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Il signor Hofer non aveva per niente polso. Si era sempre lasciato sottomettere dal carattere forte di suo padre durante l'infanzia e da quello della moglie in età adulta. Le uniche soddisfazioni che aveva le trovava nelle partite di poker – temuto e rispettato da tutti i suoi avversari – e nell'arte, dove ritrovava se stesso.

Durante quella cena non pensò ad altro che a quella tela ritrovata e che doveva valere una fortuna. Se così fosse stato, pensava Gustav Hofer, si sarebbe preso una bella rivalsa. Erano anni, infatti, che attendeva il giorno in cui avrebbe potuto dimostrare a sua moglie di valere qualcosa. E chissà che faccia avrebbe fatto il padre se fosse stato ancora vivo.

Micheal tornò in camera come gli era stato ordinato dalla madre. Ebbe difficoltà a prendere sonno. Per tutta la notte non fece altro che ripensare a Filippo che aveva sorpreso al terzo piano con una cameriera e con questo pensiero, dopo molte ore, si addormentò.

All'indomani il sole era splendente. Sul prato c'erano gocce di rugiada che brillavano come tante schegge di diamanti e l'aria, di primo mattino, era fresca e accarezzevole.

Hannah Schmid, l'insegnante di italiano, si presentò a lezione con il solito modo di fare sbarazzino. Ammiccò a Micheal, salutò la signora Hofer e, abbracciando il giovane studente, lo condusse alla loro stanza da studio al primo piano. Era una ragazza di origine austriaca, semplice, con boccoli d'oro che le scendevano sul collo. La pelle chiara come una nuvola bianca dava risalto al cielo azzurro che sembrava essere intrappolato dentro quei meravigliosi occhi.

Micheal non lo aveva mai notato: la signorina Schmid era davvero bella. Osservò il vestito bianco sorretto da due finissime spalline scenderle fino alle caviglie e pensò che sarebbe bastato un nulla per farlo cadere in terra. Quel tessuto danzava con ogni suo movimento e sembrava accarezzarle il corpo evidenziando i suoi lineamenti sensuali. Micheal arrossì.

Hannah Schmid si mise seduta, accaldata: con il sole già alto nel cielo, l'aria si era fatta secca e il caldo infuocava la stanza.

Nonostante ciò, parlava disinvolta. Le fossette sulle guance rosee davano risalto a quel viso dai lineamenti delicati e le sue labbra, di un rosso quasi pallido, sembravano così morbide che veniva voglia di morderle. Mentre leggeva dal libro non si accorse che, prendendo un lembo del vestito per farsi un po' di aria, scoprì parte della coscia. Micheal si sentì turbato. Ripensò a Filippo con una delle cameriere nascosto nello studio del terzo piano. Rimase incantato.

«Mi stai ascoltando Micheal?» lo riprese la signorina Hannah facendolo risvegliare dal sogno.

Balbettò un "sì" che la fece sorridere. L'insegnante si avvicinò al ragazzo, gli accarezzò il viso con il dorso della mano e lo graziò facendogli saltare la lezione. Hannah Schmid si accorse dell'attrazione del giovane nei suoi confronti. Si sentì lusingata e, benché si fosse sforzata di trattarlo come uno studente, non riuscì a fare a meno di provare piacere per quelle attenzioni che la fecero sentire corteggiata. Era molto giovane: insegnava a Micheal per mettere da parte qualche soldo e pagarsi l'università.

La signorina Hannah non aveva un fidanzato, o così diceva lei. Si faceva accompagnare alla villa da un tale molto alto e muscoloso che guardava a bocca aperta il lussuoso palazzo Hofer. Aveva una Fiat 128 rossa fuoco. Scendeva dall'auto sempre con un panno in mano e l'accarezzava come fosse un'amante, mentre esterrefatto sollevava lo sguardo verso le ricchezze degli Hofer.

Era un bravo ragazzo, di famiglia benestante, e di lui ci si poteva fidare, a detta di Hannah Schmid; soltanto che lei non vi aveva trovato quello che cercava in un uomo.

«Cosa cercherai mai in un uomo che lui non abbia?» le domandò Esmeralda divertita.

«Non legge abbastanza» le rispose Hannah con sguardo sicuro di sé ed Esmeralda approvò.

La famiglia HoferDove le storie prendono vita. Scoprilo ora