undici

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venere's pov
sinceramente non so se ho avuto una giusta reazione, mia madre non doveva aver raccontato la mia vita a zaccaria, lo avrei voluto fare io, oppure no, sono una che non va a raccontare in giro i fatti propri, non mi piace dire troppo sul mio conto, sono una riservata che sta sulle sue.
alla fine la verità di ciò che sono lo so solo io, nessun'altro, nemmeno le mie amiche nemmeno la mia famiglia e preferisco che sia così.
non voglio che la gente provi empatia nei miei confronti, ho fatto ciò che ho fatto, sono stata una testa di cazzo e mi sono solo rovinata, quelli che dovevano essere gli anni migliori li ho buttati all'aria non ragionando un minimo alle mie azioni.
per colpa mia ora mi ritrovo a vendere gioielleria e quello che capita in una fottuta bancarella quando potrei essere in qualche altro paese a giocare a pallavolo, la mia unica passione, la mia ragione di vita.
ogni volta che passo davanti ad una palestra mi scende una lacrima nel ricordo di tutte le emozioni che questo sport mi ha dato, ma io ho rovinato tutto o meglio là me di 16 anni.

entro in un bar e mi prendo anzi mi faccio offrire alcune bottiglie di birra, ho bisogno di non pensare, nel peggior dei modi ma è ciò di cui ho realmente bisogno.
mi siedo a terra e mi faccio una striscia.
odio me stessa per la maniera in cui mi sto riducendo.
mi pulisco la narice dai residui e sento che la sostanza inizia a fare effetto, i nervi tesi di rilassano, non sento le gambe e le spalle si abbassano, tutto intorno a me gira, in questo momento esisto io e la musica nei locali.
finisco anche la seconda birra e mi addentro in un altro bar, fatico a rimanere in piedi, vado addosso ad alcune persone, ma non me ne frega, voglio staccare sta sera.
<<dos jägerbomb>> biascico non appena arrivo al bancone <<catorce euro>> me li porge il barista << paga todo el>> indico un ragazzo a caso, annuisce prendo i drink e mi dirigo nel mezzo della folla, ne bevo uno come se fosse acqua, ballo a più non posso, capitava di trovarmi insieme a dei ragazzi ma riuscivo a togliermi di dosso non so nemmeno come.
quando bevo il secondo mi sento alle stelle, sono felice, senza pensieri, muovo le anche a ritmo della musica, lo sorseggio e in pochi istanti mi rendo conto che sta per finire.
mi dirigo nuovamente verso il bancone e sta volta seriamente quasi non mi reggo in piedi.
<<otro dos porfa>> batto le mani sul legno <<niña vete a casa, estás borracha>> scuote la testa il barista, cerco di convincerlo ma lui non mi asseconda, mi da solamente dell'acqua che so come utilizzerò, poco dopo mi ritrovo tra gli scaffali di un supermercato a travasare della vodka alla pesca nella bottiglia da mezzo.
cammino per un po' sorseggiando l'alcol fino a che arrivo davanti a casa di mia nonna, entro cercando di fare più piano possibile e mi butto nel divano cadendo in un sonno profondo.

••••

zaccaria's pov
ieri sera sono passato a casa di venere, anzi sono rimasto per qualche ora ad aspettarla ma di lei nessuna traccia, oggi vado al mercato, magari lei è proprio lì.
<<fra sarà in giro>> hai sentito che ha detto sua mamma ieri <<ritornerà>> mi consolano i miei.
invece io ho uno strano presentimento, e se le fosse successo qualcosa?
<<spero mi capisca>> mi porto una mano sui capelli <<dove va di solito quando scappa>> domando un po' preoccupato.
<< no se,  a volte sta via qualche ora, a volte giorni>> si stringe a se la donna.
annuisco e abbasso il capo, ma omar mi da una pacca sulla spalla facendomi capire che dovevo alzare la testa, ed eccola lì, con un top bianco corto con le spalline larghe, una bandiera del brasile che le faceva da minigonna legata sotto l'ombelico, delle catenine adornavano la sua vita, una collana con fiori hawaiani, un paio di occhiali da sole rettangolari, scalza con in mano una bottiglia d'acqua.
era strana, ma bella ugualmente.
arriva alla bancarella e saluta la madre con un bacio sulla guancia <<¿éstas bien?>> corruga la fronte la donna, annuisce <<¿dónde fuiste?>> la scruta << de la abuela>> si siede poco elegantemente su una sedia << ¿en tren?>>scuote la testa e fa segno che ci è andata a piedi <<hai fatto tutta quella strada?>> sgrana gli occhi la madre <<venere>> intervengo <<mi dispiace>> alza il capo e mi guarda storta come se non mi riconoscesse, è palesemente ancora brilla <<¿quien eres?>> abbassa gli occhiali sulla punta del naso mostrando le occhiaie ben marcate e a me manca un battito <<dai so che sei zaccaria>> se la ride e la donna si scusa con lo sguardo, si alza e mi supera bevendo un sorso dalla sua bottiglia.
<<che cazzo è questa?>> gliela strappo dalle mani e la annuso, vodka alla pesca <<stai scherzando? non sono nemmeno le dieci di mattina>> le prendo il braccio e la tiro in parte, lei si rabbuia, il sorriso che fino a pochi secondi fa illuminava il suo viso si spegne.
le sposto i capelli dietro l'orecchio e mi avvicino <<scusa>>una lacrima le riga la guancia <<non possiamo stare insieme>> scuote la testa <<tu eres un chico rico y yo una ragazza che>> si toglie gli occhiali e si passa una mano sugli occhi <<che vende roba al mercato e si guadagna da vivere nei peggior modi>> il mio cervello va in tilt <<non è vero, venere lasciami aiutarti, ne usciremo insieme>> le prendo la mano e la poggio al altezza del mio cuore << questo è ciò che mi fai>> il battito è accelerato, sorride come una bimba e la stringo a me.
<<andiamo a casa>> quasi mi implora, la prendo sotto braccio e la porto nel mio appartamento, prendendomi cura di lei, quasi come fossi suo padre.

sono io veramente?

due cuori spezzati coi lati combacianti// babygang Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora