Erano ormai passati due mesi e mezzo da quel giorno che non avrei mai potuto dimenticare. Le giornate tiepide ma colorate della primavera stavano lasciando spazio a giornate sempre più lunghe e calde. L'estate era ormai alle porte e così anche la fine della scuola. Finivo il mio quarto anno di liceo scientifico, un anno molto faticoso sotto il punto di vista dello studio, tanto che con un'alta percentuale avrei avuto l'insufficienza in latino. Ero sempre stata brava a scuola: non avevo mai avuto una materia insufficiente in tutta la carriera scolastica, ma quell'anno neppure i miei insegnanti si stupirono del mio calo. Sapevano cosa avevo passato, non riuscivano a capire però che neanche il tempo era ancora riuscito a guarire la ferita. Anche Apollo era molto bravo a scuola, una delle poche cose che ci accumunavano. Per il resto eravamo l'opposto. Fin dalle elementari facevamo a gara a chi avrebbe preso il miglior voto e finiva quasi sempre alla stessa maniera: lui mi superava, seppur di poco, nelle materie umanistiche io in quelle scientifiche. Se non si fosse capito ho sempre odiato perdere delle sfide e alle volte scendo nel ridicolo pur di vincerle, me ne rendo conto. Tuttavia, quando Apollo tornava a casa sorridendo come un'idiota solo perchè aveva preso un quarto di voto in più di me, non potevo fare altro che essere felice. Facevo comunque finta di essere scocciata da ciò, la sfida non avrebbe avuto senso sennò, ma sotto sotto ero orgogliosa.
Era morto in una serata estiva, quando io ero in qualche posto sperduto a sbronzarmi senza sapere cosa fosse successo. Me lo comunicò una ragazza di cui ricordo a stento il nome, quando io ero talmente alticcia da non capire perchè fossero tutti così tristi e mi stessero guardando con pietà. Ero stata una delle ultime persone a saperlo, o meglio ad apprendere la notizia e non me lo sarei perdonato. L'alcool mi aveva fatto ridere alla notizia della sua morte, mi aveva fatto continuare a ballare spensierata e per ultimo mi aveva anche portato via la persona a cui tenevo più al mondo. A Settembre la scuola aveva organizzato un memoriale in suo nome come primo giorno, a cui io non partecipai. Passai quell'ora nel bagno accanto alla palestra, dove tutti i suoi compagni di classe e non solo leggevano lettere strappalacrime e ricordavano i bei momenti passati assieme. Ascoltai ogni singola parola proveniente per lo più da sconosciuti, solo per fare finta che quei ricordi si stessero svolgendo in quel momento e non nel passato. Fu quella la prima volta che piansi per davvero. Fu un pianto talmente liberatorio che da lì cominciai a parlare di nuovo. Avevo passato tre settimane dal suo funerale nel silenzio più assoluto, tanto che i miei genitori mi obbligarono ad andare da uno psicologo. Tre settimane di inferno che passai sola in camera mia, andando solo in bagno o in cucina di tanto in tanto. In un certo senso, quel memoriale a scuola mi aveva fatto capire che c'erano tante altre persone che soffrivano per la sua mancanza, anche persone che sicuramente non conoscevo. Mi sentì abbracciata da tante braccia sconosciute in quel bagno così stretto. A scuola, contrariamente di quello che accadeva a casa, mi sentivo bene. C'erano tutti i miei amici che mi avevano sempre sostenuto e anche se tutti mi guardavano con pietà, compresi i professori, nessuno si era mai azzardato a parlare di quello che era successo. In famiglia invece, non appena andavo in camera mia, sentivo i miei genitori litigare e tirare fuori l'argomento. Andare a scuola, parlare con i miei coetanei e inventare qualche scusa per rimanere fuori a studiare nel pomeriggio era ormai diventata una routine che non mi faceva pensare. L'imminente fine della scuola quindi per me significava perdere tutto ciò.
Era l'ultima interrogazione di latino dell'anno, quella che decide se passerai un'estate sui libri o al mare tutti i giorni. Volevo passare tutta la mia estate al mare ovviamente. Avevo studiato e mi sentivo pronta.
La professoressa Prati, una per così dire amabile signora dalle rughe che mi arrivava a stento ai capelli quando ero in carrozzina, aveva deciso di interrogare. Mi girai verso Emma, la quale non aveva nessun problema con il latino, con gli occhi sgranati dall'angoscia, mentre la Prati stava aprendo il registro e leggendo attentamente i nomi dei suoi sfortunati alunni. Sapevo gli argomenti,ma sapevo anche come erano andate le ultime interrogazioni: io che di punto in bianco mi fermavo e non riuscivo ad andare avanti. Così invece che prendere un bell'otto, mi rifilavano un sei per l'impegno che avevo messo nella prima parte.
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Quella notte dal sapore di fragole
ChickLitArtemide. Una nome bizzarro per una ragazza. Se si pensa poi che abbia un gemello di nome Apollo, si potrebbe tranquillamente supporre di essere finiti in una storia di mitologia greca. Niente affatto. Da sempre Artemide ha fatto del suo nome un van...