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Nella stanza, Tighnari è chino sul letto, intento a cambiare la medicazione. Quando entrano, si volta e poi lascia che Zinat sia visibile. Con quella stessa calma che aveva mostrato a lui, durante le visite.

Adesso, la sua sostanza non è diversa da quella di un'umana qualsiasi.

Zinat è seduta, a occhi chiusi per sopportare il dolore. Nonostante la delicatezza di Tighnari, la ferita fa male.

Lo vede. Gli occhi si fanno grandi, poi lo sguardo corre via, si abbassa, vaga sulle pareti. Fugge. Come se avesse senso imbarazzarsi, nel trovarsi di fronte chi quasi l'ha appena uccisa.

Come se lui avesse un valore enorme, e lei nessuno.

Strano. Non gli dispiace, ma è una sensazione... triste.

Si era aspettato che Nahida dicesse qualcosa, o che Tighnari lo insultasse, o che quella ragazza gli urlasse contro, invece stanno tutti in silenzio, e dopo pochissimo escono e li lasciano da soli. Non sa quale sia l'espressione giusta, il modo migliore di muoversi. Non ha nemmeno portato il cappello, non può nascondersi.

Fa un altro passo. Lei sembra farsi più piccola, sembra temerlo.

"Ciao" le dice, soltanto. Ridicolo.

Ma lei finalmente accetta di guardarlo. "Ciao."

Ed è così, forse non c'è altro. Sono solo due persone qualsiasi, e nell'aria c'è l'odore del disinfettante, e lei è pallida e la sua testa è fasciata. Adesso, senza nemmeno la vision, non potrebbe neppure ferirla nello stesso modo; potrebbe farle male lo stesso, certo, ma potrebbe farlo anche lei. E perché sta pensando a questo? Non ha alcuna voglia di farle del male. Si sente stanco.

"Ho esagerato" le dice.

"Anche io."

"Lo so."

"Anch'io lo so."

"Mh."

Zinat ha qualcosa di familiare, negli occhi. Un velo di rancore e paura che lui conosce benissimo. Come se potesse vedere una parte nascosta di lei, che non sa nemmeno di mostrare. Ovvio, è probabile; chiunque crei casino ha dei problemi. Lui ne ha sempre avuti. Ne avrà anche lei.

Ma non è un motivo.

Non è abbastanza.

"Mi spiace di averti quasi ammazzata" le dice. Perché presume di doverlo dire. Forse, dopo lo lasceranno andare.

"Davvero?" chiede lei.

"Be', sì, più o meno. Anche se ti avrei comunque fermata. Non..."

Si blocca. Come dovrebbe dirlo? Da fidanzato...? Non toccare la mia ragazza? Non ti permettere di... non provare a... O in modo più serio? Una minaccia? Una promessa? Ti ucciderò senza lasciare il lavoro a metà, se ci riprovi? Se non ci lasci in pace? E chi sei, poi, tu, cosa c'entri, che vuoi, perché devi mettere in discussione la mia pace, cosa...

"Perché hai attaccato Layla?" le domanda. "Non avresti dovuto."

Lei abbassa il capo, la garza è già di nuovo sporca. Deve averla ferita proprio per bene, ne è quasi orgoglioso. Neppure ci ha pensato; non gli importava nulla di lei, voleva solo che Layla fosse in salvo. Un colpo secco, veloce. E guarda quant'è fragile una persona; si è rotta. Subito. Con un minimo sforzo.

Anche lui sarà così, ora.

Fragile.

In pericolo.

"Mi... mi sta antipatica" dice lei.

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