ora