43. EX MALIS ELIGERE MINIMA

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Edhel si era ripreso dalla fatica del viaggio ed era guarito dalle ferite. Si sentiva abbastanza in forze per restare sveglio, quella notte. Doveva solo attendere che calasse il buio e che tutti si addormentassero.

Perso nei suoi ragionamenti, passeggiava pigramente avanti e indietro, lungo il loggione che guardava il cortile interno del palazzo. Il rumore regolare dell'acqua che scorreva nella fontana decorativa del giardino faceva rivivere in lui il ricordo della torre e della sua fuga.

Accarezzò distratto la superficie pietrosa della balaustra. Fissava il cielo chiaro a intervalli ossessivi, come se il suo sguardo avesse potuto accelerare i moti celesti che lo avrebbero avvicinato all'ora in cui avrebbe potuto realizzare il suo disegno segreto.

Un rumore concreto, il lieve fruscio di una veste, lo riportò alla realtà. Dietro uno dei pilastri del loggione, una fanciulla restava seminascosta e lo spiava con curiosità. Quando si accorse che anche lui la guardava, si  appoggiò senza indietreggiare. I capelli rilucevano come oro e gli occhi avevano un colore speciale, tanto raro nella natura elfica quanto familiare per lui: erano come i delicati fiori delle Jacarande che riempivano Arthalion.

Riconobbe in lei la novizia con cui aveva parlato al monastero. Durante il viaggio di ritorno, aveva compreso che si trattava proprio della sorella di Silanna, per quanto la loro assoluta diversità nell'aspetto gli rendesse parecchio difficile fare quell'associazione.

La ragazza non parlava e tuttavia non sembrava intenzionata ad allontanarsi. Divertito da quello strano gioco di occhiate furtive, Edhel la sfidò a sostenere il suo sguardo e, alla fine, Adwen cedette. Abbandonò il suo posto e si avvicinò.

"State bene, incantatore?", domandò con voce morbida.

"Incantatore?"

Edhel ripeté quell'appellativo arricciando il naso in una smorfia di piacere, quindi scoppiò in una sonora risata, che gettò la fanciulla in un profondo imbarazzo.

La guardò arrossire e si compiacque della reazione che aveva provocato. Con espressione spensierata, si fece di qualche passo più vicino, poi proseguì con tono che voleva apparire serio.

"Io sono Edheldûr, figlio di Maldor. Sono il principe di Arthalion".

A quelle parole, Adwen abbassò subito il capo e gli rivolse un profondo inchino.

"Chiedo perdono, vostra altezza. Io non sapevo..."

"Non importa", la interruppe lui con un sorriso. "Mi piace il modo in cui lo dite. Chiamatemi pure incantatore".

Le lanciò un ultimo sguardo come fosse stata una monetina. Lei sentì le labbra che le tremavano per l'emozione. Avvampava ancora al ricordo del suo abbraccio, mentre il monastero crollava. Le sembrava un'emozione inadatta da provare, soprattutto se considerava la drammaticità della situazione e il fatto che lui fosse un perfetto sconosciuto, ma non riusciva a liberarsene.

Lo vide sparire lungo le scale, quindi restò immobile a fissare lo spazio che lui aveva occupato, riempiendolo della propria immaginazione.

"Che voleva?"

La voce di Silanna, dura, affilata, contro la sua schiena. Il risveglio sembrò ad Adwen violento e inaccettabile.

"Nulla", balbettò, cercando di nascondere la sua sorpresa per quell'apparizione.

La sorella si fece avanti, calmissima. Si appoggiò alla balconata, ispezionò il giardino per assicurarsi che Edhel fosse andato via, quindi si girò a fronteggiare la giovane.

"Ricordi quanto ti ho detto al monastero, quando siamo andate via? Bene, gli ordini non sono cambiati: dimentica quell'incantatore".

Adwen la studiò diffidente,

Il figlio dell'Idra (Arthalion's Chronicles #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora