Prologo

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anno 845

Erano solo quattro ragazzi quelli che salutavano energicamente le loro famiglie rimaste sul molo del porto di Marley.
Niente più che quattro dodicenni ancora troppo giovani, che mai avrebbero dovuto portare sulle loro spalle il peso della loro missione.

La folla li salutava di rimando, entusiasta e festante con cori di incoraggiamento per quei giovani guerrieri pronti ad affrontare una terribile missione; qualcuno piangeva, probabilmente i loro familiari più stretti, portando i fazzoletti agli occhi per asciugare le loro guance contratte e deformate dal pianto, qualcuno li guardava con un'espressione di mal celata insofferenza tradendo una sinistra speranza di non dover tornare ad accoglierli presto.

Una ragazzina si era arrampicata sui bancali accatastati accanto alle bitte della banchina per assicurarsi una visuale migliore: non sorrideva né si univa alle grida di saluto della folla, si limitava a fissare il gruppo di suoi coetanei che si allontanava, cercando di immortalare nella sua mente i visi di ognuno di loro.

Fu per un solo secondo, lo sguardo di lei sembrò attirare quello del ragazzino a bordo della nave. Forse i loro occhi si incrociarono, nessuno dei due era sicuro che l'altro stesse guardando proprio nella sua direzione, ma un sorriso timido increspò le loro labbra;
il ragazzino biondo alzò titubante un braccio, la ragazzina portò la sua mano in alto di rimando. Il loro saluto fu tutto lì.

Anni di giochi, confidenze e segreti innocenti di bambini racchiusi in un leggero sventolio di una mano.

Quel sorriso timido non raggiunse gli occhi di nessuno dei due.

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Leda

Leda Krause percorreva la strada che dal molo la separava dal quartiere d'internamento di Liberio a testa bassa, aggiustandosi di tanto in tanto la fascia gialla che portava al braccio e  strusciando pesantemente i piedi sulle sudice strade del quartiere navale.

Non aveva quasi più completamente forze in corpo, era come se le ultime due settimane l'avessero ripetutamente schiaffeggiata, anche se, a ben pensarci, era da quando i cadetti prescelti avevano ereditato i loro Giganti due anni prima, che le sembrava di essere sempre in costante conflitto con chiunque.

La nonna le diceva che sicuramente era solo una fase passeggera, "la solita testa piena di problemi di una ragazzina appena sbocciata" ma Leda sapeva che non era così.

Non era la fanciullezza che lasciava il passo all'adolescenza a farle ribollire il sangue di rabbia, non era neanche la delusione di non esser stata all'altezza, no, era tutt'altro quello che provava.

Lungo la strada, camminando, calciava un piccolo sasso distrattamente assorta nel rimuginare della sua testa, non curante degli sguardi di disgusto che i marleani le riservavano.

<<Dovresti fare attenzione: finirai nei guai se colpisci qualcuno>>
Una voce femminile la riportò con la mente alla realtà, sussultando per lo spavento e si voltò a guardare in direzione della ragazza che aveva appena parlato.

<<Pieck!>> squittì Leda non riuscendo a nascondere la sorpresa e lo spavento nella sua voce; davanti a lei c'era Pieck Finger una dei sette cadetti scelti dell'esercito di Marley, l'attuale posseditrice del Gigante Carro.

Lei e Pieck non erano mai state particolarmente amiche prima dei fatti degli ultimi due anni, ma dopo la nomina dei cinque successori le cose tra di loro erano cambiate: si erano molto avvicinate, condividendo sempre più tempo insieme. Pieck era una ragazza gentile e attenta, non aveva difficoltà a capire gli stati d'animo delle persone che le stavano vicino e non ci aveva messo molto a notare il turbamento che Leda cercava inutilmente di dissimulare. Due anni prima le era bastata una sola domanda e il muro che la ragazzina aveva messo su era crollato, da quel giorno Pieck le era rimasta sempre vicina, in qualche modo, ascoltando, scherzando e cercando di incoraggiarla come meglio potesse.

<< Alla fine sei venuta a salutare gli altri al porto, eh?>> chiese sorridendo.

Leda si strinse nelle spalle, scrollandosi di dosso quella domanda con un gesto vago e disinteressato.

<< Sì ma non sono riuscita a parlargli, ho fatto tardi.>> allontanò un pensiero che non ebbe il coraggio di ripetere ad alta voce sventolando l'aria con la mano.
<< Avrà talmente tante cose da fare ora che è in missione che non avrebbe avuto il tempo di stare a pensare ad altro, figuriamoci le mie paranoie, non era importante.>> 

<<Hai fatto tardi? Tu? >> Pieck sgranò gli occhi sorpresa <<Non riesco a crederci...e magari è stato anche del tutto accidentale?>> chiese sornoniona.

Con un lieve broncio e gonfiando il petto Leda rispose affermativamente:
<< Non stavo assolutamente, volontariamente, intenzionalmente, ,deliberatamente e premeditatamente evitando di incontrare Reiner prima dell'imbarco per la sua missione a Paradis>>
Ad entrambe scappò una risatina, forse la prima in tutta la giornata che realmente si addiceva a delle ragazzine di 12 anni.
<< Prima o poi dovrete chiarirvi voi due, lo sai Leda>> la voce di Pieck si era fatta più dolce e comprensiva con l'amica: la stupida lite tra Reiner e Leda era ormai fuori controllo e dopo due anni di frecciatine e battibecchi tutti quanti erano d'accordo che fosse arrivato il momenti di chiuderla lì, tutti quanti la pensavano così... persino Annie.
Leda di nuovo  tesa e in imbarazzo, spostò il peso da una gamba all'altra, non poteva fare a meno di pensare che la sua amica avesse ragione ma che ormai era tardi.

Ci aveva provato a parlare con Reiner a spiegargli perché si comportava così ostilmente nei suoi confronti ma proprio non riusciva a dare le parole ai suoi pensieri. Eppure, lei teneva davvero a lui e non era sempre così ostile come quando erano tutti insieme, c'era un qualcosa di segreto tra lei e Reiner che nessun'altro di loro aveva modo di vedere e capire.

Quando erano insieme Pieck, Berthold, Annie, Porko Reiner e lei le cose erano molto diverse, era come se loro tutti dovessero comportarsi in un modo preciso: il peso delle aspettative era tutto sulle loro spalle, le loro differenze di abilità così palesi sotto il giudizio di tutti e nessuno di loro poteva realmente mostrarsi per chi fosse realmente.

Questo Leda lo detestava. Ma non capiva perché.

Poteva solo guardare i suoi amici contendersi un onore mortale, mettendosi in competizione l'uno con l'altro in una gara disperata dove in palio c'era solo una vita breve fatta di rinunce e sofferenze, ma questo lo avrebbe capito solo anni dopo. Per ora il solo pensiero che riusciva a razionalizzare era che il suo migliore amico era partito per l'Isola dei Demoni e che se fosse sopravvissuto, avrebbe potuto rimanere in vita per soli altri 11 anni e lei non era riuscita a salutarlo perché il suo orgoglio le aveva impedito di scusarsi.

Pieck notò le lacrime fare capolino negli occhi di Leda e si lasciò scappare un sospiro sconsolato, scosse la testa rassegnata all'idea che quei due avrebbero continuato a litigare per un nonnulla per il resto dei loro giorni;  la prese sottobraccio e insieme si incamminarono verso i cancelli di Liberio.

<<Passi per questa volta, ma quando torneranno dovrai davvero dirgli tutto quanto>>
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