▪️Capitolo 42▪️

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I tre giorni dopo la comparsa su internet di quelle immagini sono stati terribilmente interminabili. I giornalisti erano ovunque: più Mew si rifiutava di parlare, e più loro si accanivano davanti agli ingressi del suo ufficio, in agguato.

"Anche l'azienda tedesca dello spot sui motori ha annullato ľofferta." Bosser illustra ľennesima e-mail di un manager con cui erano in trattativa che manda tutto all'aria, non volendo avere a che fare con lo "scandalo" dei due uomini avvinghiati sul divanetto di un pub nel cuore di Bangkok.
Purtroppo quei due uomini assomigliano tanto a due figure di spicco della televisione che il pubblico non vedeva l'ora di incastrare.
E i media non migliorano la situazione.

"Sta andando tutto a puttane, cazzo." Mew sbatte un pugno sulla scrivania, tale da provocare una scheggiatura. Il rumore fa sussultare Bosser, seppur sia nulla in confronto agli innumerevoli oggetti che Mew non ha fatto altro che colpire o gettare all'aria negli ultimi giorni.

Ľattore non riesce a calmarsi, ciò che più ha temuto negli ultimi due anni sta accadendo, il suo passato sembra star ripetendosi con un'accuratezza devastante.

"Calmati, non perdere la testa. Se qualcuno ti vede dare di matto non farai altro che aumentare le dicerie." Il manager si aggrappa al minuscolo barlume di calma che gli resta. Sta cercando di essere diplomatico, ma la verità è che se Mew non fosse alto venti centimetri più di lui, probabilmente lo avrebbe già messo a sedere su una dannata sedia a forza. Cammina da una parte all'altra dell'ufficio per ore, scompigliandosi i capelli a furia di passarci le mani attraverso, senza smettere di imprecare nemmeno per un secondo.

"Maledetto chiunque abbia scattato quelle foto, e maledetti tutti quelli che le hanno condivise. Anzi, no. Maledetto me per essere stato così stupido, dannazione."

Bosser avrebbe potuto rimproverarlo, ma non potrebbe venirgli nulla in mente che Mew non abbia già sputato contro se stesso. Lo stress delle ultime ore si palesa sul suo volto stanco e segnato dalle occhiaie.
Rabbia e frustrazione divampano nei suoi occhi, niente e nessuno è stato in grado di tranquillizzarlo.

Nessuno.

Dalla porta proviene un leggero bussare, il manager e ľattore si guardano, sapendo esattamente chi è che aspetta di entrare.

Bosser sospira e si alza per aprire la porta.
"Ciao, Gulf."

"Buongiorno, P'Boss. Tutto bene?" Gulf è messo meglio di Mew, o forse è solo più bravo a nasconderlo. Bosser squadra la sua espressione con sospetto, cercando di cogliere anche il minimo senso di panico al suo interno. Ma Gulf ha una facciata impenetrabile, il suo sguardo è troppo privo di luce per poter assumere delle sfumature.
È vacuo, lo guarda ma è assente, sorride ma non c'è anima sulle sue labbra.
Mew è espressivo, manifesta spropositamente i suoi sentimenti, mentre Gulf è uno specchio invalicabile.
Da tre giorni fa visita all'ufficio incessantemente, torna a casa solo quando è troppo tardi per restare lí.

Bosser non capisce perché si ostini a venire qui, dato che Mew per la maggior parte del tempo non gli permette nemmeno di entrare nel suo studio. Ma, in fondo, è inutile cercare di capire quei due, questo con il tempo lo ha imparato.

"Va come al solito. Adesso ho delle cose da sbrigare, se mi permetti." Il manager non resta nemmeno ad ascoltare una risposta, afferra la maniglia della porta e la chiude dentro di sè.

Gulf. Quel ragazzo non lo convince per niente. Fa tanto ľinnocente, ma alla fine le prospettive si sono avverate, è riuscito a mettere nei guai Mew proprio come lui si aspettava sarebbe successo.
E adesso tutti dovranno affrontarne le conseguenze, incluso Bosser stesso.

***

"Mew."

"Che ci fai qui?" La voce del più grande è bassa ma aggressiva, come quella di un animale selvatico messo in gabbia. "Peggiori la situazione, i giornalisti ti vedono entrare ogni giorno."

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 21 ⏰

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