Iridi e stelle

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Remi

Entrai in casa e mi tolsi le scarpe, poi andai in cucina per vedere se c'era mia madre, ma sul tavolo trovai solo un biglietto: "ciao tesoro, a lavoro mi hanno chiamata per un' emergenza, torno tardi sta sera. Sui fornelli c'è della pasta già pronta, riscaldarla nel microonde. Poi, dopo cena, se vuoi andare a farti un giro, vai pure. Baci, mamma"
Mia madre gestiva un' editoria visto che da giovane era stata scrittrice.
Andai di sopra e misi lo skateboard in camera, poi mi sedetti alla scrivania e iniziai a fare i compiti per i giorni successivi.
Finii per prima matematica, poi scesi di sotto e presi dalla dispensa un pacchetto di mikado al cioccolato fondente.
Poi tornai e iniziai a fare chimica mentre mangiavo quel ben di dio.

Quando finii tutti i compiti ormai erano già le 19:30.
Avevo fame, così scesi di sotto per mangiare: riscaldai la pasta, mi misi seduta e la finii in tre secondi.
Avevo ancora fame, così presi dal frigo una mela e, dopo averla strofinata sulla felpa per pulirla, andai di sopra lanciandola e riprendendola con la mano.
La addentai e iniziai a tirare fuori i libri dallo zaino per preparare le cose per il giorno dopo.
Li misi sulla scrivania, per poi tirare fuori quelli che mi servivano da uno scatolone e li misi nello zaino.
Stavo per rimettere via i libri che avevo lasciato sulla scrivania quando mi accorsi di una strisciolina di carta che usciva da uno dei libri.
Non l'avevo messa io, e questo era certo, così mi avvicinai e la sfilai dal libro.
Era un bigliettino giallo, con un numero di telefono scritto con una penna in gel nera.
Rimasi li a contemplarlo per qualche secondo, poi, decisa di scoprire di chi fosse quel numero, mi alzai in piedi e, mentre mangiavo la mela, corsi giù in cucina a riprendere il telefono che avevo lasciato giù.
Lo presi, mangiai l'ultimo pezzo di mela e buttai il torsolo. Poi corsi di nuovo sopra e mi sedetti rumorosamente sul letto, rimbalzando sul materasso.
Presi il telefono e aprii il tastierino: lo zaino poteva aspettare ancora qualche minuto.
Digitai lentamente il numero di telefono, facendo attenzione per non sbagliare.
Una volta finito salvai il contatto ed aprii whatsapp.
Ero indecisa sullo scrivere o meno, ma alla fine cedetti alla curiosità: 'Ciao, ho trovato il tuo numero nel mio zaino'
Mi fermai li ed inviai il messaggio. Spensò il telefono e lo buttai dall'altra parte del letto, per poi stendermi a pancia in su. Sospirai, poi però mi accorsi che avevo dimenticato la parte più importante del messaggio.
Mi tirai su di scatto, presi il telefono e inviai un secondo messaggio 'Chi sei?'
Decisi di spegnere completamente il telefono e lo misi in tasca.
Mi rigirai un paio di volte nel letto, tentando di non pensare alla giornata che avevo appena trascorso.
Poi, ad un certo punto, mi alzai in piedi.
Non riuscivo a smettere di pensare a Noah.
Le sue lentiggini come galassie mi perseguitavano nel buio e il suo sorriso mi tormentava.
Avevo bisogno di distrarmi.
Presi lo skateboard e uscii di casa, con il telefono spento in tasca.

Dopo poco arrivai allo skate park.
Ormai era abbastanza tardi e la notte aveva già immerso nel buio tutta Toronto.
Mi era sempre piaciuta la notte: tutte le mie paure svanivano, inghiottite dal buio, ma allo stesso tempo c'erano la luna e le stelle a farmi compagnia e ad illuminarmi la strada.

"Remi! Guarda le stelle! Non sembrano anche a te bellissime?"
La nonna guardava sempre le stelle.
In estate passavo due settimane da lei, perché i miei non mi portavano quasi mai in vacanza e non avevo parenti che si offrissero di portarmi con loro.
La nonna viveva in montagna.
Diceva che da lì si sentiva più distante dalle sue preoccupazioni, e che il tempo scorreva più lento.
Amavo andare da lei: le lunghe passeggiate, fare a gara a chi trovava più lamponi e giocare infinite partite a carte a cui, ovviamente, perdevo sempre.
Anche per me era un posto dove scappare dai problemi odierni, dalle litigate dei miei genitori, dalle frasi dolorose dei bambini a scuola.
Nonna c'era sempre se avevo bisogno di parlare.
Era l'unica che mi chiedeva come stavo, e riusciva a capire cole mi sentivo veramente.
E ogni volta che vedevo le stelle, vedevo lei, perché era la luce che mi aveva insegnato a prendere le decisioni giuste.
Era la luce che mi aveva insegnato a vivere.

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