IX.

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Raissa sbirciò con la testa dentro lo studio di Law. Sapeva che nessuno poteva entrarci, però si stava annoiando a morte senza sua sorella. In più aveva voglia di stare un po' con lui. Erano giorni che si chiudeva lì e lo vedeva solo a cena.
Bussò piano e sentì un avanti detto distrattamente. Non se lo fece ripetere due volte ed entrò tutta pimpante fermandosi davanti alla scrivania.
Era seduto con tre tomi aperti che, a giudicare dai disegni parlavano di medicina, e si annotava qualcosa su un piccolo quaderno.
Alzò di poco lo sguardo per vedere chi era e poi lo riconcentrò sui suoi studi.

"Cosa c'è?" le chiese, visto che Raissa non si decideva a parlare.

Gli sorrise e si sedette per terra, accanto a lui.

"Mi annoio."

"E cosa vuoi da me?"

"Un po' di compagnia." 

Law la guardò stranito.

Le sembrava la persona giusta dove cercare un po' di compagnia?

"Sicuramente Shachi e Penguin non vedono l'ora di giocare con te. Va da loro."

Raissa mise il broncio.

"Non mi va, voglio stare qui."

L'uomo alzò un sopracciglio leggermente irritato.

"Non ho tempo per te. Devo studiare".

"Starò buona, lo prometto, ma non mi cacciare!" lo pregò unendo le mani.

Lui mosse velocemente la mano.
Era davvero insistente, non valeva la pena discutere.

"Va bene, ma stai zitta" la accontentò.

Raissa fece finta di chiudersi la bocca con la mano e di gettare via la chiave.
Sempre così teatrale.
Law alzò gli occhi al cielo e si concentrò di nuovo sui libri.
Raissa nel frattempo si era seduta per terra e lo fissava. Lo faceva così spesso che ormai sapeva a memoria i suoi movimenti più frequenti. Come quello di toccarsi il mento, oppure il movimento rapido degli occhi quando leggeva velocemente. Era proprio bello Law, quello pensava ogni volta che si soffermava a guardarlo più del dovuto. 

Dopo una decina di minuti cambiò posizione e si distese sul pavimento, ma neanche così era comoda, così dopo altri dieci minuti strisciò silenziosamente vicino alle gambe dell'uomo finendo praticamente in ginocchio davanti a lui.

"Law?" lo chiamò sottovoce.

Lui si era accorto dei mille spostamenti che aveva fatto e si stava irritando.
Sospirò. 

"Che c'è?" 

"Posso provare il tuo cappello?"

L'uomo piegò il viso verso il basso e la guardò malissimo. 

"No."

Raissa sbuffò e si avvicinò ancora di più a lui appoggiando la mano sulla sua caviglia.
Per un attimo la testa di Law fu attraversata da sconcezze. Ma averla lì, quasi in ginocchio davanti a lui, gli aveva mandato un momento il cervello in tilt, ma fu solo un momento, poi si riprese e tornò con la sua espressione dura.

"Perché non me lo dai?" insistette.

"Perché è mio."

Raissa sbuffò ancora e poi tornò silenziosa.
Law la guardò sospettoso. Sapeva che sarebbe durato poco quel silenzio.
Si riconcentrò sui libri, e proprio come aveva previsto, altri dieci minuti dopo Raissa aprì di nuovo bocca.

"Law conosci la leggenda del filo rosso del destino?" 

Non si aspettava certo una domanda del genere.
Ancora una volta rispose accontentandola.

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