enissofobia

29 2 13
                                    


Enissofobia: la paura di aver commesso un peccato imperdonabile o di ricevere critiche.


Sto seriamente per avere un crollo nervoso.

Richard Valentine, il mio adorabile compagno di stanza, non ha proprio intenzione di smettere di tirare quella pallina da tennis contro il muro.

Se solo non fossi la metà di lui giuro che adesso andrei e gliela ficcherei su per le sue stupide narici. Certo, questo accadrebbe se poi lui non mi accartocciasse e usasse come pallina di riserva.

Sì, non ci tengo.

Per questo mi limito a espirare rumorosamente.

"Qualcosa non va, Cloud?" mi guarda indispettito Richard.

Sa benissimo cosa non va, così come sa che non gli dirò nulla.

Nego con la testa e guardo l'orologio che porto al polso.

Un Rolex Datejust 1601, regalo dei miei.

Venivo da una famiglia ricca, non a caso mi trovavo in quella scuola.

Sono le 7:55, per cui inizio a uscire dalla stanza.

"Io vado a fare da guida turistica al nuovo arrivato, tu cerca di arrivare in orario per una volta, Rick, grazie" dico rivolto verso il mio amico.

Sì, amico, perché nonostante sia una delle poche persone capaci di farmi saltare i nervi è anche la persona che mi conosce più a fondo di tutti.

Beh, non proprio tutti.

"Ma non è quel ragazzo che è appena uscito dal riformatorio per rapina a mano armata?" mi chiede interrompendo i lanci, così andando a spezzare quel ritmo fastidioso.

Grazie, Cristo.

"Sì, proprio lui, Wallas Reyes in persona" dico con un finto entusiasmo.

"William Reyes" mi corregge.

"Uguale."

"Sì prova a dirlo quando ti avrà staccato le palle e giocato a biliardo per aver sbagliato il suo nome."

È preoccupato.

E se lui è preoccupato, io me la sto facendo sotto.

Insomma, Richard era un colosso di 1,90 e 95 kili di muscoli, io uno stuzzicadenti di 1,85.

Certo, l'altezza giocava a mio vantaggio, ma avevo una massa muscolare rasente allo zero.

Sbuffo, tornando al presente e esco dalla camera.

Wallas...

William mi aspettava nell'ufficio della preside insieme ai suoi.

Uno volta giunto davanti alla porta, busso piano, con la mano tremante che nascondo subito dietro la schiena.

"Avanti!" sento urlare dalla preside Bailey.

Apro la porta e sento subito degli sguardi fissi su di me.

Che seccatura.

"Oh, Elijah! Accomodati, ti stavamo aspettando" dice la donna sorridendomi e indicando la sedia vuota che ha di fronte a sé.

Mi guardo intorno, conosco quest'ufficio a memoria ormai.

Non perché mi caccio spesso nei guai ma perché sono uno dei rappresentanti d'istituto e vengo chiamato più volte dalla preside per discutere questioni riguardanti gli studenti.

𝔽𝕆𝔹𝕀𝔸Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora