37 | Non c'è niente da amare in me

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CAPITOLO 37
Non c'è niente di amare in me

Ritorno nella mia stanza, non so esattamente quando e come ma lo faccio. Con la mano sulla maniglia della porta chiusa davanti a me, sposto gli occhi sulla parete accanto e la fisso per secondi interminabili, troppi. I brividi che mi attraversano come schegge le guance che si conficcano dentro il mio petto, nel mio cuore, che si infilano nelle vene e fanno il giro di ogni capillare possibile.

E scatto.
Un urlo di rabbia, frustrazione e dolore esce dalla mia bocca, il mio pugno sbatte con violenza contro la parete. Ancora, ancora e ancora mentre la gola mi viene graffiata con prepotenza dai lamenti.
Un altro pugno, un altro ancora, fino a spaccarmi le nocche, finché la vernice bianca non si tinge di tracce di sangue.

Ancora, un'altra volta.
Urlo, ringhio, mi lamento e un altro pugno si conficca nel cartongesso finché non si inclina, non si squarcia del tutto.
E mi allontano. Mi fermo di getto.
Gli occhi sbarrati guardano la parete, poi si abbassano sulla mano che mi sta tremando con forza. Le nocche sbucciare, imbrattate di sangue. Il fiato pesante, tremolante e irregolare. La carne che mi freme da ogni punto, il petto che mi fa male, mi mozza il fiato, le lacrime che mi scendono copiose sul viso, che mi scivolano sulla pelle roventi.

Che cosa ho fatto?
Cosa... cosa ho fatto?

Non so darmi una risposta, io non so darmela. È successo troppo così rapidamente e non ho saputo come interrompere tutto quello. Avrei potuto farlo? Io non lo so. Sì? Avrei potuto? Forse, credo... non lo so.
Non lo so.

A piedi nudi indietreggio lentamente dal muro, mi volto verso la scrivania, le lacrime che mi annebbiano la vista. Non ci vedo un cazzo.

Che cosa ho fatto?

Con un movimento secco afferro tutto quello che c'è sulla scrivania e lo scaravento a terra. Dalla bocca mi esce un altro urlo di disperazione.
Alcune cose finiscono con violenza contro il pavimento, altre sbattono contro la parete accanto.
E mi allontano. Raggiungo a piccoli passi il letto. Le mani tra i capelli. Li tiro con rabbia e impotenza.
Mi lascio cadere sulla moquette, di spalle al letto, le ginocchia al petto e le mani a coprirmi il viso.

Che cosa ho fatto?

L'ultima persona che mi rimaneva io l'ho mandata via da me. L'ho allontanata. L'ho delusa.
Logan... il mio unico e vero miglior amico, il ragazzo più dolce che io abbia mai incontrato nella mia vita, l'unica cosa bella che avevo... il ragazzo che mi ha amato fino all'ultimo respiro, il ragazzo che io amavo.

Io... lo amavo.
È questa la cruda verità che ho sempre rinnegato a me stessa. Lui non era una piccola cotta, non lo è mai stato.
Io di lui ero profondamente innamorata.
Forse ho iniziato ad amarlo quella volta quando mi ha fatto compagnia sul divano a guardarci 9 Underground, oppure quando abbiamo guardato le stelle insieme e mi ha riportata a casa dopo il casino allo Yosemite National Park. O forse mi sono innamorata di lui per il suo modo di fare, la sua gentilezza nascosta tra le righe delle sue battute.

Noi eravamo giusti insieme ma... io non ero giusta per lui, non adesso, non quando ho perso tutto.
Ma mi rimaneva lui.
Lui c'era.
E allora perché... perché ho fatto tutto quello che ho fatto?

Io sono senza speranza.
Rido tra le lacrime e mi asciugo il viso.
Sono senza speranza, è questa ragione. La realtà dei fatti. Niente è stato più limpido di così, mai.
Io non sono fatta per essere amata e né tantomeno per dimostrare amore perché non so come farlo e ogni volta che di mezzo ci sono dei sentimenti scappo sempre pur di non affrontarli perché non so con certezza che cosa potrebbe uscirne fuori.
Ma di lui mi fidavo. Io mi fido.
L'ho fatto dal primo istante che l'ho incontrato senza nemmeno rendermene conto.
Ma io non sono giusta per lui. Merita di meglio, qualcuno diverso da me che lo apprezzi veramente e che lo faccia sentire felice e spensierato com'era quando noi due non ci conoscevamo ancora.

Cuori in Tempesta 2 |  ❗In RevisioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora