XIV

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Rimanemmo in quell'abbraccio fino al terzo richiamo di Bill, Gustav e Georg.

-Tom, è tardi, mi dispiace ma dobbiamo andare-

Lui mi strinse ancora più forte a sé e appoggiò la mano sulla mia testa accarezzandomi i capelli.

-Tom!- continuò Bill avvicinandosi sempre più a noi.

Quando arrivò abbastanza vicino a noi ci staccò anche se contro voglia. Tom sbuffò guardandolo, poi il suo sguardo ricadde ancora su di me.

-Vai- sorrisi dolcemente.

Se gli avessi mostrato la tristezza e il dolore che stavo provando non se ne sarebbe andato mai e non potevo permettere che questo accadesse.

Per quanto male facesse dovetti rimanere forte per lui, come lui fu tante volte per me.

Ingoiò guardandomi tristemente e una lacrima scese dal suo occhio, bagnando lentamente la sua guancia.

Sospirai e corsi verso di lui un'ultima volta abbracciandolo e appoggiando il volto nel suo petto. Lui invece appoggiò la sua testa addosso alla mia e mi strofinò la schiena dolcemente.

-Non smetterò di amarti, lo sai, vero?- sussurrò staccandosi e facendo si che i nostri occhi si incontrassero.
Sorrisi e alcune lacrime scesero anche dai miei di occhi.
-Lo so- annuii, prendendo il suo volto fra le mie mani e accarezzandogli le guance.

Riuscii a percepire gli occhi di tutti addosso a noi, ma non ci feci molto caso, rimasi attenta solo a lui, ai suoi movimenti e alle sue parole.

-Non dimenticarlo- disse infine, lasciandomi un leggero bacio sulla fronte e allontanandosi, dirigendosi alla porta.

Uscì per ultimo, diede uno sguardo alla casa, a me, e poi chiuse la porta dietro di sé.

Aspettai qualche secondo prima di iniziare a piangere. Mia sorella e mia mamma mi rassicurarono venendomi in aiuto e parlandomi, ma non le ascoltai. Mi abbracciarono, ma non mi fece sentire meglio. Era da quando stavo con Tom che sapevo di avere qualcuno su cui contare sempre:
Nonostante gli sbagli e i litigi, lui era sempre qualche decina di minuti più in là.

Ma adesso, beh, adesso sarebbe stato ore più in là, tante ore.

Respirai e lentamente mi calmai, abbracciando mia mamma e poggiando la mia testa sulla sua spalla. Mia sorella invece mi accarezzò la schiena, guardandomi triste. Dopo qualche minuto mi misi di nuovo in piedi e lentamente camminai verso la mia stanza ringraziando mia mamma e mia sorella. Mio padre arrivò qualche ora dopo, non capendo perché non fossi uscita da camera mia in tutte quelle ore.
Quando mia mamma glielo spiegò provò a rassicurarmi, ma non ci riuscì. Apprezzai però molto il suo affetto, infatti stettimo insieme per tutto il resto del pomeriggio.

Le giornate seguenti mi sembrarono tutte uguali, eravamo ormai a dicembre, in un paio di settimane saremmo stati in vacanza da scuola. Mia sorella era diventata maggiorenne da ormai circa cinque mesi mentre io passavo la maggior parte del mio tempo sui libri, sia di scuola che non.

Tobia venne a trovarmi quasi ogni giorno nella prima settimana. Mi rassicurò moltissimo averlo accanto.

La seconda settimana andò come previsto: Casa, scuola, casa.

Oppure direttamente casa, casa.

-Elena, ti posso parlare?- mia mamma entrò nella mia stanza.
Io annuii e lei si sedette.
-Tesoro, ti andrebbe di andare a trovare la zia?- mi guardò dritta negli occhi, sperando in una risposta positiva.
-Va bene- annuii regalandole un piccolo sorriso, in fondo, che avevo da perdere?
-Bene!- esclamò felice. Nella sua faccia un enorme sorriso si creò.
-Andremo nelle settimane in cui sei a casa, va bene?- continuò dopo qualche secondo di silenzio.
-Certo- sorrisi annuendo un'ultima volta.

Mia zia non abitava vicina a noi, abitava a circa due ore da casa nostra, ma dopotutto stare un po' lontana da casa era l'unico modo che mi avrebbe aiutata a rilassarmi.

Dopo quella conversazione io tornai a studiare per scuola mentre mia mamma tornò in salotto, probabilmente ad aggiornare mia sorella.

Papà aveva cominciato di nuovo a bere, nessuno lo sapeva apparte me. Lo vidi con la bottiglia di nuovo attaccata alla bocca alcuni giorni prima la partenza dei ragazzi, ma i miei dubbi risalivano a ben prima.

Appena vidi quella scena decisi di non dirlo né a mia madre né a mia sorella, per quanto riguardò mio padre però mi feci andai davanti a lui, provocandogli molto spavento data la sprovvista.

Parlammo e io mi arrabbiai veramente tanto, infatti non gli parlai fino al giorno in cui Tom partì, ero troppo triste per rimanere con il broncio, infatti quel pomeriggio lo passammo insieme, prevalentemente parlando di Tom e tralasciando l'argomento alcol.

Gli raccontai del nostro primo incontro, della nostra amicizia, del nostro bacio, e dell'inizio della definitiva relazione.

Anche se passarono solo due settimane, sentii molto la sua mancanza.

Tornai alla realtà e notai una goccia sul libro, mi resi allora conto di star piangendo. Lentamente sospirai e passai la mani sotto gli occhi, asciugandoli.

'Devi lasciarti il dolore alle spalle, ci riuscirai'

Questa era la frase che era nella mia testa ogni minuto di ogni giorno,
nonché anche la più grande bugia.

Mi lasciai cadere nel materasso sospirando ancora una volta.
Chiusi gli occhi e mi lasciai andare.
In poco mi addormentai, e quando mi svegliai lo feci solo per qualche minuto, dato che subito dopo mi rannicchiai e dormii ancora fino alla mattina seguente.

Come sempre, mi preparai, presi lo zaino e andai a scuola. La giornata passò più lenta rispetto alle altre, forse perché stavo provando a concentrarmi.
Quando il primo intervallo arrivò, mi alzai subito e uscii dalla classe, appoggiandomi a muro attaccato alla porta.

-Elena, ciao!-
Mi voltai e vidi una ragazza di cui non ricordavo niente.
-Scusa, ci conosciamo?- mi sentii molto a disagio a chiederlo ma lo dovetti fare.
-Non direttamente, sono nuova- sorrise.
-Come sai il mio nome?-
-Conosco Tom, sai, l'ho visto qualche giorno fa- ridacchiò.
La guardai male e lei smise subito.
-Mi ha detto in che classe saresti stata, ti saluta ecco- detto questo, cercò di allontanarsi, ma la fermai.
-Come vi conoscete?-
Ero troppo curiosa.
-Oh, stavamo insieme, mi sono trasferita qua e ci siamo lasciati, l'ho rivisto perché sono tornata là per qualche giorno- spiegò, lasciando la mia presa e continuando a camminare via.
La seguii con lo sguardo per tutto il corridoio finché non girò.

-E ora questa chi cazzo è- mormorai fra me e me continuando a guardare il corridoio, ormai vuoto.

*Fine capitolo XIV*
1055 parole
Oh mamma scusate non pubblico da tantoo

Provocarmi non fa bene- Tom KaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora