17, A volte fotografare non è necessario

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Mercoledì 14 giugno, ore 13:27, Londra.

Non appena vide il portone aprirsi, Harry spostò gli occhiali da sole sulla testa e andò loro incontro, arrestandosi davanti al cancelletto.

Louis, che camminava accanto a Jaime, percorrendo la passerella a mosaico nel cortile della terapista – la dottoressa specializzata nel trattamento dei traumi e riabilitazione pediatrica – gli lanciò un sorriso e si sporse a baciarlo.

«Com'è andata?» s'interessò Harry.

«Bene» rispose il bambino con tono statico. «Mi ha fatto disegnare. Questo me lo ha lasciato portare». Gli allungò un foglietto di carta ed Harry lo catturò a una destrezza morbosa.

Gli si accese il volto nell'analizzare le rotondità di matita e pastelli a colori, infantili, imprecise, eppure consapevoli, scrupolose, nella loro autenticità. Nello schizzo erano ritratti due adulti; in uno spiccavano un paio di occhi blu, nell'altro erano verdi, e in mezzo a loro era inserito un bambino dai capelli giallo senape.

«Ma è stupendo» si congratulò, inginocchiandosi. «Siamo noi tre?»

«Mh-mh» annuì Jaime. Lui si protese a posare un bacio sulla punta del suo naso e il suo respiro saettò a inumidirgli il mento. E gli tornò in mente il giorno in cui era incappato nell'odore, nella consistenza e nel calore del suo fiato, molti anni prima, a casa di Zayn, e avvertì un rimescolarsi di interiora che quasi lo fece arrossire.

Non pensava si potesse provare un sentimento così forte, struggente, così immenso, ma quello che lo legava a Jaime non poteva tradursi in parole.

«Hai preso da mangiare?» domandò il piccolo, interrompendo la catena dei suoi pensieri e accennando al sacchetto di McDonald's che Harry teneva appeso alle dita.

«Oh, sì» confermò. Il proposito di tenere nascosta la tradizione esclusiva dei mercoledì, la Giornata del McDonald's, era fallita nel momento in cui il maledetto Happy Meal era diventato l'unico pasto per il quale Jaime non si opponeva mai. Non era stato facile convincere il piccolo a infrangere la promessa di segretezza, per lui era una specie di sacrilegio. E, poiché Louis non era più eccessivamente indaffarato col lavoro, avendo ormai ufficializzato la collaborazione con la piccola, feconda casa editrice, non c'era motivo per cui non si immatricolasse alla consuetudine dei mercoledì. «Ho pensato, dal momento che è una splendida giornata, che sarebbe stato un peccato sprecarla a farci impregnare i vestiti dagli umori di un fast-food».

«Tu puzzi di bacon» gli fece notare Jaime.

«Ecco, appunto» borbottò Harry, rialzandosi. «Perciò, invece che al Mc, potremmo andare ad Hyde Park».

«È una magnifica idea» approvò Louis, facendo il giro dell'auto per andare a sedere sul posto del guidatore.

«Avrei una richiesta» avanzò il bambino, mentre Harry era in procinto di aprire la portiera al lato passeggero.

«Qualunque cosa, purché mangi il panino e le carotine» vincolò.

Negli ultimi mesi aveva avuto modo di comprendere fino in fondo quale tipo di pandemonio avesse sperimentato Louis a causa sua, nel periodo dei digiuni e dei rigetti. Jaime aveva perso peso, dalla scomparsa di Alyssa, e che mangiasse oppure no, per Harry, era diventato un assillo.

Il cibo era un linguaggio d'amore come un altro. È il codice dei neonati, che chiedono di essere sfamati. È il gergo delle madri, che si occupano di nutrire l'esserino loro progenie. Hai appetito? Sono stato al supermercato e ho comprato questo per te, so quanto ti piace. Stasera ti cucino le uova, tu le adori. Ti ho preparato i pancake anche questa mattina. Una perifrasi per dirsi ti amo, con qualche sotterfugio, subdolamente, e in maniera talmente spudorata da creare imbarazzo.

Zephyrus Against Raising Autumn [STMJ4 - Larry Stylinson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora