Parte 2 Martha my dear

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Trascorro il pomeriggio a rivoluzionare completamente la mia stanza sotto lo sguardo vigile della mia gatta Kelly. Negli ultimi giorni ho faticosamente radunato tutti i miei svariati oggetti in scatole di tutti i tipi e misure per riportarli qui. Come ogni avvenimento della mia vita, ho voluto prendere questo ritorno dai miei come una sfida, una serie di piccoli problemi da risolvere per giungere al mio obiettivo. Ogni momento di tentennamento, ogni esitazione di fronte a un particolare oggetto che non riuscivo a identificare se fosse veramente mio o di Ema, o di entrambi - magari acquistato insieme quando pensavamo che quel set di mestoli sarebbe rimasto per l'eternità nel cassetto della nostra cucina- beh, veniva immediatamente messo da parte con lo scopo di risolvere il più in fretta possibile la situazione.

Avevo bisogno di andarmene il prima possibile, senza indugiare, e superata questa complicata parentesi avrei potuto dimenticare una parte della mia vita. Otto anni della mia vita. E quell'armadio nella camera dove ero cresciuta doveva tornare a contenere i miei vestiti per aiutarmi a ricominciare una nuova vita.

Ad aiutarmi mentre svuoto le scatole sul letto, mentre indago sul contenuto per poi decidere la stagionalità del capo e quindi la sua ubicazione, c'è il mio giradischi che sta pigramente riproducendo il White Album dei Beatles. Anche questo era stato un regalo di Emanuele. Ma è inutile che mi focalizzi ogni volta a pensare agli oggetti che mi ricordano lui, dopotutto, quanta vita insieme abbiamo condiviso? Probabilmente il novanta per cento delle cose della mia vita hanno avuto a che fare con lui e me lo avrebbero sempre ricordato.

Come vorrei che mi avesse lasciata lui.

Questa frase mi arriva dritta in testa inaspettatamente e con una tale forza che ho quasi paura esca da sola dal mio cervello per prendere vita propria e scriversi da qualche parte.

E' talmente facile fare la parte della persona lasciata, abbandonata, vittima, mentre la mia parte è quella della ragazza malvagia che ha infranto un sogno e rovinato la vita del mio ex ragazzo. Mi sento già le parole di sua madre che avrebbe probabilmente voluto dire alla mia ieri sera, qualcosa tipo "lo ha illuso per tanto tempo per poi lasciarlo a quasi quarant'anni senza nessuna possibilità di rifarsi una vita a quell'età".

Martha, my dear

Hold your head up, you silly girl

Look what you've done,

sta cantando Paul MCCartney e penso si stia rivolgendo veramente a me.

Sorrido leggermente e mi concentro su una pila di costumi da bagno quando sento dall'esterno il rumore stridulo di un cancelletto che viene aperto. Ho abitato qui per 23 anni prima di trasferirmi e conosco ogni suono di questo quartiere, ma questa volta non riesco a individuare da quale villetta arrivi. Cautamente mi avvicino alla porta finestra socchiusa e infilo il naso fuori per controllare.

Prima dirigo istintivamente lo sguardo verso casa della mia storica amica Carolina, a un centinaio di metri da qui. Abbiamo trascorso tutta la nostra infanzia insieme in questo quartiere e la nostra abitudine era, ogni volta che avevamo intenzione di giocare insieme o di incontrarci, di assicurarsi la presenza dell'altra controllando che la finestra della cameretta fosse aperta. In questo momento è chiusa.

Il rumore però proviene dalla villetta dopo la mia, dove individuo Filippo chiudere il cancelletto d'ingresso al suo giardino e rientrare in casa. Il passo è spedito e gli occhi sono rivolti in basso. Ma a un certo punto, quasi casualmente, posa lo sguardo sul nostro giardino e alla porta di ingresso cui era poggiato questa mattina conversando con i miei. Per due secondi rimane anche fermo, poi alza gli occhi verso il punto dove mi trovo io. Non può vedermi perché sono coperta dalla tenda, ma sono sicura che possa sentire la musica. Dopodiché prosegue e rientra in casa.

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