Prologo e Capitolo 1

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Ho 17 anni e sono cresciuto in una famiglia decisamente calorosa.

Diciamo la verità, fino a dieci anni ero pure carino con grandi e profondi occhioni marrone scuro, due belle guanciotte che tutti amavano spupazzare e una zazzera di capelli rossicci frutto degli strani incroci razziali della mia famiglia.
Piano piano poi è cambiato tutto. Zia Puh, la vicina di casa continuava a dire a mia mamma che crescendo sarei diventato un bellissimo ragazzo.
Alto, magro e prestante proprio come mio fratello. Ora ero piuttosto qualcosa di molto vicino ad un panda obeso.

Ah dimenticavo. Io sono Inthaiut. L'incredibile oggetto della più sfigata trasformazione adolescenziale. Da cucciolo con le fossette ad abbozzo di maschio dalle forme strabordanti. Sono cresciuto a Phrae, in montagna. Posto meraviglioso se vuoi riflettere sulla tua vita o guardare i tramonti lungo il fiume ma dove io, per lo più, passavo il tempo annoiato ad ingozzarmi, complice una famiglia dove il cibo era la migliore espressione di affetto.
E ora stavo affrontando la piena adolescenza come se dovessi affrontare chissà quale battaglia.

E' necessario che io sottolinei che nella mia giornata tipo non c'era molto spazio per gli amici? Non che non volessi, ma a parte il mio storico compagno di banco, il mio carnet di amici era desolatamente pieno di ragnatele. Wariphol, il mio miglior amico, era il mio esatto contrario. Gran bel ragazzo, secondo tutte le ragazzine della scuola eppure aveva scelto me come amico.

Il primo giorno di scuola, si era seduto al mio fianco nel banco e aveva cominciato a chiacchierare come se ci conoscessimo da sempre. E da quel momento c'era sempre stato. Anche quando avevo crolli di depressione. Mi incitava e mi aiutava sempre rimproverando solo i miei assurdi balbettamenti quando qualcuno mi si avvicinava. Dovevo essere un gran spettacolo!

Il mio volto assumeva lo stesso colore dei miei capelli, abbassavo la testa e incominciavo a balbettare trattenendo il respiro per un tempo indistinto che finiva per trasformare il rosso imbarazzo delle mie guance in un magnifico colore blu "sto soffocando".

Il problema è che non riuscivo ad essere me stesso. A detta di War e delle poche altre persone che mi conoscevano sul serio... ero simpatico, allegro, battuta pronta e chiacchierata facile. E invece quando dovevo gestire un qualsiasi dialogo con il mondo, ero capace di diventare una statua di gesso. Parole zero. Sguardo nel vuoto. Neanche avessi visto un fantasma.

E la soglia della disperazione aumentava a livelli massimi quando la mattina entravo in classe e i miei occhi, maledetti occhi, cercavano immediatamente il terzo banco della seconda fila dove c'era lui.

E quando il "lui" in questione è il più appetibile adolescente della scuola mentre tu sei parte del mobilio, allora non hai che da fare una cosa. Guardare. E basta. E io guardavo, di sottecchi, sperando che nessuno riuscisse a intercettare i miei sguardi.

Il lui in questione era Sangham, 17 anni, 1.85, capelli corvini, occhi color della notte, bravo a scuola quanto me. Sempre sorridente, sempre ben vestito, neanche un filo di grasso. Devo aggiungere altro? Ah sì, un elemento essenziale. Odioso. Borioso. Antipatico. In poche parole, ero pazzo di lui. Sangham sapeva perfettamente di essere al centro dell'attenzione, femminile e maschile e sarebbe stato anche difficile non saperlo. Quando camminava nei corridoi, si percepivano i sospiri di chi lo guardava!
Sapeva e se ne beava. Quando si rendeva conto di essere osservato, gli compariva un sorrisino che gli faceva sollevare solo un angolo della bocca dandogli un'aria da bello e impossibile. Ovviamente, ai suoi occhi, io ero il nulla più assoluto. War che sapeva di queste mie fantasie mi ripeteva in continuazione che ero troppo intelligente per perdere tempo anche solo a pensare a Sang.

"In, smettila di pensare a quell'idiota! Scommetto che passa il suo tempo a guardarsi allo specchio! Ma ti rendi conto che si crede un principe ereditario? Cammina per strada come se il mondo fosse suo!". Provavo a negare, ma mi si leggeva in faccia a chi pensavo ma in fondo sognare non costa niente. Non che non avessi altri pensieri, beninteso. Amavo leggere e ascoltare musica e amavo chiacchierare con il mio amico.

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