CAPITOLO 9

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Xilya

Un'ora prima

Gli ultimi giorni della mia vita sono stati una merda. Se dovessi riassumerli in tre parole sarebbero: vomito, dolori, febbre.
La crisi è durata una settimana, ma a quanto mi ha detto Joy possono durare fino a dodici giorni. Quindi potrei ritenermi fortunata.
Sento ancora gli strascichi ma mi sto riprendendo. Fortuna che ci sono Omar e Serena che mi fanno uscire per prendere una boccata d'aria, o io rimarrei sempre segregata in stanza se fosse per me.
Ho imparato a conoscerli di più in questo periodo passato alla struttura. Mi hanno raccontato delle loro crisi e non hanno preteso che io raccontassi della mia esperienza. È una cosa troppo intima e non mi sento pronta a denudarmi in questo modo. Ma ascoltare i loro vissuti mi ha aiutato. Loro si trovano qui da sei mesi, il programma dura un anno quindi sono a metà percorso. Spero per loro che una volta usciti possano veramente rimanere puliti. Omar vuole diventare un batterista. Durante il liceo già suonava in una band con dei suoi amici. Mi ha fatto vedere qualche video delle loro esibizioni e devo dire che erano molto bravi e lui ha veramente talento. Mentre lo guardavo suonare, la sua musica trasmetteva tutto l'amore che prova per questo strumento.

Però il mondo della musica e della rock star vanno a braccetto con l'alcol, quindi diciamo che non è proprio la carriera più consigliata per un alcolista che sta provando ad uscirne.
Serena invece non vede l'ora di iscriversi all'università e studiare biologia marina per poi lavorare come consulente per qualche impresa che opera in acquacoltura o nell'ecologia.
Due persone più diverse non potrebbero esistono.
Omar mi sembra più scapestrato, lei più controllata, che alla fine è un controsenso dato che ha una dipendenza dall'alcol quindi il controllo non dovrebbe essere proprio il suo forte.
Ma si vede che lei è una persona più con i piedi per terra rispetto a Omar che sembra vivere sempre con la testa per aria. I loro caratteri sono rispecchiati anche nell'aspetto. Lui ha i capelli neri scurissimi rasati, piercing vari sparsi sul viso tra cui sul labbro e sul sopracciglio, vestito sempre con capi d'abbigliamento appariscenti e stravaganti. Lei invece la vedi sempre con una camicetta e dei jeans a zampa.

Ma a quanto pare oggi Serena mi vuole contraddire perché mentre sono nella sala relax la vedo entrare con un vestitino succinto che non è per niente nel suo stile.
Si avvicina a me e quando mi sta davanti faccio un fischio di apprezzamento e lei ridacchia. Chiudo la rivista di moda che stavo leggendo e la rimetto nella cesta con le altre.
«Dove vai così messa in tiro».
«Ho un appuntamento», fa un giro su se stessa, quando torna stabile mi fa l'occhiolino.
«Mi sono persa qualcosa?» chiedo, dato che non mi aveva mai parlato di una relazione amorosa nella sua vita.
«E-ecco...»
«Sei pronta?».

Appena sento la voce della persona che ha appena parlato il sorriso che avevo si spegne, così come la felicità per la mia amica.
Guardo dietro le spalle di Serena e vedo lui.
«Stai scherzando?» mi alzo dal divano di scatto e mi metto in mezzo tra lei e il biondino.
La sua faccia in questo momento non ha prezzo.
Sul naso ha un cerotto e noto che l'ho ha gonfio e rosso.
Un moto di soddisfazione mi inorgoglisce e mi fa ghignare. Lui deve notarlo perché fa una smorfia innervosita.
«Guarda chi si vede. La ragazza dell'Handicappato», questa volta è lui a ghignare. Quando lo chiama in questo modo mi dà fastidio e mi si legge in faccia.
«Guarda chi si vede, il coglione che si è fatto picchiare da una donna». Mi fulmina con lo sguardo e io gli mando un bacino sarcastico.

«Quindi anche tu sei una drogata rinchiusa in questa gabbia di matti, dovevo immaginarlo».
Dietro di me sento Serena sussultare e giuro che non ho mai odiato tanto qualcuno come sto odiando questo stronzo davanti a me. Supera quasi l'odio che provo verso me stessa.
Ho detto quasi.

Continuando a tenere lo sguardo fisso su di lui, tendo la mano indietro e cerco quella di Serena. Quando la individuo gliela stingo forte per tranquillizzarla.
Potrà insultare me, posso sopportarlo, ma non può ferire le persone a sua piacimento senza neanche accorgersene.
«Prima di fare il bis di ciò che è successo in paese, ti consiglio di andartene», digrigno così tanto la mascella che mi fanno male i denti.
«Non ho paura di te ragazzina».
«Strano, l'altra volta sei scappato con la coda tra le gambe», lo sfido.
Lui è al limite della pazienza, dilata le narici e mi si avvicina sovrastandomi con il suo corpo.
«Che vuoi fare? Picchiarmi?», chiedo sarcastica.

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