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Foresta Settentrionale

Regno di Asedara




«Sto per vomitare.»

Il coltello affondò nelle interiora del piccolo scoiattolo, e la punta scavò minuziosa, rimuovendo i piccoli organi che caddero sul terreno.

«Non è così male, una volta cotto. Sa di pollo» le rispose Kevdar, poi infilzò l'animale con un bastoncino e lo portò sul fuoco.

Nyë arricciò le labbra. «Spero tu abbia ragione.»

«Siete stata brava a catturarlo» la lodò l'uomo, «non è molto, ma ci aiuterà.»

La ragazza sospirò. Aveva mangiato carne tutta la vita, ma veder morire un animale davanti ai propri occhi era qualcosa di completamente diverso. Avrebbe preferito non doverlo fare, ma non mangiavano da due giorni, e Kevdar aveva bisogno di mettere qualcosa sotto i denti dopo tutto il sangue che aveva perso.

Quel ricordo le creò un nodo alla gola e dovette deglutire un paio di volte per riuscire a liberarsene. Qualche centimetro più a destra, e quel taglio sarebbe potuto essere fatale per l'uomo. L'angoscia di poterlo perdere aveva tormentato le sue ultime notti. Aveva sempre avuto un bel rapporto con lui, fin da quando lo avevano assegnato alla sua protezione all'età di dieci anni. Kevdar ne aveva circa venti all'epoca, ma si erano subito trovati in sintonia.

Erano diventati in fretta buoni amici, e anche se il soldato era essenzialmente costretto dall'impegno preso a passare tutto il tempo con lei, non glielo aveva mai fatto pesare. Per la giovane era diventato un buon partner per giocare a scacchi, per andare a cavallo, per tirare con l'arco dei pomeriggi noiosi di Vysaras.

Kevdar era sempre stato al suo fianco, ogni giorno, ogni momento e Nyë aveva imparato a volergli bene ancora prima di rendersene conto.

Quello che il destino li aveva condotti ad affrontare da quella fatidica notte aveva però donato delle sfumature diverse al loro rapporto. Kevdar era tutto ciò che le era rimasto, e la giovane non riusciva più a immaginare di vivere un singolo giorno senza di lui al suo fianco.

Per quanto non volesse separarsene, Nyë comprendeva bene che la minaccia che incombeva sulla sua testa era qualcosa di letale, e proteggendola, Kevdar aveva trascinato quella sentenza di morte su di sé.

In qualche modo, Nyë sapeva che se l'uomo avesse continuato a stare accanto a lei, avrebbe finito per pagarne il prezzo con la sua stessa vita.

«Perché lo fai?» la domanda le uscì di getto e, sorpresa, deglutì.

«Fare cosa?» chiese Kevdar, osservandola con un sopracciglio alzato.

Nyë si schiarì la gola, passandosi la lingua tra le labbra secche. «Perché resti con me?» Quando vide Kevdar diventare ancora più perplesso, la giovane si fece forza e continuò. «Il mio Regno è caduto, non hai più nessun dovere verso di me o verso la Corona. Potresti tornare ad Asedara, da uomo libero. Potresti tornare da tua madre e dalle tue sorelle. Potresti piangere sulla tomba di tuo padre. Non hai più niente che ti leghi a me.» La giovane si interruppe, solo per prendere un grosso respiro. «Io non sono più niente.»

Kevdar distolse lo sguardo, tornando a fissare la carne che lentamente cuoceva al calore del fuoco. «Ricordate quando avevate quattordici anni, e beccaste una delle vostre cameriere a rubare una spazzola per capelli?»

Kingdoms Of AshimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora