La notte dopo la battaglia ci fu una grande festa nell'accampamento. Faceva freddo a quelle altitudini e le scorte erano quasi esaurite. Gli uomini erano stanchi, molti feriti e in parecchi avevano perso nell'assalto amici o congiunti, ma Galanár aveva amministrato con parsimonia le riserve di vino e, durante il giorno, aveva inviato dei giovani palafrenieri a caccia di selvaggina. Così al calar del sole, dopo aver dato sepoltura ai corpi dei caduti, medicato le lesioni e cercato il giusto riposo, i soldati accesero grandi fuochi senza più timore di essere scorti dai nemici, e le carni arrostite accompagnarono brindisi gioiosi e canzoni.
Galanár camminava tranquillo in mezzo ai suoi soldati. Nessun purosangue con cui calpestare i corpi dei nemici, nessuna brillante insegna del comando sul petto. Riparato dal freddo da un comune mantello di lana grezza, indossava dei semplici calzoni, una camicia e alti stivali di cuoio scuro. Solo Ariendil restava affibbiata alla cinta stretta al suo fianco, con la dragona che ondeggiava finalmente slacciata.
Aveva appena lasciato la tenda di Mellodîn, dove aveva trascorso gran parte del pomeriggio a narrare al capitano gli ultimi avvenimenti della battaglia. Si fermava volentieri a parlare con i suoi uomini. Scambiava con loro qualche parola e accettava di partecipare ai brindisi attorno ai fuochi. Man mano che la sua mente cominciava a essere sgombra dai pensieri di guerra, all'ebbrezza del sangue si sostituiva l'ebbrezza del vino, che rinnovava altri desideri. Dopo l'incidente occorso al suo amico, si era lanciato nella mischia con cieco furore. Non aveva più pensato a lei. In un solo istante, quel suo vagare tra i falò e i canti dei soldati cominciò ad assumere un significato nuovo: aveva il sapore aspro e invitante di una battuta di caccia.
Era senza dubbio un gioco allettante, ma dove trovarla? C'erano uomini e tende ovunque, non sarebbe stata una impresa facile. Tuttavia, soffermandosi su quel ricordo concitato, rammentò un dettaglio al quale, in un primo momento, non aveva prestato grande attenzione: quando era corsa al suo fianco, quella donna si era scoperta il capo. I capelli neri, lucidi e lisci, avevano la stessa natura setosa dei suoi. Ancor di più, le lunghe orecchie a punta erano segno inconfondibile della sua razza. Non era una donna, era un'elfa.
Il suo esercito era composto, salvo qualche eccezione, da soldati provenienti dai sei regni della Lega. Quando si era proposto come campione di Laurëlindon nella campagna contro i Nani, però, aveva accolto tutti gli elfi decisi a combattere con lui quella battaglia. All'inizio solo in pochi si erano uniti alle sue truppe, vista la diffidenza che da sempre quel popolo nutriva verso gli uomini. Con il proseguire della campagna, tuttavia, molti si erano presentati al principe offrendo i propri servigi. Erano soprattutto arcieri, maghi e guaritori, perché queste erano le arti in cui il popolo elfico eccelleva. Era comunque un buon indizio per il principe perché gli elfi, pur obbedendo agli ordini dei loro diversi capitani quando erano sul campo, non avevano familiarizzato con i propri pari nell'esercito e, durante le soste, continuavano a riunirsi in tende separate. Questa loro pratica restringeva notevolmente il suo terreno di caccia.
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Il figlio dell'Idra (Arthalion's Chronicles #1)
Fantasy"Figlio mio, leggende e profezie servono a ricordarci l'origine e il senso della nostra vita. Rammenti il nome con cui vieni chiamato nelle storie e nelle ballate?" "Il Figlio dell'Idra, il Principe del Sogno". "Sì, è così. Non dimenticare che, nell...