16, Non è giusto

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Venerdì 11 febbraio 2028, ore 20:00, Londra, civico 22 di Queen's Gate.

Gli sembrava surreale. Quello che ascoltava, quello che annusava, i pigmenti che captava; niente di tutto ciò poteva essere concreto. Accettando questo dato avrebbe dovuto fare i conti anche con quanto comportava. Di trovarsi a una veglia funebre. Che l'appartamento accanto, il numero 23, fosse deserto.

Nella casa viaggiava un tanfo di calca. Acque di colonia tutte diverse che si sbiadivano in nubi indistinte di finzione rancida. Di tessuti pregiati strappati ai manichini esposti nelle vetrine delle boutique più elitarie. Di stantio, di fritto e di pesce crudo. Che ironia, pensò. Proprio il pesce crudo che Alyssa bramava da mesi e che in gravidanza le era proibito ingerire. Ma ora non era più incinta. Non era e basta. E Zara era in ospedale, dentro a un'incubatrice, a lottare per restare in vita. E adesso gli invitati ingurgitavano quel pesce crudo in onore di Alyssa, ma pareva più un dispetto, perché a lei non era concesso il privilegio di scegliere. Né a lei, né a Zara.

Gli tornò alla mente, come un fulmine, l'immagine della salma che veniva calata nel terreno, e se la figurò con le mani giunte sul ventre piatto, come l'aveva vista in chiesa. Gli occhi chiusi, le lentiggini talmente nette e brune sul suo volto cereo da sembrare disegnate con i colori a spirito. Le ciglia lunghissime che si annodavano alle radici degli alberi; e così rimuoveva la proiezione del cadavere sepolto in badilate di terra e scopriva un nuovo metodo di pensarla viva, un microrganismo dell'universo, macabro e serafico, uguale agli animali, alle piante e all'anidride carbonica.

Perfino nel riposo eterno si era tenuta l'orgoglio, ingabbiato nella cassa toracica come un amuleto dell'immortalità. Quella bellezza fiera che aveva intimidito e affascinato chiunque avesse ricevuto il favore e il guaio di imbattersi in lei. Perché Alyssa, quell'Alyssa che dentro il sarcofago di legno era apparsa minuscola, intoccabile, leggera come un dipinto, aveva allietato e dato il tormento a tutti come una maledetta alluvione.

E rifletté sull'elogio di Liam, dietro all'altare, e al concetto romantico che aveva condiviso con la platea: «Non voglio rimuginare sugli anni che le restavano da vivere, voglio rallegrarmi per quanto intensi e strabilianti siano stati i ventisei, di anni, che le sono stati concessi».

Era difficile mettere da parte la coscienza di quanto ancora avesse da amare, da soffrire e da ottenere, ma era l'unico modo per tentare di andare avanti.

Raccolse quattro spiedini di pecora dal vassoio e due pagnotte dal paniere e avvolse tutto in un fazzoletto. Davanti alla porta della camera di Jaime meditò sulla compostezza stoica dei genitori di Alyssa, sul fatto che non avessero versato una misera lacrima per la figlia e che avessero trattato Jaime con una freddezza che aveva ferito anche Harry. Bussò con la nocca dell'indice, ma dall'altra parte arrivò soltanto silenzio.

Prese un respiro. Si fece coraggio e ruotò la maniglia. Le coperte erano alte, imbottite dal corpicino del bambino. Gli si sedette accanto e poggiò una mano sulla sagoma del suo braccio ingessato. «Dovresti mangiare un po'» esordì.

Il piccolo non rispose. Era sdraiato su un fianco, gli occhi aperti, lo sguardo assente. Un'anima in pena che non trovava pace. E mai l'avrebbe rinvenuta, quella pace. Avrebbe dovuto imparare a vivere in un limbo traballante di isterismi e cambi di rotta improvvisi. Avrebbe dovuto crescere prima del tempo.

L'ondata di tutti quegli assilli lo sopraffece. «Ti prego, amore, devi mettere qualcosa nello stomaco. Sei a digiuno da due giorni».

Ma cosa poteva importare a Jaime del digiuno, quando il vero languore gli infestava l'anima? Harry era consapevole di cosa si provasse. Ci era passato. La percezione di sazietà perpetua che compensava la cavità abissale nel cuore. Non si eludeva, la perdita, non si dimenticava, non passava mai in secondo piano. Avrebbe messo radici nel suo cervello vergine di depravazioni per contaminarlo. Non c'era scampo. E allora non aveva senso provare a nutrirlo, tentare di stabilire un dialogo, ingannarsi di poter confortarlo in qualche maniera.

Zephyrus Against Raising Autumn [STMJ4 - Larry Stylinson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora