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I giorni trascorsero, Leta parlava poco, giusto per abituarsi al suono della sua voce. Le piaceva. Certo, probabilmente le sarebbe piaciuta in ogni caso.
Una cosa però aveva chiesto più volte a Raissa, ogni volta che si trovava in cabina con lei: le stava bene? Si addiceva al suo viso?
Il resto del tempo lo passava a spiare passivamente da qualche oblò. Sotto le acque dell'oceano la nave di Kidd navigava dietro di loro, appena visibile solo grazie ai fari del Polar Tang. Eppure, grazie alla sua vista fotografica e perfetta, Leta si ritrovava a zoomare il più possibile, e a volte le pareva perfino di veder camminare delle sagome sul ponte, dato che la nave aveva il suo rivestimento in resina.

Sentì la porta aprirsi e vide Raissa entrare silenziosamente.
Con uno strano sorriso la salutò.

"Ciao Leta, come stai? Ti va un po' di compagnia?"

Leta se ne rimase seduta sotto l'oblò dell'infermeria, col capo abbandonato contro un braccio, ma le fece un cenno e le sorrise.

"Certo. Alcune giornate mi sembrano veramente troppo lunghe in convalescenza" ammise. 

Raissa si illuminò nel sentire la sua voce. Non ci aveva ancora fatto l'abitudine, e ogni volta si emozionava.
Corse velocemente verso di lei e la abbracciò.

"Ahh ti starei a sentire parlare per ore e ore! Come sono felice! Tu lo sei?" 

Leta la strinse forte, sperando di trasmetterle tutta la sua gioia.

"Sì! Ed è soprattutto grazie a te. Grazie, Raissa, perché non ti sei arresa anche per me! Io... non ho fatto togliere il microchip che lega le nostre menti. Diciamo che è come se lo avessi fatto passare in modalità manuale. Posso ancora comunicare telepaticamente con te se lo voglio. Potrebbe tornarci utile, in caso di necessità...tu che ne pensi?"

Non era cambiato niente radicalmente, la mente delle due ragazze funzionava come una sorta di monitor. Oltre allo zoom, Leta avrebbe mantenuto in background anche la funzionalità della recezione dei messaggi mentali. Semplice, no?  

Raissa annuì energicamente.

"Certo, come sempre hai ragione. Poi papà ne sarebbe contento. Era davvero soddisfatto di questa sua invenzione. Pensi che lo rivedremo? Sembra scomparso nel nulla, a volte temo che non lo rivedremo mai più." ammise con la testa bassa.

Leta si guardò i palmi delle mani per un attimo, pensierosa.

"Non lo so... ci penso spesso. Ma tutti gli anni passati ad indagare non ci hanno portato a niente. Abbiamo scoperto tantissime cose su tantissime persone, perfino del Governo, ma non una singola traccia su papà. Insomma, hai persino scoperto della D. nel nome di Law..." borbottò.

Poi si massaggiò la gola, si allungò a prendere la bottiglia d'acqua sul comodino vicino la sua brandina e bevve un sorso.

"Raccontami qualcosa, che succede sul Polar Tang in questi giorni? Ogni tanto vengono a trovarmi anche gli altri, e anche Law fa il giro per vedere come procede il mio riposo". 

Raissa si agitò subito a sentir nominare il nome di Law.
Erano passati due giorni da quando l'aveva rifiutata freddamente, e lo evitava come la peste. La cena e il pranzo li stava facendo in camera sua, oppure in infermeria con Leta. Ci era rimasta troppo male e aveva deciso di andare avanti, solo che aveva bisogno di vederlo il meno possibile.

Lontano dagli occhi, lontano dal cuore, così si dice, ma magari fosse stato vero.

Sospirò e cercò di non far notare la sua tensione alla sorella, non voleva farla preoccupare.

"Niente di che, la solita noia. Shachi e Penguin fanno i cretini, Bepo saltella su e giù, mentre il capitano non lo vedo spesso. Ma parliamo d'altro! Tra quanto potrai uscire da questa stanza?" cercò di cambiare argomento sperando di averla scampata.

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