mi accendo una canna e vado verso il locale dove i miei mi aspettavano, io mi sono addormentato e loro se ne sono andati senza svegliarmi.
bastardi
calcio un sassolino e cammino a testa bassa, delle voci attirano la mia attenzione, sollevo il capo e vedo una figura esile scagliarsi contro un uomo.
gli da pugni sul petto e la figura maschile rimane impassibile.
<<¡pendejo! eres un pendejo!>> riconosco subito la sua voce, venere.
dice altre parole a me non comprensibili e l'uomo se ne va.
venere si accascia per terra e piange ininterrottamente, non emettendo un urlo, un lamento, silenziosamente.
le passo davanti, mi ero promesso di non rivolgerle mezzo sguardo ma non riesco, era troppo fragile.
<<tutto okay?>> abbasso la testa cercando di incrociare il suo sguardo.
annuisce tirando su con il naso.
<<que- >> scuote la testa <<cosa vuoi?>> parla con accento spagnolo.
<<stavi piangendo, volevo assicurarmi che stessi bene>> alzo le spalle e le porgo la canna che accetta abbozzando un sorriso.
<<seriamente?>> ride senza umorismo.
<<si, anche se mi hai>> mi interrompe estraendo dal reggiseno il mio orologio.
<<no lo vendí>> me lo porge tenendolo sull'indice.
<<tienilo, io me ne posso comprare altri>> le sorrido.
<<non é giusto, es tuyo>> continua tenendo la stessa posizione.
<<puedo rubare qualcos'altro, molto più costoso>>fa un sorriso sghembo.
davanti a noi passa una signora con un cartone della pizza in mano, la mora la guarda con gli occhi lucidi portandosi istintivamente una mano sul ventre.
<<da quanto non mangi?>> mi faccio serio.
mi guarda e rimane in silenzio.
<<dai andiamo a mangiare qualcosa, ho fame pure io>> capisco che sono giorni che non mangia la ragazzina.
mi alzo in piedi e le porgo la mano.
<<no, no puedo, no tengo dinero>> scuote la testa.
<<io si e tanti anche>> le sorrido, afferra la mia mano e la tiro a me facendo sbattere i nostri petti.
i miei occhi e i suoi si impigliano per qualche istante.
l'avrei baciata, lo ammetto.••••
<<non la mangi tutta?>> indico il suo piatto notando che ne ha avanzata metà.
<<no la porto a casa para mi familia>> parla convinta che fosse giusto.
<<si dice per la mia famiglia>> sorrido di lei.
<<si scusami, è da tanto tempo che non parlo italiano>> sorride imbarazzata.
<<tranquilla>> vorrei stringerle la mano ma non so che reazione avrebbe, in fondo ci conosciamo da nemmeno una giornata eppure sono convinto che siamo molto simili, questa ragazza è me al femminile.
<<in quanti siete?>> domandò grattandomi la fronte.
<<quattro, yo, mia mamma, mia sorella y mi padre>> li conta sulle dita della mano destra.
alzo la mano richiamando un cameriere <<tre pizze, scegli tu i gusti>> parlo in italiano sperando che possa capire, annuisce e se ne va.
<<ma che fai? sei pazzo?>> mi guarda arrabbiata.
<<no, voglio solo aiutarti>> faccio le spallucce<<ora che posso>> le sorrido.
<<adesso mangiala altrimenti diventa fredda e non è più buona>>le sposto il piatto verso di lei.
annuisce e si taglia una fetta.<<non ci posso credere>> si porta le mani sulla faccia non appena vede i tre cartoni tra le mie mani.
<<ti sarò sempre debitrice per questo, sappilo>> parla con un filo d'imbarazzo.
<<que Dios te bendiga y te proteja>> unisce le mani a mo di preghiera e chiude gli occhi.
<<dai su che vuoi che sia>> le do una fiancata.
<<sai erano giorni che non mangiavamo>> abbassa il capo per vergogna <<beh solo mia sorella mangiava>> si corregge.
<<mia mamma avrà un infarto>> ride da sola.
mi piace averla resa così felice con un semplice gesto, le tipe che mi porto a letto non si accontentano nemmeno di una gucci.
rido al pensiero e venere mi guarda storto.
<<dove abiti?>> le chiedo calciando un sassolino.
<<in periferia, dobbiamo fare un po' di strada a piedi>> stringe i denti.
<<possiamo andare a prendere la mia macchina e->> mi interrompe <<ma sei pazzo? con el coche? non durerebbe mezzo minuto>> scuote la testa <<e poi le voci chissà cosa direbbero su di me>> mi lascia intendere che le darebbero della puttana.
<<se non ti dispiace in bus>>fa le spallucce.
<<tu dovresti fregartene di quello che dice la gente>> la rimprovero.
<<si hablan así hay una razón>> diventa seria.
<<peró>> sta volta sono io che la interrompo<<se non vuoi parlarne, non farlo>> mi perdo nelle sue iridi verdi, annuisce e sorride.••••
<<perdone>> mi sbarra la strada con una mano, afferra un sassolino e lo lancia in una finestra, nella quale si affaccia una bambina.
<<sol, ábreme>> fa un cenno con la testa verso la porta.
<<scusa non è il massimo la nostra casa, questo es lo que possiamo permetterci>> sospirai sonoramente.
<<non preoccuparti, non mi interessa>> alzo le spalle.
saliamo due rampe di scale e non appena la porta si apre sua madre ci accoglie.
<<¿quien->> la interrompe <<mamá este es>> si volta di profilo e sussurra a denti stretti <<¿cómo te llamas?>> ridacchio <<zaccaria>> sorride pure lei <<este es zaccaria>> non appena il suo nome esce dalle sue labbra sento un brivido percorrere sulla mia schiena, mi eccita.
<<el chico del mercado>> si gratta la testa.
<<queste sono per voi>> allungo le braccia porgendole i cartoni.
<<madre mía>> sussurra a bocca aperta la donna afferrando i cartoni.
<<accomodati pure>> mi fa passare la donna, ma io scuoto la testa, non volevo disturbare.
<<tranquilla, non vorrei->> mi interrompe.
<<solo por un vaso de agua>> insite la donna e non posso non accettare.
<<scusa se c'è un po' di disordine>> abbassa il capo venere, le accarezzo il viso e le sorrido assicurandola che a me non me ne importa.
il clima che mi circonda lo adoro, una famiglia povera ma felice, unita e accogliente, come se a loro non fregasse del loro stato.
passate alcune ore mi ritiro ricordandomi che ci sono i miei che mi aspettano.<<sei un angelo>> mi stringe a se la donna.
<<grazie>> dice timida venere.
<<spero di rivederti>> mi gratto la nuca ed esco dalla loro abitazione.