Capitolo 44: XXXIX. | ANIMUS OBLIGANDI

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XXXIX.

ANIMUS OBLIGANDI

(dichiarazione di obbligo)


Era stata una settimana dannatamente spaventosa, dovette ammettere Draco a se stesso. Dopo tutto, camminare per le strade come un uomo libero con le conoscenze che ora possedeva era davvero un'altra cosa.

Al suo primo tentativo di visitare Diagon Alley, la sola vista del Paiolo Magico lo aveva fatto andare nel panico e fuggire. All'improvviso, si era reso conto che avrebbe dovuto chiedere a qualcuno di fargli attraversare il muro di mattoni, dato che non aveva più la bacchetta per entrare da solo nella piccola via dello shopping. Questo lo aveva scoraggiato. Qualche giorno dopo decise di farlo comunque, perché stava lentamente ma inesorabilmente esaurendo le sue scorte. Era stato strano, perché aveva notato di nuovo gli sguardi curiosi di alcune streghe e maghi, anche se non erano così numerosi come nei primi giorni dopo la sua liberazione. Purtroppo, però, questa volta aveva saputo perché lo stavano fissando, e la sensazione era stata disgustosa. Tuttavia, grazie a Merlino, nessuno gli si era avvicinato. Aveva recuperato un po' d'oro dal suo caveau alla Gringotts e aveva comprato le cose di cui aveva bisogno, poi era fuggito nella parte della Londra babbana dove si trovava il suo appartamento.

Così era sopravvissuto ai primi sette giorni più o meno con successo. Nessun evento strano, nessun fagiano, ratto o altro morto sullo zerbino, nessuna visita di funzionari del Ministero della Magia. Probabilmente avrebbe dovuto esserne felice e sollevato, ma Draco non sapeva più come passare il tempo.

Volare non era un'opzione, perché senza la sua bacchetta aveva poche possibilità di Materializzarsi in un prato protetto da incantesimi di respingimento babbani. Finora aveva categoricamente escluso anche una visita a un pub, sapendo che tutti gli altri avrebbero inevitabilmente saputo che era un criminale in libertà vigilata.

L'unica cosa che poteva ancora fare era l'esercizio fisico. E così, ogni maledetto giorno, Draco andava a fare la sua solita corsetta lungo le rive del Tamigi, poi saltava sotto la doccia e finiva per passare ore sdraiato sul letto a fissare il soffitto.

Ora era sabato ed era sicuro che sarebbe impazzito se avesse dovuto passare di nuovo tutta la serata da solo nel suo angusto appartamento. Così a un certo punto si alzò, si vestì e si diresse coraggiosamente verso Diagon Alley.

Godendosi l'aria calda della notte d'estate sul viso, fece anche una piccola deviazione prima di entrare finalmente nel Paiolo Magico. Tom, l'oste, fu di nuovo così gentile da fargli attraversare il muro di mattoni e pochi minuti dopo Draco entrò in un locale affollato.

Data l'oscurità, il volume e la massa di persone che affollavano il bar e la pista da ballo, fu notato a malapena, e per questo ne fu grato. Ordinò una burrobirra e si ritirò in un tavolo dove poteva osservare senza dare nell'occhio gli altri festaioli.

Lo infastidiva il fatto che non poteva fare a meno di pensare che avrebbe potuto scorgere anche lei qui. E per lei Draco intendeva la Granger, ovviamente. Sbuffò nel bicchiere per l'esasperazione e fece una smorfia.

Considerando che era così determinato a non parlarle mai più se poteva evitarlo, pensava a lei dannatamente spesso. Non solo era la prima immagine che gli veniva in mente quando si masturbava sotto la doccia, ma ora compariva persino nei suoi sogni.

Quella puttana lo perseguitava a tutti gli effetti.

I suoi occhi da cerbiatta, le sue mani sottili sulle spalle, la sua risata e il rossore che le saliva dal collo alle guance ogni volta che Draco la stuzzicava. Scosse la testa per allontanare i pensieri, ma non ci riuscì. Era quasi inevitabile immaginarla mentre ballava con la piccola Weasley, la nuova signora Potter, o quello che era; mentre si sdraiava sul piano di lavoro della sua cucina; davanti a lui con le lacrime agli occhi, dicendogli che aveva una cotta per lui.

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