Parte 36 God only knows what I'd be without you

309 15 0
                                    

Oltrepasso la sottile porta di vetro, immaginandomi come potesse essere la vita di una nobile di questo castello che usciva in giardino in una sera di fine estate di due secoli prima per guardare la luna.

I miei sandali affondano leggermente nell'erba fresca, che fa rimbalzare ogni mio passo come se volesse aiutarmi a raggiungere più in fretta la direzione in cui sto andando. Da Filippo.

Lo individuo subito: altre persone si trovano all'esterno intorno alla zona piastrellata con i tavoli e i gazebo, mentre lui si è diretto in una zona più defilata, a qualche metro di distanza. E' in piedi, di spalle, fermo, si passa una mano tra i capelli ravvivando il ciuffo che gli ricade sulla fronte, e osserva le rovine della vecchia ala del castello, illuminate dai fari colorati. Più mi avvicino a lui e più riesco a distinguere i riflessi sul suo viso di profilo, e a pochi passi da lui percepisco il suo profumo. Ogni volta che arriva alle mie narici, mi riporta immediatamente indietro ai momenti trascorsi insieme, costringendomi a chiudere gli occhi.

Inspiro profondamente, la gola secca e il viso in tensione, tanto da sentire un leggero dolore alla mandibola. Ormai sono a un metro da lui. In lontananza, posso sentire vagamente la musica provenire dall'interno della sala da ballo.

Alzo una mano e gliela poggio sulla spalla, poco più di un leggero tocco, senza parlare. Se ne accorge, le spalle si tirano leggermente indietro, alza di poco la testa, ma non si volta.

"Marta."

Sorrido. Deve aver sentito il mio odore, o riconosciuto il mio tocco. O, semplicemente, sentiva su un altro piano della realtà che sarei arrivata da lui. Tolgo la mano e lui finalmente si volta. I suoi occhi sono lucenti, colmi di pensieri e di parole non dette. Posso leggervi un romanzo intero, a guardarci dentro. Il volto però sembra oltrepassato da una nuvola di insicurezza.
Restiamo per qualche secondo a guardarci, senza dire nulla né mutare espressione. Poi, nello stesso momento, prendiamo a camminare fianco a fianco intorno alle rovine del castello.

"Abbiamo un momento per parlare, finalmente". La mia voce non sembra neanche appartenermi. Alzo lo sguardo su Filippo che annuisce, sorridendo senza entusiasmo, continuando a guardarsi le scarpe che si stanno sporcando di terra. Non oso immaginare i miei tacchi.

"Ti ho evitato continuamente, in questo periodo, e devo scusarmi per questo". Le parole mi escono da non so dove, perché non mi sembra di averle pensate prima di averle pronunciate. Ma è vero: è arrivato il momento di parlare chiaramente. Dopo questa conversazione, in un modo o nell'altro, le cose cambieranno del tutto, me lo sento. "Non mi sentivo pronta a parlare. Non ero pronta ad affrontarlo. Volevo solamente allontanarti, e lasciarti alla tua vita. Alla vostra vita. Sapevo di avere rovinato le cose con la tua famiglia, e non volevo più esserne responsabile."

Prendo fiato osservando Filippo, imperturbabile, impassibile. Probabilmente devo essere ridicola. Ha cercato in tutti i modi di comunicare con me, per settimane, e io gliel'ho sempre impedito. Ora sono io a voler parlare, e lui sembra davvero altrove. Ma ormai devo andare fino in fondo.

"Quando ho saputo che te ne eri andato di casa, non sapevo cosa pensare. Ho creduto che sarebbe stato meglio lasciare che le cose rimanessero com'erano. Lasciare che tu... proseguissi per la strada che avevi scelto."

Vedo un impercettibile lampo attraversare il suo volto. Devo averlo colpito in qualche modo. Vorrei passare una mano su quel volto e dargli una carezza. La musica dall'interno è sempre più forte.

Filippo si ferma di colpo. Io sono avanzata di un paio di passi rispetto a lui e mi blocco. Ha uno sguardo davvero duro. Non deve essergli piaciuto per nulla quello che ho detto. Ora mi chiederà di andarmene, e ha ragione. Cosa sono venuta a fare? Cosa sono venuta a dirgli?

Vicino al cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora