Capitolo 1 - (seconda parte)

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Si sentì toccare la pianta del piede e trasalì.

"Merda, ci siamo addormentati, ma che ore sono?" guardò l'orologio color oro della Maison du Monde sulla parete, erano le 19.17, anche se in realtà le lancette erano state spostate dieci minuti in avanti per evitare di fare ritardo, una teoria molto discutibile per suo marito - «Ma se sai che sono state messe in avanti, sai anche che non sei in reale ritardo, no? » - obbiettava.

Jacopo era perennemente in ritardo. Perennemente. Jennifer lo prendeva in giro per questo suo modo di vivere la vita con quella tranquillità e lentezza che lei non aveva avuto nemmeno da bambina, quando sua madre le faceva fare le corse alle sette del mattino per portarla al pre-scuola, con una pastina confezionata mangiata in auto insieme al latte in brik bevuto rigorosamente con la cannuccia.

«Tu hai un fuso orario tutto tuo Martinelli» lo sfotteva ogni volta e, anche se questo lato del suo carattere era stato motivo di litigi in svariate occasioni, come quando si ritrovavano a fare le corse per arrivare in orario ad un appuntamento o per prendere un treno o peggio ancora quando aveva degli invitati a casa per cena, piano piano negli anni, Jennifer aveva imparato ad adattarsi alla filosofia di vita di Jacopo o forse, come le era stato detto una volta - lui le aveva insegnato a vivere la vita con quella tranquillità che ti permette ancora di guardare verso il cielo e scorgere un inatteso arcobaleno -.

L'unico posto dove arrivava puntale il Martinelli era in ufficio, mentre in largo anticipo andava solo alle convocazioni della Domenica ed in aeroporto prima di un viaggio, a differenza di Jennifer che aveva imparato solo alla veneranda età di 28 anni a bere il caffè da seduta, tanto era abituata sempre a correre.

Questo pensiero la fece sorridere. Il loro rapporto era stato sempre così, un migliorarsi reciprocamente, un venirsi incontro e trovare un punto d'accordo su ogni cosa. Come per quell'odioso divano giallo ocra alle loro spalle. Come per la cucina con l'isola che lei desiderava tanto - "Ok però mettiamo anche il frigorifero americano" - aveva ribattuto lui mentre giravano per i negozi di mobili. Come per i ritardi, gli attacchi di panico, cambiare lavoro, le partite di calcio, cercare un figlio.

Da quando si erano conosciuti non si erano mai fatti uno sgambetto pur essendo, in realtà, estremamente diversi: si erano adattati perfettamente l'uno all'altra senza però perdere di vista chi fossero prima; compromessi fatti d'amore e di chiacchierate lunghe prima di dormire, per non andare a letto arrabbiati, per potersi abbracciare felici al risveglio.

Da quel fatidico 10 Ottobre però era cambiato tutto. Non era stato un cambiamento immediato, ma lento, quasi impercettibile certe volte.

Una lite per una frase detta male, una buonanotte non data, non aspettarsi più per cena se lui tornava tardi dagli allenamenti o lei dalle lezioni di Pilates, nessun bacio scambiato per salutarsi prima di uscire di casa. Le chiacchierate erano diventate sempre meno frequenti, i desideri e le paure sempre meno condivise, così come le risate ed il sesso, ormai quasi completamente inesistente.

La promessa infranta di non andare mai a letto prima di aver fatto la pace, smettere di comprare qualche cibo al supermercato solo perché era il preferito dell'altro, lasciare che incomprensioni piccole come granelli di polvere, diventassero enormi e pesantissimi massi pronti per essere scagliati ogni volta che discutevano. Piccole cose che con il passare dei mesi erano diventate voragini gigantesche, allontanandoli tanto da farli diventare quasi due sconosciuti, almeno fino a quel pomeriggio.

Davanti a lei Tequila continuava a fissarla e, in mancanza di attenzioni, ricominciò a leccarle il polpaccio «Sì! Ora andiamo! Dammi un attimo.» replicò Jennifer scuotendo il braccio di Jacopo, che stava ancora dormendo, nel tentativo di svegliarlo.

Adesso. Prima o poi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora