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In una notte stellata, nel bel mezzo di luglio, Bartholomaus guardò l'orologio, sistemò la cravatta e, recandosi verso l'uscita principale della villa, disse: «dovrei essere di ritorno a casa giusto in tempo per il concerto che trasmetteranno in TV questa sera» e se ne andò.

Micheal si sentiva stanco. Camilla era sui libri di studio. Per non disturbarla uscì in giardino per accendersi un sigaro con suo padre. Giunto all'esterno si accorse che questi si era addormentato abbracciato all'inseparabile bottiglia di whisky.

«Di nuovo a fuggire dalla solitudine, papà?» si disse guardandolo con compassione. Non lo svegliò. La notte era limpida con il cielo colmo di stelle. Tolse dalle mani di suo padre la bottiglia di whisky, gli prelevò un sigaro dal taschino e sedette vicino a lui. Fece la prima boccata e quando il fumo salì in alto lo fissò attentamente e sussurrando disse: «questa roba è veleno caro Gustav. Finirà per ammazzarci.»

Di colpo l'attenzione gli andò verso la torre della villa, in direzione della stanza da notte dei suoi genitori. Notò sul lato sinistro della finestra un fatto strano a cui non aveva mai fatto caso. Mentre tutte le finestre erano posizionate a distanze regolari tra loro, quella dei coniugi Hofer e la successiva, appartenente alla camera degli ospiti, erano a una distanza maggiore rispetto alle altre.

«Non avevo mai notato questa asimmetria finora», pensò ad alta voce, ma fu distolto da una fioca luce provenire dallo studio al terzo piano. Mise a fuoco e notò un'ombra apparire dalla finestra. Esitò un istante, poi con uno scatto improvviso rientrò in villa, raggiunse il terzo piano e si ritrovò davanti allo studio. Ansimava. Sia per la corsa che per la paura, il respiro di Micheal si fece affannato. Ritrovata l'energia, prendendo un lungo respiro, aprì la porta violentemente. Vuoto. Lo studio era vuoto.

Guardò il corridoio. Cercò di sentire un rumore, ma non udì nulla. Era sicuro di aver visto una luce uscire dalla finestra. Entrò nella stanza, la ispezionò. Era vuota e silenziosa. Si affacciò alla finestra. Gustav Hofer dormiva tutto ritratto a causa dell'umidità della notte.

"Se mamma fosse stata davvero la donna crudele che tutti descrivevano, perché, dopo aver ricevuto l'eredità degli Hofer, aveva deciso di restare accanto a suo marito?" pensò Micheal guardando il padre dall'alto. Forse Esmeralda non era poi stata così spietata come la si dipingeva e fu in quel preciso istante che il ragazzo avvertì il bisogno di conoscere tutta la verità.

Tornò in giardino. Svegliò suo padre e abbracciandolo lo accompagnò in casa. Lo condusse in camera, gli tolse le scarpe e lo aiutò a coricarsi.

«Buona notte papà», sussurrò.

Approfittando del silenzio decise di entrare nella stanza da notte dei coniugi Hofer inutilizzata in seguito a quella tragedia: suo padre non trovò più il coraggio di rimetterci piede. Rimediò un paio di guanti in pelle nella sua camera, li infilò. Una volta dentro si avvicinò alla libreria dalla quale tolse dei libri dallo scaffale e trovò la cassaforte. Gli venne in mente di simulare la notte dell'omicidio calcolando il tempo necessario per trovare la chiave, aprire la cassetta di sicurezza, rubare la tela e rimettere la libreria in ordine.

Si mise di fianco al letto, la libreria era a circa tre metri da lui. Attese che l'orologio scattasse sulla mezz'ora per calcolare i tempi e a quel punto si mosse più in fretta che poté cercando di mantenere la calma. Prese i libri a uno a uno togliendoli e rimettendoli nel loro posto. Della chiave nulla. Si guardò intorno, aprì un paio di cassetti, ma fu un altro fallimento. Guardò l'orologio, erano passati sette minuti. Entrò nel bagno, guardò in giro. C'era l'enorme specchio poggiato al muro che dal pavimento si alzava per ben due metri. Frugò ovunque, ma dopo una trentina di minuti ancora non era riuscito a trovare la chiave. Questo confermò a Micheal l'ipotesi che il ladro conoscesse il posto dove suo padre la custodiva. Se non era lui il colpevole del furto, la sola persona che avrebbe potuto prendere la tela era proprio sua madre. Bisognava scoprire perché e con questo dubbio le domande diventavano due. Per chi era destinata la tela che la madre aveva preso? Come aveva fatto l'assassino a uscire da quella stanza?

La famiglia HoferDove le storie prendono vita. Scoprilo ora