Capitolo XIV

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HARRY

Harry si sentiva di nuovo al caldo.

Era da tempo che non sentiva così caldo.

Si domandò se non fosse morto. Ma si provava ancora dolore da morti? Perché gli facevano male la testa e le braccia, anche se non troppo. Quando Harry riacquistò conoscenza quel tanto che bastava a sentire le dita calde e ruvide che gli accarezzavano la schiena, capí che, nonostante il dolore, doveva essere morto. Perché quelle dita potevano appartenere solo a una persona. E il fatto che Harry le sentisse sulla pelle voleva dire una cosa sola. Finalmente si trovava nel posto in cui aveva desiderato essere per tantissimo tempo.

Nudo, a letto con Louis.

Va bene, letto era dire tanto, ma il sacco a pelo era persino meglio. Anche se il terreno sotto di loro era molto duro, condividere il sacco non gli lasciava altra scelta se non stare premuti l'uno contro l'altro. Harry decise di credere che fosse steso mezzo sopra di Louis con una mano sul suo cuore perché Louis lo voleva lì, ma non si sarebbe messo a sperare in qualcosa che lo avrebbe solo ferito quando la realtà avesse ancora una volta squarciato il velo delle sue fantasie.

"Dove siamo?" chiese Harry.

"Siamo ancora al fiume. Dobbiamo aspettare che passi il temporale." Louis aveva una voce strana. Sembrava spenta, ma non riusciva bene a capire quale fosse il problema.

"Stai bene, Lou?" gli domandò Harry. Non cambiò posizione, perché non voleva guardarlo in faccia. Temeva di vederci qualcosa di cui non avrebbe voluto sapere nulla.

"No, Haz," rispose Louis in un sussurro. "Non sto bene." Continuava ad accarezzargli la schiena, perciò Harry rimase dov'era.

Sembrava... distrutto.

Harry ebbe paura di chiedergli cosa ci fosse che non andava. Forse era arrabbiato con lui per ciò che aveva fatto, ma non si sarebbe scusato. Non gli avrebbe mai chiesto scusa per averlo voluto salvare. "Parlami di quella notte." Harry si irrigidì perché non si aspettava fosse quello il motivo. Ovviamente sapeva a cosa si stava riferendo. Ma gli aveva detto chiaro e tondo che non voleva che tirasse fuori l'argomento.

"Avevi detto..."

"Sono pronto ad ascoltare, adesso." Louis fece una pausa e poi aggiunse: "Tutto." Harry sapeva cosa gli stava chiedendo e, benché il fatto che fosse pronto a sentire il suo lato della storia avrebbe dovuto essere un sollievo per lui, era stranamente riluttante a parlarne. Nonostante la sua esitazione, era conscio che dovessero lasciarsi il passato alle spalle, e non avrebbero potuto farlo se prima non lo avessero affrontato.

"Quel pomeriggio mi dovevo allenare, perciò non ho saputo ciò che era successo fino a quando non sono tornato a casa e mia madre me lo ha detto. L'ho pregata di portarmi in ospedale, ma lei ha risposto di no. Che non sarebbe stato appropriato. Le cose non erano mai giuste o sbagliate o buone o cattive. Erano solo appropriate... o no. Sono andato in camera mia e ho chiamato l'ospedale, ma mi hanno detto che non potevano darmi informazioni su tua madre. Quando ho chiesto di parlare con te, mi hanno risposto che non potevano occupare il telefono per conversazioni personali. Mi sono sentito così... impotente. Sapevo che mi stavi aspettando."

Harry sentì le lacrime salirgli agli occhi e riuscì a malapena a trattenerle quando Louis si irrigidì leggermente sotto di sè. Quel movimento fu una conferma. Lo aveva aspettato.

"Mi dispiace, Lou, avrei voluto essere lì con te..." Louis non rispose, ma gli posò le labbra sulla testa. Quel tocco gentile lo fece quasi crollare, ma si controllò così da poter continuare. Glielo doveva. "Quando mio padre è tornato a casa, ero preoccupatissimo. E quando mi ha detto di tua mamma... che era mancata, non riuscivo a crederci. L'ho pregato di portarmi da te. Ha risposto di no e io sono impazzito e ho cominciato a urlargli contro. Gli ho detto che avevi bisogno di me. Era incazzatissimo," mormorò Harry, ripensando alla rabbia nei suoi occhi mentre lui gli teneva testa per la prima volta in vita sua.

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