XII. Hölle

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I giorni da latitanti sembravano interminabili; quella stanza mi sembrava più stretta ogni giorno che passava.
La polvere e l'umidità mi facevano respirare male, i miei occhi erano perennemente irritati e mi bruciavano.
Un giorno, esasperata feci per spostare il drappo logoro che copriva le finestre, avevo bisogno di un pò d'aria o anche di un misero raggio di sole.
Il telo pesante cadde sul pavimento sollevando tutti i grumi di polvere, ma ne valse la pena.
Un piccolo bagliore mi illuminò il viso per un istante, era tiepido e accogliente.
Quella sensazione di benessere e serenità durò solo pochi minuti.
Hans non si faceva vedere spesso, era giorni che scriveva missive e ascoltava la radio per sentire le notizie dal fronte con Dieter.
La mattina si svegliava presto e si dirigeva in quella stanza, dal quale non sarebbe uscito se non per prendere una bottiglia di vino dalla scorta del parrocco.
Il caso volle che il rumore della matassa destò i due dalla loro attenzione.
Non feci in tempo ad allontanarmi che Hans mi prese alla sprovvista trascinandomi lontano dalla lunetta.

"Si può sapere che cazzo stavi facendo!? Vuoi farci scoprire!"

Urlò infastidito, l'odore che emanava era un misto di alcol e tabacco.
Che fine aveva fatto quella deliziosa colonia?
Ah, già...stiamo perdendo la guerra.
Dieter spuntò sul ciglio della porta e accortosi della luce inusuale si accovacciò.

"Schwanz! Che sta succedendo?" disse il giovane nascondendosi come un vampiro.

"Mi fa schifo tutto questo vivere come dei parassiti!"

Hans mi diede uno schiaffo.
Da quando eravamo in quella situazione precaria era sempre più violento.
E la scarsità di provviste ci faceva litigare sempre più spesso.

"E' quello che siamo ragazzina viziata!"

Non hai nemmeno la più vaga idea di quello che sta succedendo la fuori, vero?!

La tensione era alle stelle quando nominò l'assalto dei partigiani a Firenze e il probabile sterminio della mia famiglia.

"Quelle teste di cazzo stanno salendo dalla Sicilia!
Ci stanno devastando e se noi torniamo a Berlino ci spediscono a morire in un campo sovietico!"
disse strattonandomi ancora più forte.

Improvvisamente sentimmo il rumore dell'erba calpestata da lenti passi in prossimità dello spiraglio.
Sbiancammo;
Hans mi mise prontamente una mano alla bocca per zittirmi.
Dieter sudando freddo, estrasse l'arma dalla fondina in direzione della luce che a poco a poco veniva inghiottita da una sagoma.

"Signori, porto liete notizie!"
Disse Philipp con tono cordiale e mansueto affacciandosi alla mezzaluna.
"Che dio ci benedica!
sono riuscito a trovarvi una Baguette!"
disse con un sorriso quasi inquietante.
Non preoccupatevi ci penso io ad oscurare la finestra, vediamoci in salone tra venti minuti.
Si allontanò fischiando.

Rimanemmo immobili.

"Quell'uomo è completamente fuori di testa!"
disse Dieter abbassando l'arma.

"Con te non ho finito!Hai capito!?" disse Hans rabbioso,
prima di accorgersi che non stavo più respirando.

Quella fu solo la prima di una lunga serie di malesseri.

La prima volta mi portò con fretta e furia nella sala da pranzo, sgomberando il tavolo dalle stoviglie.
Piatti, bicchieri, si scaraventarono sul pavimento,
alcuni rompendosi altri rotolando per le insenature del pavimento.
Ricordo appena le loro voci otturate in preda al panico, mentre le loro sagome offuscate si muovevano a rallentatore intorno al mio corpo steso sul tavolo come in un obitorio.
Il prete mi mise prontamente un panno inumidito sulla fronte, ero fradicia di sudore.

"Merda, lo sapevo moriremo qui dentro"
disse Dieter mettendosi le mani nei capelli.

Mentre Hans preferiva usare la sua frustrazione prendendosela con il sacerdote.

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