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Un incubo.

Il ragazzo che oggi si chiama Kuni apre gli occhi nel buio. Fuori sta piovendo.

Si volta per guardare verso la finestra. Le gocce picchiano sul vetro, forte, come un pianto pieno di rabbia. Forse è quel suono che lo ha svegliato, o forse è quel che ha causato il sogno.

Il suo corpo può sentirsi meno rigido, se si impegna. Prova a immaginarsi di nuovo in quella versione, lo studente di Sumeru, il ragazzino innamorato, il figlio della dea. Chiude gli occhi, ora, per concentrarsi sull'immagine e tornarci.

I ricordi sono troppi, le versioni sono troppe. Rischia di annegarci in mezzo. Qual è il suo nome? Come si chiama, ormai?

Si mette seduto. Ecco; va già meglio, si è svegliato, può riuscire a rimanere se stesso.

La pioggia insiste. Allora apre le ante e la annusa, la tocca con la punta delle dita, la ascolta. I suoi passi sono ancora pieni del sonno che non ha soddisfatto, ma non importa; non ha più voglia di riposo, adesso vuole lasciare che le sue braccia si bagnino. Vuole sentire quel freddo e tornare, tornare alla calma.

Ed è spaventosa e bella, quella tempesta. Si trova a sorriderle come se potesse farle un complimento. Si riempie gli occhi dei lampi, un brivido ogni volta.

Ma piove tantissimo. Si riscuote da quello stato un po' sospeso perché, fuori, ci sono le voci preoccupate di altri studenti. Apre la sua porta; quelli lo guardano e così ricomincia a esistere in quel corpo, in quella figura, in quel ragazzo ancora con addosso i pantaloni del pigiama e con i capelli spettinati. Richiude, come se ci avesse pensato solo in quel momento.

Troppo difficile. Ancora un istante.

Torna alla finestra e allunga le braccia ancora, e del resto poco importa. Che si spaventino, che tremino di fronte a quei fulmini. Idioti.

Ma qualcuno bussa picchiando forte.

"Tutti fuori dalle stanze!" stanno gridando. "Avete sentito? Tutti fuori, in corridoio!"

La porta si spalanca, e lui si pente di non averla chiusa a chiave. Faruzan lo indica, con l'altra mano su un fianco, e urla come una matta. "Fuori, in corridoio!"

"Ma che succede? Io stavo dormendo."

"C'è una tempesta e sta entrando dell'acqua nella biblioteca, stiamo andando tutti a salvare un reparto di libri. Muoviti, c'è bisogno di te."

"Posso almeno vestirmi?"

Lo squadra con una sorta di disgusto divertito. "Va bene, ma sbrigati. Stavamo dormendo tutti, signorino, non tu soltanto."

"Ok, ok."

Richiude, finalmente, e appoggia la schiena sulla porta. D'accordo, può farcela.

Un giorno ancora. Un'altra volta.


Lei era sveglia. L'unica, forse? Come ogni notte. Il silenzio dell'Akademiya le era caro, ormai: un appuntamento privato con la sua mente, e basta. Niente a turbarla, niente a farle paura. Invece, adesso...

"Ecco" le dice Kaveh in fretta, "prendi questo."

Si stanno impegnando tutti. Afferra il secchio, decisa a non deluderli. Alhaitham dirige il movimento degli studenti che corrono, e le sembra che il suo ruolo non sia poi così faticoso, però sta zitta e va. Si tuffa nella pozza d'acqua, ci cade dentro, si bagna il vestito, le ginocchia.

"Attenta."

Alza gli occhi, ed è lui a reggerla. "Oh, scusa, stavo per cadere..."

"Dai a me, o ti farai male."

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