IV. La Vie Est Belle part. 2

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La serata era iniziata.
Potevo sentire il suono della musica dalla mia stanza; ero quasi infastidita dagli schiamazzi e dalle risa che sentivo.
Avevo bisogno di stare da sola con i miei pensieri.
Hans dovette recarsi all'evento prima di me.
Continuavo a guardarmi davanti allo specchio.
Cosa ci troverà in me? Pensai sfiorandomi i segni dei morsi che mi aveva lasciato sul corpo.
Dieter entrò dalla stanza senza nemmeno bussare.
"Si può sapere quanto ci vuole a mettersi un vestito!?"
Mi coprii subito i seni dall'imbarazzo.
L'uomo rimase colpito per un istante  dai lividi che mi decoravano il corpo.
Ma preferì non dire nulla.
Un primo cenno di magnanimità?
Prese il vestito dal pavimento e me lo mise, tirandomi su la zip che partiva dal lombare fino ad arrivare alle scapole.
Continuavo a fissare il mio riflesso, ignorando l'ufficiale.
Dieter mi diede uno schiaffo in viso.
"Vedi di svegliarti" disse seccato.
Voltai la testa per non incrociare il suo sguardo.
"Colorati le labbra e copriti quei segni" disse inserendo frettolosamente gli oggetti che trovava sparsi nel letto dentro la mia pochette.
Tra essi vide l'anello che mi regalò Hans,
Impazzì.
"Questo ragazzina, non lo devi mai togliere!" Urlò indignato.
"Uccidimi" gli dissi inginocchiandomi.
"Sono stanca, voglio morire!" Gli dissi stringendogli i pantaloni.
"ALZATI" disse iracondo mentre mi prendeva il braccio con forza per sollevarmi da terra.
"Tu non farai sfigurare il colonnello davanti ai ministri, hai capito troia schifosa!?"
Riprese il fiato, tentando un approccio più morbido:
"Adesso scendiamo insieme, e tu dovrai avere un fottutissimo sorriso stampato in faccia per tutta la durata dell'evento, hai capito?"
Annuii.
Finiti gli ultimi ritocchi.
Dieter mi prese sotto braccio, accompagnandomi nel salone.
Scendemmo la scalinata.
Gradino dopo gradino, cercavo di non perdere l'equilibrio.
La mia vista era leggermente offuscata, a causa della luce abbagliante che predominava la stanza.
Vidi persone appoggiate alla ringhiera, altri seduti sui divanetti.
E poi lo vidi fra le tante divise.
La mia bocca era paralizzata da un finto sorriso, mentre mi avvicinavo lentamente.
Hans si accorse di me, interrompendo i convenevoli.
"Signori, vi presento Caterina, la mia fidanzata" disse in tedesco, prendendomi per mano.
"È un piacere" dissi guardando Hans per incitarlo a tradurmi.
Gli uomini mi sorrisero di buon grado.
"Ah Landa , ha proprio colto una rosa appena sbocciata" disse un signore dall'aria altezzosa, mentre mi prese la mano per baciarla.
Non capivo una parola di quello che mi disse, ma mi limitai a sorridere, come Dieter mi aveva ordinato.
"Lui è il signore di cui ti ho parlato, Arthur Schmitz"
disse accarezzandomi la schiena con fare affettuoso.
Ogni suo tocco era una ferita aperta per me.
Era così difficile non tormentarmi al pensiero delle sue parole.
"Tu sei mia" mi rimbombava nella testa.
Gli uomini continuavano a discutere, non riuscivo a sentire nulla.
Era come se quella voce dentro di me non volesse quietarsi.
"Che ne dici, bambina?!" Mi fissò Hans interrogandosi.
Confusa.
Mi sentivo gli occhi puntati.
Ma era come se fossimo solo io e lui.
Lui con i suoi occhi verdi, le sue labbra.
La sua voce
Il suo respiro.

Chiusi gli occhi e lo baciai.
Un impulso dettato dal cuore.
Hans rimase sorpreso dal mio gesto sconsiderato, non c'era rabbia sul suo viso.
Ma una strana malinconia, la si poteva vedere solo se ci si perdeva davvero.
Rimasimo in silenzio. Uno di fronte all'altra.
Il tempo sembrava essersi fermato.
Clap Clap
Un ufficiale delle SS iniziò ad applaudire, soddisfatto.
Seguito dalle esclamazioni gioiose degli altri.
Arthur mise una mano sulla spalla del colonnello come a congratularsi.
"È così innamorata di lei che non riesce nemmeno a trattenersi, non avevo mai visto così tanta purezza d'animo" esclamò rivolgendosi al colonnello.
"Du hast es verdient" dissero esultanti.
Nemmeno Hans poteva credere a quello che era appena successo.
Non dopo tutto quello che la nostra relazione significava.
O ancora più banalmente dopo tutti i crimini che aveva commesso.
Improvvisamente vidi nei suoi occhi, una luce strana.
Una luce che non avevo mai visto prima.
"Mi concedi questo ballo?" Mi chiese tendendomi romanticamente la mano.
Avevo le farfalle nello stomaco.

Con una mano mi cinse il bacino,
l'altra teneva saldamente la mia.
Seguivo i suoi passi lentamente, come una bambina  che impara per la prima volta a camminare.
Era così romantico.
Mi fece fare un giravolta, poi mi riprese a sé, seguendo il ritmo cadenzato dell'orchestra.
Quando la musica si fece più lenta, cinsi le mani intorno al suo collo, mentre mi facevo ipnotizzare dal profumo della sua colonia.

"Ora ci siamo dentro insieme, io e te."

Sentivo tremare le sue mani.
Fu quella sera che capii che Hans, non era completamente privo di emozioni.
Anche uno come lui aveva dei segreti.
Qualcosa che tentava di nascondere con i denti, forse era stata la vita a renderlo così.
"Che significa?" Domandai interdetta.
Non mi rispose.
"Domani mia cara, devo iniziare a perseguire le famiglie per la quale sono venuto"
Mi allontanai dal suo petto, ritornando con i piedi per terra.
Smisimo di danzare.

Quello che era il paradiso per me era l'inferno per qualcun'altro.

"Sono delle famiglie di contadini, perciò dovrò allontanarmi dalla città" Sospirò.
"Mi lascerai qui da sola?" Agitandomi.
"Non per molto" disse accarezzandomi il viso per tranquillizzarmi.
"Ma come farò senza di te? Non conosco una parola del francese!" mi lamentai.
"Dieter ti accompagnerà a lavoro tutte le mattine, vedrai che a contatto con la gente, la lingua non sarà più un problema" mi disse cercando di distogliere l'ansia dalla mia mente.
Proprio ora che sentivo di affezionarmi, lui doveva andarsene.
Mi sentivo male da morire.
"E..e se ti succedesse qualcosa?"
Era come se finalmente avessi trovato uno scopo in questa vita, tirare fuori i suoi veri sentimenti.
Cercavo di non sbattere gli occhi per non far cadere le stille.
L'SS sorrise.
"Vedo che la mia compagnia inizia a piacerti" disse togliendomi una lacrima con le dita.
"Ti sbagli!" Risposi, sconfortata dalla tremenda notizia.
Quello che sentivo era un dolore più forte di quello fisico. Una fitta che mi stringeva il cuore.
Gli diedi le spalle e me ne andai.
Feci qualche passo incerto e mi fermai.
Nessuno me lo stava impedendo?
Misi un piede sul gradino e mi trovai davanti l'uniforme nera della Gestapo.
"Hellstrom!" lo ammonì Hans.
"Ja, Anführer!" Mettendosi sull'attenti.
"Lasciala andare" ordinò.
L'uomo si spostò di buon grado. 
Sospirai, iniziavo a singhiozzare.
Scelsi di non voltarmi, mentre salivo le scale più in fretta che potevo.

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