CAPITOLO 10

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Aaron

Mi sembra di essere in apnea.
Ho la sensazione di star vivendo sotto una massa d'acqua che mi opprime i sensi.
Sento tutti i rumori ovattati.
Non sono sicuro di cosa sia successo dal momento in cui Joy mi ha avvisato del ritrovamento di Xilya ad ora, che sono seduto su una sedia fredda e dura.

L'odore pungente di disinfettante mi risveglia ogni tanto dal torpore che prende possesso del mio corpo.
Sono in ospedale da 72 ore.
Non faccio altro che agitarmi, addormentarmi sulla sedia e chiedere continuamente notizie di Xilya come se non fosse in coma.

Non ero presente quando hanno trovato il suo corpo gettato da qualche parte nel bosco vicino alla clinica. Né quando l'hanno trasportata d'urgenza in ospedale.

Sono venuto direttamente qui e ho trovato una Joy in lacrime. Penso sia stata la prima volta che l'ho vista piangere.

Sbiascicava parole incomprensibili ma una mi è arrivata forte e chiara: overdose.

Xilya è in coma per overdose.
Vicino al suo corpo senza sensi c'erano due siringhe.
E io non so cosa pensare.
È fuggita solo per iniettarsi la cocaina?

E soprattutto dove l'ha trovata?
Non credo che ce l'avesse già dall'entrata in struttura.
L'avrebbe già usata.
In questa storia c'è qualcosa che non quadra.

Con la mano tra i capelli e il gomito sul ginocchio cerco di calmare il mal di testa prepotente che mi ha assalito.
Ci vorrebbe una bella Tachipirina.
Qualcuno mi accarezza le spalle.
Joy è in piedi davanti a me con delle occhiaie molto marcate.
Mi porge una tazza che dall'odore che emana presumo contenga caffè.

Se solo ingerissi qualcosa sono sicuro che il mio stomaco non ne sarebbe contento.
In parole povere vomiterei.
Ho la nausea per il nervosismo.
Quindi rifiuto.

Non so come, non so perché ma Xilya è diventata una persona a cui tengo. È importante per me.
Non voglio nemmeno prendere in considerazione l'idea di non vederla più. Di non passare più i pomeriggi con lei sotto il gazebo a leggere e a sentire le sue teorie sui libri. Non voglio scoprire chi abbia ucciso Hop nel libro di Couty senza di lei. Non esiste.

Joy si siede affianco a me, poggia una mano sulla mia coscia e mi accarezza. Noto che sto muovendo la gamba ansiosamente. Mi fermo.
«Aaron vai a casa, domani hai scuola».
Mi giro di scatto a guardare Joy in faccia come se avesse detto una bestemmia. Come può pensare che io possa anche solo alzare il culo da questa sedia paragonabile ad una pietra per scomodità?
Lei nota il mio palese disaccordo e con un sospiro chiude la questione.
Gliene sono grato.

«Aaron...Aaron», sento qualcuno scuotermi.
«Aaron svegliati».
Apro lentamente le palpebre, sento il corpo pesante, come se mi fosse caduto addosso un macigno.
«Xilya», biascico.
Mi gratto gli occhi cercando di mettere meglio a fuoco chi ho davanti.
Ma la visione non cambia. È lei.
«Xilya?»
«Certo che sono io schiocco», mi dà una scompigliata ai capelli.

«Che ci fai qui?»
«Sono qui per leggere», da una borsa che non avevo notato avesse tira fuori il libro che stiamo leggendo insieme.
«Io...non capisco...»
«Cosa non capisci? Siamo nel giardino come tutti i pomeriggi a leggere, Aaron. Dai basta chiacchiere, io voglio scoprire chi ha mandato la lettera all'ispettore Diun», mi afferra il braccio e mi fa alzare.
Siamo nel giardino?
Mi guardo intorno e mi rendo conto che ha ragione.
Ma come ci sono arrivato?
«Xilya...fermati un attimo», pianto i piedi per terra e la giro nella mia direzione.
Lei sbuffa e scocciata mi guarda negli occhi.
«Quel è il problema Aaron?»
«Che ci fai qui? Quando ti hanno dimessa e soprattutto che ci faccio io qui?»
Lei mi fissa come se fossi pazzo.
«Dimessa da dove? Hai preso una botta in testa? Hai la febbre?» mi appoggia una mano sulla fronte.
«Xilya tu sei in ospedale, sei entrata in coma. Fino a poco fa ero in sala d'attesa e ora mi ritrovo qui con te».
Ok forse sono diventato matto.

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