VIII

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Passarono le settimane e le giornate mi sembrarono tutte uguali:
Mi svegliavo, mi preparavo, andavo a scuola, mangiavo, studiavo, mangiavo e dormivo.
Tutte così apparte quando andavamo dalla mamma.
Papà ce la stava mettendo tutta per cercare di smettere di bere, questo grazie a mio zio.

Ah giusto, mio zio in quel periodo era tornato in Canada, dalla sua famiglia, per recuperare suo figlio e portarlo qui in città con noi.

-Ma tu te lo ricordi Jeremy?- mi domandò Cassidy riferendosi a nostro cugino.
-Poco- risposi.
-Neanche io lo ricordo molto-
Continuammo a sparecchiare e poi la porta d'ingresso si aprì.
-Tobia è fuori- avvertì papà entrando.
Cassidy mi guardò e fece un sorrisino, poi tolse lo sguardo e continuò a lavare la scodella che aveva fra le mani.
Le feci il dito medio e lei rise, dopodiché finii di togliere le cose dal tavolo e uscii.

-Tob- lo chiamai.
-Posso stare da te per un po'?- disse tutto di un fiato
-Come?- alzai le sopracciglia.
-I miei mi buttano fuori-
Spalancai gli occhi e lo fissai.
-Perchè?-
-Una cazzata, niente di importante- esitò.
-Tobia- lo intimai a raccontarmi tutto.
-Comunque, se mi fai stare da te per un po' poi ti dovrò un grandissimo favore e dopo invaderò casa Kaulitz, casa di Gustav e casa di Georg- pregò.
-Certo, però devi stare sul divano- spiegai.
-Va benissimo- sorrise abbracciandomi.
Sentii delle voci provenire da dietro di lui quindi mi sporsi per capire chi ci fosse.

-Perchè ci sono anche loro?- risi indicando Gustav, Georg, Tom e Bill dietro ad un cespuglio che ci fissavano.
-Oh, giusto!- si mise la mano sulla fronte.
-Uscite!- li chiamò poi.

-Ciao- risero tutti e quattro avvicinandosi.
-Ciao- scoppiai a ridere.
-Perchè siete tutti davanti casa mia?- chiesi.
-Se avessi detto di no qualcuno di noi avrebbe dovuto ospitarlo, quindi ci volevamo assicurare che accettassi- ridacchiò Georg.
-Ah, okay, credo, volete entrare?- chiesi.
Loro si guardarono e annuirono.
-Venite- feci strada.

-Mettetevi dove volete, tranquilli-

-Cass!- la chiamai.
-Che c'è?-
-Tob ha bisogno di stare da noi per qualche giorno, va bene, giusto?-
-Eh, si, va bene-
-Perfetto-
Prima che mi voltassi mi prese la manica della maglietta e mi tirò a sé.
-Hai visto che strano, c'è Tom!- disse sarcastica.
-Cogliona- mormorai ridendo e lasciando la sua presa.
Tornai all'ingresso e vidi tutti e cinque loro nel divano.

-Ha detto che puoi rimanere- annunciai riferendomi a mia sorella.
-Grazie Cassidy!- urlò.
-Prego!- urlò lei a sua volta.
-Menomale- sussurrò Tom al fratello.
-Guardate che da lei ci sto poco quindi verrò da voi molto presto- rise Tobia.
Tom alzò gli occhi al cielo e mi guardò.
-Tienilo più che puoi, ti prego-
Io scossi la testa.
-Assolutamente no! prendetevelo pure!- risi insieme a tutti loro tranne Tobia che fece il finto offeso.

-Che vogliamo fare?- chiese Bill.
Nessuno diede idee finché Tobia non si ricordò di una cosa.
-Cazzo, la roba!-
Non capii all'inizio, poi Tom mi spiegò.
-Sapeva che avresti accettato infatti aveva già preparato la borsa, che però ha lasciato a casa sua, dove i suoi non vogliono vederlo-
Guardai Tobia che mi fece un sorrisetto.
-Elena- iniziò.
-No- dissi subito prevedendo la sua domanda.
-Ti prego!-
-No, Tobia!!-
-Non si incazzeranno con te!-
-Certo che si incazzeranno come me, sto ospitando il loro figlio!-
-Loro non li posso assolutamente mandare- disse parlando dei quattro ragazzi di fianco a noi.
-No non ci vado-
-Per favore-
-Ti odio- dissi infine alzandomi.
-E noi?- chiese Bill.
-Fate quello che volete tanto mio padre sicuramente dorme e Cassidy starà in camera sua- spiegai. Annuirono e poi io iniziai ad uscire.

Mi incamminai per la lunga strada fino alla fine della piccola discesa che separava casa nostra dalla città.
Non vidi uno scalino e inciampai.
-Uh, vaffanculo-
Cercai di alzarmi e poi una mano si presentò di fronte a me.
La aggrappai e poi alzai lo sguardo e vidi Tom ridere.
-Tutto okay?- chiese
-Che fai qui?- feci un'altra domanda
-Venire con te era meglio che stare con loro a casa tua- sorrise. Ricambiai e poi riprendemmo a camminare.

Arrivammo a casa di Tobia e sentimmo i suoi genitori litigate e sbraitarsi contro.

-È solo Tobia!- urlò sua mamma
-Questo non cambia ciò che ha fatto!- sbraitò suo padre.

Aspettammo che le acque si calmassero per suonare il campanello.

-Stai qui- dissi a Tom spingendolo a lato del portico.

-Elena?- mi aprì la mamma di Tobia.
-Ciao, Bea- salutai
-Che ci fai qui?- chiese facendomi spazio per entrare.
-Ho solo bisogno di quella busta laggiù- dissi indicando la busta blu buttata a terra.
-Tobia ti ha chiesto di stare da lui?- chiese piegandosi per prenderla.
Scossi la testa mentendo.
-Ecco, digli che io non sono più arrabbiata con lui e che mi dispiace, per favore- disse porgendomela.
-Certo- sorrisi annuendo.
-Ci vediamo, bea- salutai.
-Ciao- disse chiudendo la porta.

Sospirai e mi girai verso Tom, che era ancora appoggiato al muro accanto alla porta.

-Andiamo- dissi camminando.
Lui annuì e mi seguì.

-Secondo te cos'ha fatto di tanto terribile?- chiesi.
-Non lo so, non ne vuole parlare-
-Possiamo- mi fermai.
-Possiamo?- chiese
-stare un po' fuori prima di tornare a  casa- spiegai abbassando la voce.
-Certo- sorrise.

Andammo nel solito parco e ci sedemmo nel prato.

-Da quanto ci conosciamo?- chiese ad un certo punto.
-Non so, forse da un mesetto-
-Il miglior mese della mia vita- sorrise guardando i bambini giocare.
Lo fissai e sorrisi, spontaneamente.

-Da quando così dolce?- chiesi
-Solo con te lo sono.-
Alzò lo sguardo su di me e mi fissò, non staccando la visuale dai miei occhi.
Anche io guardai i suoi occhi marroni che a qualcuno potrebbero sembrare normali, ma che a me sembrarono infinitamente belli.
Lui staccò lo sguardo per primo e guardò le mie labbra per qualche secondo, tornando poi ad incontrare i miei occhi.
Feci un sorrisetto e feci lo stesso con le sue di labbra.

In pochi secondi tornai a guardarlo e lo trovai perso nell'azzurro dei miei occhi.

Rimasi col sorriso stampato in faccia e poi lui si avvicinò sempre di più a me, fino a che io riuscii a percepire il suo respiro addosso a me e lui il mio addosso a sé.

Mi morsi il labbro apposta e lui fece un sorrisetto che lasciò capire che il messaggio era stato ricevuto.

In quel momento tutto al di fuori di noi due non contava più.

Non appena percepii il contatto fra il suo piercing freddo e le mie labbra rabbrividii. Riprendemmo fiato e lui mi guardò cercando un segno di approvazione, che io gli diedi sorridendo e riavvicinando le nostre bocche.
Stavolta misi le mie mani sui lati del suo volto, soprattutto sulle sue guance mentre lui si aggrappò alla mia vita.

Rimanemmo in quella posizione per molto.

Quando ci staccammo completamente stettimo in silenzio e io sorrisi cambiando la sua espressione da speranzosa a felice.

*Fine capitolo VIII*
1155 parole
Eccoci eccoci, scusate per avervi fatto aspettare più del dovuto..🤭

Provocarmi non fa bene- Tom KaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora