CAPITOLO 13

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Xilya

«Lei è nei guai signorina Kelly», afferma l'agente con un'espressione impassibile, come se fosse abituato a dire queste parole.
Annuisco, dato che già ne avevo preso coscienza.
«È nei miei doveri spiegarle cosa accadrà da adesso in poi», mentre mi snocciola i vari passaggi e le procedure da seguire la mia mente si disconnette dalla realtà e i miei soliti pensieri si impadroniscono della mia attenzione.

Come farò ad uscire da questa situazione?
Voglio davvero che vada a finire in questo modo?
Come sempre sono io a passare per la cattiva della storia, per la menefreghista. Sarò sempre la carnefice e mai la vittima.
Ma anche se dovessi dire la verità, cioè che io non mi sono drogata, ma mi hanno drogata, chi mai ci crederebbe.
Kate e il mio staff in più di una situazione hanno ripulito la mia immagine o cercato di nascondere la mia evidente passione per le sniffate ma, di certo qualche fuga di notizia c'è stata nei giornali e riviste di gossip.

Inoltre non è che io mi sia impegnata poi molto per tenere celato questo mio lato.
Beh sniffare cocaina dagli addominali di una celebrità di Hollywood nel club più frequentato di New York con centinaia di giornalisti pronti a sbatterti in prima pagina, non è stata proprio una grande idea.

«Ha capito, signorina?»

Sbatto un attimo le palpebre e guardo il poliziotto al mio fianco che sembra molto seccato dal mio prestargli poca attenzione.

«Cosa?»

Lui allarga le narici come un toro furente e borbotta qualcosa tra sé e sé.
«Il mio collega ha detto che lei per i prossimi giorni resterà qui in ospedale per monitorare la sua salute. Poi la accompagneremo nella struttura dove sta seguendo il percorso di disintossicazione per fare le valigie. Il giudice deve ancora decidere se mandarla in una struttura più controllata con qualche agente che si occupi di supervisionarla o se mandarla in prigione e darle le cure direttamente in carcere», mi rispiega il suo collega vedendo l'altro in difficoltà.

Questo agente ha un tono molto meno freddo e si rivolge a me quasi con dolcezza.

Sono l'impersonificazione del poliziotto buono e quello cattivo.

Si assicurano che io abbia compreso poi con un cenno del capo si dileguano.

Anche l'infermiera dopo essersi assicurata che stessi bene e aver controllato i miei parametri dalle macchine a cui sono attaccata, se ne va.

Ora sono sola.
Ma in realtà non lo sono mai.
I miei pensieri, le mie paure mi fanno anche troppa compagnia.

Rimango non so quanto tempo immobile nel letto, con le mani sulla pancia a fissare il soffitto.
Mentalmente conto i bip che produce la macchina al mio fianco.
1...2...3...4...5...
Piano piano entro in trance e il soffitto bianco diventa un'immensa distesa che io guardo ma che non vedo.
Regolo il respiro e mi concentro solo sui rumori constanti e che trovo quasi confortanti.
Seguono una sequenza ben precisa, un ritmo, e non cambiano mai.
Dopo il ventesimo bip ho la certezza che ci sarà il ventunesimo e sapere cosa ci sarà dopo mi fa provare uno strano senso di controllo e pace che mai ho avuto.

Con un accenno di sorriso, chiudo gli occhi e mi addormento.

Aaron

Non sono sicuro di come mi sento.
Sono felice perché oggi, dopo più di due settimane di controlli e monitoraggio, Xilya uscirà finalmente dall'ospedale. In tutti i giorni passati sono andato a farle compagnia.
E abbiamo sempre evitato di parlare di quello che sarebbe successo una volta arrivato il giorno della sua dimissione dall'ospedale.

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