Capitolo XXI

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HARRY.

Fagli il culo, poi torna a casa a scopare il mio.

Harry si sentì le guance avvampare quando rilesse il messaggio di Louis. Gli era rimasto in testa per due ore mentre ripeteva il suo discorso. E l'immagine di Louis nudo sul loro letto che lo aspettava, fu tutto ciò a cui riuscì a pensare mentre suo padre gli presentava gli uomini e le donne nella stanza. Harry aveva ancora qualche minuto prima di salire sulla piattaforma rialzata davanti a tutti e spiegare perché dovessero aiutarlo a costruire un'organizzazione che facesse del bene su una scala più ampia. Ma, qualunque fosse stato l'esito della sua presentazione, avrebbe trovato un modo per assicurarsi che i bambini non fossero lasciati in balia di loro stessi. Anche se ciò avesse significato trovare altre associazioni che si prendessero cura di loro. Perché non aveva dubbi che suo padre gli avrebbe tolto il comando della fondazione appena avesse scoperto che lui e Louis si stavano costruendo un futuro insieme. "Harry, fa' attenzione" sbottò suo padre. In passato, la sua irritazione lo avrebbe fatto scattare per tornare nelle sue grazie, ma quella sera lo infastidiva solamente.

Com'era possibile che avesse passato così tanti anni a bramare di diventare ciò che suo padre voleva che fosse?

"Gerald, ti presento mio figlio Harry. Harry, lui è Gerald Mulvaney, capo della..."

"Mulvaney Communications," lo interruppe. "La ringrazio molto per essere venuto."

L'uomo annuì mentre gli stringeva la mano. "Non vedo l'ora di sentire cos'hai da dire, Harry," disse.

"Nella mia azienda siamo sempre alla ricerca di nuovi modi per aiutare la comunità."

"Sono contento di sentirglielo dire." Lo osservò allontanarsi per andare a parlare con gli altri invitati. "Devo farti i miei complimenti, Harry."

Quella lode era inaspettata e Harry odiava il fatto che, nonostante fosse incazzato con lui, una piccola parte di se si fosse gonfiata d'orgoglio. "Riunire tutti questi potenziali clienti nella stessa stanza... potrebbe far allargare un bel po' il nostro giro d'affari, figliolo."

Lo fissaò, incredulo. "Papà," rispose, scuotendo la testa, "non li ho portati qui per..."

"Arnold!" chiamò a gran voce lui, allontanandosi per salutare l'uomo che stava varcando la soglia della stanza in quel momento. Harry si sentì male e infilò la mano in tasca in automatico per chiamare Louis. Se avesse sentito la sua voce sarebbe riuscito a mantenere la calma quel tanto che bastava a ufficializzare l'accordo e ad assicurarsi che i ragazzini come Lucky avessero il sostegno di cui avevano bisogno anche dopo che se ne fossi andato da New York.

Il pensiero che la sua nuova famiglia lo stesse aspettando a casa fu abbastanza per alleggerire la tensione che gli serrava lo stomaco. Aveva già il cellulare in mano, perciò lo girò per vedere se ci fosse qualche nuovo messaggio sexy da parte del suo uomo. Ma gli unici SMS presenti erano di Zayn, così come alcune chiamate perse. Fu preso dal panico ma, prima che potesse chiamarlo, sentì la sua voce. "Harry!" Alzò lo sguardo e vide lui e Lucky vicino a una porta laterale, ma nessun segno di Louis. L'unico motivo per cui Lucky poteva essere con Zayn era perché era successo qualcosa di brutto.

"Lui dov'è?" esclamò, raggiungendoli. "Cos'è successo? Sta bene?" domandò, mentre stringeva il braccio di Zayn.

Ti prego non posso perderlo, non ora. Non così.

"Sta bene," rispose subito Zayn. Le ginocchia quasi gli cedettero quando un'ondata di sollievo lo travolse. "Gesu, non farmi mai più una cosa del genere," lo rimproverò. "Dov'è?"

"È sua zia," rispose Lucky.

"Lolly?" Harry si sentì avvolgere nuovamente dall'ansia. "Le è successo qualcosa?"

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