Chapter10: My stupid heart.

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La presenza di Jace ha scatenato ricordi dolorosi. Mi sono resa conto che le vecchie ferite che pensavo di aver guarito, in realtà si stavano appena cicatrizzando. Ma ora sono riemerse fresche come se fossero state appena inflitte. È passata una settimana dal nostro incontro alla mostra di Edward. Da quella sera il mio stato d'animo sembra tornato quello di tre anni fa.

Se possibile, anche peggio.

La consapevolezza che si aggiri felicemente per le strade di Rosedale, come se Oliver non esistesse, fa nascere in me una rabbia smisurata.

E non dovrebbe, perché ha fatto la sua scelta e dovrei essere abbastanza matura da rispettarla.

Ma suppongo di non aver ancora acquisito questa maturità.

Matura poi... con che coraggio mi dice che non sono matura? Che faccia tosta.

In questi giorni tutti mi stanno addosso. Nessuno fa domande e gliele sono grata, ma mi seguono come se fossi una bomba ad orologeria pronta ad esplodere da un momento all'altro.

E la cosa mi agita ancora di più.

Certo, è piacevole essere circondata da persone che ti vogliono bene e che si preoccupano per te. Ma l'espressione con cui mi guardano, la pietà nei loro occhi... no, quella non riesco a sopportarla.

Non so come, ma ho l'impressione che in qualche modo sia stato coinvolto anche Chris in tutto questo, dato che negli ultimi giorni ha iniziato ad essere particolarmente presente.

Come ad esempio ieri sera, quando me lo sono trovata alla porta di casa con i cartoni delle pizze e il gelato preferito di Oliver. Sono rimasta sulla soglia della porta a guardarlo stupefatta per diversi minuti, mentre lui si accomodava in casa e parlava con mio figlio di un cartone della Disney che avremmo visto di lì a poco.

In aggiunta, l'unica distrazione che avrei potuto avere, la pasticceria di nonna Maggie, mi è stata negata. Maggie ha deciso di chiudere il negozio per qualche tempo, per visitare la sorella malata nel Texas.

E così, mi ritrovo ancora una volta disoccupata, ad infornare muffin ai mirtilli fatti in casa.

"Com'è?" Chiedo ad Olly, seduto sul bancone con le gambe a penzoloni, mentre si gusta un muffin appena sfornato.

"Buono." Biascica lui di rimando a bocca piena, strappandomi un sorriso.

Gli bacio la punta del naso e mi allungo sul bancone per prendere un muffin per me. Mentre addento il dolce, lascio vagare lo sguardo sulla stanza.

È un totale disastro.

In questi giorni c'è stato un via vai di persone. Tutti si sono assicurati che non rimanessi mai sola. Eddie ha persino tentato di posticipare la sua prossima esposizione prevista a New York.

Questa è stata la ciliegina sulla torta.

In un impeto di rabbia, ho sbattuto tutti fuori da casa mia. E non nego che è stato quasi liberatorio. Solo quando mi sono trovata completamente sola con mio figlio ho capito di quanto effettivamente avessi bisogno dei miei spazi. Avevo bisogno del silenzio, per riuscire a metabolizzare e poter andare avanti. Come ho sempre fatto.

"Oggi posso giocare a basket con zio Nico?" La voce di mio figlio mi riporta alla realtà. Le sue iridi chiare mi scrutano speranzose in attesa di una risposta positiva.

"Non vuoi giocarci con la mamma?" Chiedo di rimando e in tutta risposta scoppia a ridere.

"Ma tu non ci sai giocare!" Osserva divertito.

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