II

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-Ciao, sai dov'è Cassidy?- chiesi alla ragazza di quella mattina una volta finite tutte le lezioni.
-Oh, si- annuì. Aspettai qualche secondo che continuasse la frase, ma non lo fece e guardò altrove.
-Me lo potresti dire?- continuai.
Lei si morse il labbro e scosse il capo.
La guardai male e alzai un sopracciglio.
-Com'è che ti chiami?- chiesi.
Lei esitò un attimo, ma poi rispose.
-Anyta-
-Bene, Anyta, ti dispiace davvero così tanto dirmi che cosa sta facendo mia sorella?- chiesi ancora una volta.
-Sta bene, è solo che non posso dirtelo!-
-È mia sorella! voglio sapere che stia bene per certo, dimmi dov'è!- urlai.
-No!- continuò lei.

La guardai ancora più male ma poi lei ricominciò a parlare.

-Quello che sta facendo lo sta facendo anche per te, adesso và a casa, perfavore-
Mi mordicchiai la guancia e poi annuii.
Non potevo fare altrimenti dopotutto.
-Va bene, ma se la vedi falle presente che la prossima volta che fa una cosa del genere non mollerò così tanto in fretta-
Lei non disse più niente, così io girai i miei stivali e andai a casa.

-Papà?- chiesi, sperando che fosse sveglio e sobrio.
Non ricevetti nessuna risposta, quindi lentamente attraversai il lungo corridoio e arrivai davanti alla sua camera.
Lo vidi giacere a terra. Stava sanguinando dalla testa, mi allarmai subito e corsi in suo aiuto.
Guardai attorno a noi e vidi uno spigolo molto vicino alla sua nuca, anch'esso un po' macchiato di sangue.
-Oddio papà, che cosa hai fatto- mormorai tenendolo fra le mie braccia.
Cercai di alzarlo ma non ci riuscii, infatti corsi a prendere il mio telefonino e chiamai subito aiuto.

-Cos'è successo Elena??- strillò Cassidy passando attraverso il corridoio dell'ospedale. La guardai infuriata e lei capì subito per quale motivo lo fossi.

-Mi dispiace ele, Anyta stava solo facendo ciò che le avevo esplicitamente chiesto-
-Oh allora è tutto apposto!- dissi facendo un sorriso puramente sarcastico. La mia gamba non stava ferma e mi stavo mordendo tutte le unghie, solitamente non lo facevo, ma ora ero in un vero momento stressante.
Cassidy mi guardò e poggiò la mano sulla mia gamba.
-Stai tranquilla, starà bene-
-E se invece non fosse così? intendo, se papà non stesse bene, noi non avremmo nessuno che ci potrebbe ospitare, e la mamma sicuramente starebbe ancora male- mormorai preoccupata.
Lei espirò tutta l'ansia che aveva addosso
e cercò di tirarla via anche da me.
-Io ho te e tu hai me, questo è l'importante adesso, okay?-
Annuii anche se non riuscii a crederle.
-Và a prendere qualcosa da mangiare e bere, anche per me magari- sorrise.
-Okay- mormorai alzandomi dalla sedia.

Mi avvicinai alla macchinetta degli snack e presi alcune cose per noi due, poi sentii una ragazza urlare dalla stanza a fianco al distributore.

-Non se ne può andare, la gamba ancora non è del tutto apposto!-
-Non mi importa, la smetta- riconobbi l'ultima voce, ma non capii di chi fosse.
Mi sporsi un po' e vidi un'infermiera molto giovane provare a fermare un ragazzo che però non riuscii a vedere bene. Questo si mosse e fece si che lo vidi. Era Tom.
Aggrottai le sopracciglia e poi non appena si mosse ancora corsi subito al distributore cercando di non farmi notare.
Lui mi passò di fianco e non mi vide.
Appena indietreggiai però Tobia mi corse addosso. Strabuzzai gli occhi non appena mi urlò in faccia.
-Che fai qua?-
Stetti in silenzio un momento e poi Tom si girò.

Cazzo.

-Biondina?- disse.
Alzai gli occhi al cielo e presi Tobia per il braccio, portandolo dove credevo Tom e Bill non avrebbero sentito.

-Sono qua per mio padre. Ha bevuto troppo, di nuovo, e ha sbattuto la testa in uno spigolo, adesso è in quella stanza e Cass è con lui- guardai il pavimento.
Lui invece mi ascoltò e quando finii di parlare mi abbracciò, prendendomi alla sprovvista. Alzai lo sguardo e notai che i fratelli si erano ancora avvicinati, quindi mi staccai e con lo sguardo feci capire a Tobia che avrebbe dovuto far qualcosa.

-Andiamo, coglioni- disse portandoli via.

Presi le cose che avevo comprato poco prima e le portai a mia sorella che però non si aspettava di vedermi. La trovai a piangere fra le sue mani e corsi su di lei.

-Cass..- mormorai.
-Uh!- si spaventò. -Elena? oddio ah..-
continuò cercando di asciugarsi le lacrime.
-Cass, vieni qui- dissi abbracciandola.
Lei non si mantenne più e iniziò a piangere addosso a me. Si accasciò sulle mie gambe non appena io mi misi seduta e poi anche io piansi un po'. Vederla stare così male non succedeva mai e faceva molto male.

Ci addormentammo l'una nelle braccia dell'altra e io mi svegliai per prima.

-Giusto, le ragazze non possono stare qui, l'ospedale non glielo permette-
-Bene, le porteremo via noi, allora-

Aprii gli occhi e vidi la fantastica tripletta davanti a noi: Tom, Tobia e Bill.

-Hey, dobbiamo andare- disse Tobia avvicinandosi.
-Dove?- chiesi sbadigliando
-A casa- sorrise alzando Cass dalle mie gambe. Dopodiché mi prese in braccio e mi portò a casa mia. Quella bruttissima, piena di bruttissimi ricordi, casa.
Mugolai e poi aprii gli occhi ancora una volta non appena Tobia riuscì ad aprire la porta d'ingresso.

-Ma tu non sei Tobia!- dissi guardando chi mi stesse portando in braccio.
-No, non sono Tobia-
Guardai meglio e focalizzai la persona davanti a me.
-Sei il dreaddone?- ero addormentata, dicevo complete cazzate.
Lui alzò le sopracciglia e mi guardò, ancora tenendomi in braccio, poi si mise a ridere.
-Il che?- chiese. Mi resi conto di ciò che avevo detto solo dopo.
-Oddio scusa- mi misi una mano sulla fronte. Lui continuò a ridere.
-Dov'è camera tua?- chiese.
-Lasciami qui, non ti conviene attraversare queste stanze credimi-
Erano sporche, la stanza di mio padre ancora piene di birre e vomito.

Presi la foto di mia mamma dal comodino di fianco a me e poi sussultai.

-Che c'è?- chiese subito Tom.
-Dov'è Cassidy?- domandai a mia volta guardandolo e entrando nel panico.
-Non lo so, forse stanno ancora arrivando- rispose guardandomi con aria preoccupata.
-Mi porteresti in un posto?- chiesi mordendomi l'interno della guancia.
-Adesso?-
-Ti prego, ne ho bisogno- sussurrai.
-Uh, va bene- sorrise.
In quel sorriso notai ancora una punta di preoccupazione, che svanì dopo poco.

Gli chiesi di portarmi all'ospedale dove mia mamma era ricoverata. All'inizio fece molte domande, ma dopo smise.

Appena arrivammo entrai subito e andai alla reception.

-Elena, cara, sei qui per lei?- chiese Paula, ormai la conoscevo molto bene venendo lì ogni due giorni circa.
Io annuii e lei mi guardò.
-Non è un pochino tardi?- chiese.
-Ti prego, Paula, la devo vedere- implorai.
-Va bene, ma fai in fretta- sorrise.
Sorrisi anche io e la ringraziai, poi mi girai verso Tom che stava dietro di me.
-Arrivo subito-
Dopo quelle parole corsi via nel buio corridoio e arrivai nella stanza di mia mamma.

Mi misi seduta come sempre nel letto accanto a lei e le presi la mano.

-Mamma, sono qui- sussurrai.
-Oggi papà si è fatto male, ma non devi preoccuparti, ora è in ospedale e lo stanno curando- continuai.
-Scusa se sono venuta così tardi, mi è passato di mente, mi dispiace-
-Cassidy non c'è, scusala, verrà domani-
-Se ti fa piacere posso tornare con lei anche io- sorrisi. Una lacrima scese dal mio occhio e si fermò sulla sua mano intrecciata alla mia.
Abbassai la testa e iniziai a singhiozzare.
-Mamma, mi manchi tanto-
-Fa tutto schifo qui senza di te-
-Vorrei che tu fossi qua ad abbracciarmi e a dirmi che tutto andrà bene, detto da te sarebbe sicuramente vero- iniziai a parlare sempre più piano.

Qualcuno bussò alla porta spalancata e io sobbalzai dalla paura.

-Elena, tesoro, devo farti uscire adesso-
mi avvertì Paula. Io annuii e poi mi alzai lasciando un bacio leggero sulla fronte di mia mamma.
-Tornerò presto, ti voglio bene- la salutai.

*Fine capitolo II*
1321 parole

Provocarmi non fa bene- Tom KaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora