10. A dull life

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James

Dopo l'incontro con Emily in biblioteca, sono andato a casa mia. Qui a Winter Haven a maggio fa sempre caldo, ogni volta che finisco di fare la doccia sudo di nuovo.

Che cazzo di caldo fa?

Accarezzo la mia gattina Katie, lei è l'unica che mi capisce, che mi conforta. A volte credo che lei non mi sopporti, ma io la amo con tutto il mio cuore, mi dà tanto affetto e mi piace questo.

Io vivo da solo, mio padre vive a New York e mi odia, il sentimento è reciproco. Non lo considero un padre da molto tempo, ormai non so più se chiamarlo così, è diventato un estraneo.

Il preside Williams tutto sommato mi ha spaventato, non credevo fosse serio quando gli ho detto che se non andavo in biblioteca mi mandava qui mio padre. Willy è molto furbo, è severo, ma con me è normale, si comporta come un preside, è giusto.

Questa sera andrò in giro per la città, a fumare e a fare lo stronzo, perchè questa è la mia vera vita.

Esco di casa e vado nel mio bar di fiducia, di fronte alla fermata dell'autobus, dove Emily mi ha visto quella sera in cui doveva andare a casa di Allison.

Avendo diciott'anni posso fare tutto il cazzo che voglio e fortunatamente lì ci lavora un mio vecchio amico, di conseguenza mi può anche non far pagare.

«James che ci fai qui?» mi chiede subito, senza esitare

«John, fammi subito un Gin Tonic

«Subito? Perchè dovrei?»

«Non rompermi i coglioni, è il tuo cazzo di lavoro o no?» gli dico, diretto

«Perchè fai lo stronzo con me?»

«Lo sono con tutti John, ora lavora e sta' muto!»

«Ascolta James, stai male? Stai ancora pensando al passato?»

«Ti pare che sto bene? Sto di merda da quattro fottuti anni.» gli dico, mentre mi prepara il Gin Tonic

«Okay, ecco qui il tuo Gin Tonic. Ora che te l'ho dato, vuoi parlarne?» mi dice

«John, sai benissimo quello che è successo, siamo migliori amici da quando avevamo sette anni. Di cosa dovremmo parlare?»

«Che cazzo ne so James, vieni qui solo quando ti va, solo quando devi buttare via la merda che hai passato. Che cazzo di rapporto abbiamo? Ti chiedo questo perchè non parliamo mai di queste cose, perchè mi parli solo quando devi ordinare qualcosa, quando vuoi ubriacarti!» mi dice tutto ad un fiato, piangendo.

Singhiozza, tira su il naso, devo averlo fatto stare proprio male...
Che persona di merda...

«John, ci ho provato ad essere un amico, so che non ti ho dimostrato affetto, ma io sono un egoista e mi tengo tutto dentro»

«Sei anche uno stronzo e mi hai fatto sentire una nullità!»

«Lo so John, è la mia specialità» confermo quello che ha detto

Questa è l'ultima frase che gli ho detto prima di andarmene dal bar con il mio Gin Tonic.
No, non l'ho pagato, John stava continuando a piangere e non ha badato alla porta.

Mi accendo una sigaretta e vado nel parco qui vicino al bar.

È tutto quello che faccio il venerdì sera; sempre e solo questo.

Non ho neanche cenato, non ne ho bisogno.
Sto di merda e mi sento perso.
Sono stufo della mia cazzo di vita.

La mia vita è cambiata in soli quattro anni.
Ero un semplice bambino e ho dovuto passare l'inferno. Non ho più sentimenti, e se ce li ho, solo per casi particolari. Sono nato in una famiglia dove la cosa principale è il silenzio, un profondo silenzio: quello che c'è nel momento in cui ti chiudi in te stesso, quello dopo una litigata, quello quando non sai cosa rispondere ad una domanda, quello quando hai detto qualcosa d'imbarazzante a qualcuno e potrei continuare all'infinito...

Ero un bambino, ero piccolo per capire cosa stesse accadendo, ma dentro di me sapevo che c'era qualcosa che non andava. 

Mia madre e io andavamo sempre d'accordo. Mi accompagnava a scuola, mi veniva a prendere ed era sempre molto affettuosa nei miei confronti. Lei era una persona molto sorridente, piangeva solo per i film, era molto solare e soprattutto romantica. Per me era la mamma migliore del mondo.

Un giorno andai a casa di un mio amico, avevamo passato varie ore insieme e si era fatto tardi.
Il padre di questo mio amico mi accompagnò a casa e quando entrai in casa, vidi mia madre stesa sul divano: stava piangendo.
Si accorse che ero arrivato a casa solo perchè la salutai, lei mi vide e non sapeva come reagire, non mi salutò, anzi, fece finta di niente.

«Mamma, sono tornato» le dissi.
Non rispose, sembrava che stesse dormendo, ma sapevo che stava solo in silenzio.

Volevo sapere il motivo...

«M-mamma... P-perché non rispondi?» le chiesi, rassegnato e preoccupato

«Mi dici perché non rispondi?!» urlai forte.
Mi arresi, non mi avrebbe risposto, quindi era anche inutile continuare a provare.

«Tesoro mio, sono stanca...» mi rispose dopo un paio di minuti

«M-mamma, mi dici cosa succede? Per favore»

«James, io e tuo padre stiamo avendo dei problemi...» finalmente aprì la bocca

«M-mamma... Ma che sta succedendo?» le chiesi

«Tesoro, è più complicato di quanto tu creda...» mi rispose

In quel momento ero molto preoccupato, non sapevo cosa mi potesse rispondere.
Ero solo in panico, non sapevo cosa volesse dire quello che mi aveva detto su di lei e mio padre.
Pensai al peggio, pensai ad un possibile divorzio.

Avevo solo quattordici anni al tempo, non ero completamente una persona matura, ma sapevo che c'erano delle cose che non mi voleva dire.

Mi rendo conto che si è fatto tardi, quindi è il momento di tornare a casa.

Entrato in casa, saluto Katie, tolgo le scarpe e i vestiti, metto il pigiama e mi sdraio sul letto.

Mi aspetta, come al solito, una lunga notte piena di pensieri e incubi...









‧₊˚♡ Spazio autrice:

Ciao lettori, che ne pensate di questo capitolo? Spero vi sia piaciuto almeno un po'.
Se avete consigli, critiche costruttive, non esitate a contattarmi (o su ig o nei commenti qui sotto) !

Ora ho una domanda...
Secondo voi perché ho usato il passato per parlare della madre?
Credo sia abbastanza palese il motivo 🥲

A presto con un nuovo capitolo! 🥀🤍❤️

White Rose, Red RoseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora