Le Stelle di Natale del 1965

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"Svegliati tesoro, è la vigilia di Natale"
"Dai mamma, lasciami dormire ancora un po'"
"Su su, che tuo fratello è già sveglio da un'ora"
"Eric abbia a fare che cazzo gli pare"
"Come sei pesante...tra meno di un'ora ti voglio giù con noi"
"Si si"
Mia madre uscì dalla stanza e chiuse la porta, ma ormai mi ero svegliata. Che palle.
Mi alzai anch'io dal letto e mi diressi in bagno.
Mi lavai la faccia, i denti e misi una pinza tra i capelli.
Scesi le scale molto lentamente e dopo aver attraversato il corridoio entrai in cucina.
"Non dai nemmeno il buongiorno?"
"Buongiorno papà, buongiorno mamma, buongiorno Eric"
"Sei sveglia? No perché sembri un robot"
Eric provava a mimare le movenze di un robot risultando molto ridicolo e decisamente poco simpatico.
"Ma stai zitto tu"
Il frigo era mezzo vuoto ma almeno c'era del latte e, se mio fratello non aveva già fatto colazione, dovevano esserci ancora anche dei cereali. Quei cereali facevano schifo ma erano l'unica cosa che mia madre riusciva a far mangiare a colazione a mio fratello.
Le ho ricordato tante volte che in questa casa ci sono due figli ma penso che non mi sia mai stata ad ascoltare.
"Grazie Violet di averci aspettato per fare colazione"
"Prego"
Ed alzai gli occhi al cielo.
"Oggi faremo l'albero e dopo io e vostra madre andremo a fare la spesa per il pranzo di domani. Tu Eric resterai a casa con tua sorella"
"Dove andate a fare la spesa?"
"Al Sainsbury's in centro, perché Eric?"
"Quello vicino al negozio di giocattoli?"
"Si Eric, ma se compri qualcosa oggi, Father Christmas ti porterà un regalo in meno domani"
"Mh, va bene, però voglio venire con voi"
"Allora vieni anche tu Violet"
"In realtà ieri sera parlavo con Sarah e mi aveva chiesto se andavamo in centro oggi pomeriggio..."
"No Violet, oggi fai l'albero con noi, non sei mai a casa e almeno per vigilia ci resti"
"Mi sembrava strano che mi lasciaste fare qualcosa che volevo..."
"Adesso non la fare tanto lunga eh Violet"
"Brian, calmo...non litigate anche oggi, per piacere"

Mia madre non voleva mai che io e mio padre litigassimo ma purtroppo succedeva spesso, molto spesso. Entravano sempre in conflitto perché non gli piaceva il modo in cui rispondevo, non andava bene il modo in cui mi comportavo, come mi vestivo, come andavo a scuola, non andavo bene e basta.
Disturba aver sempre una vocina che da dietro ti urla quanto tu faccia schifo in ogni cosa che fai, soprattutto se questa vocina era dei tuoi genitori.
E la cosa peggiore era che sepolta in una buia parte del mio inconscio, c'era la paura di essere esattamente come lui.
Nonostante tutto gli volevo bene, e tanto, perché provava nel suo piccolo a rendere la mia vita meno difficile; probabilmente però non si accorgeva che in un secondo grazie alle sue parole riusciva a farmi sprofondare.
...
Rimasi a casa, non volontariamente ma ci rimasi.
"Bianco, rosso o blu quest'anno?"
"Rosso è più natalizio no?"
"Vero Violet, hai ragione, quest'anno lo faremo rosso"
E mio padre scese giù in cantina per prendere lo scatolone con le palline e gli addobbi del colore stabilito.
Iniziammo a montare l'albero e ci divertimmo, come ogni anno, nel vivere quei piccoli momenti di tradizioni familiari.
Durante l'anno non passavamo molti momenti insieme se non durante quelli forzati: Natale, Pasqua, Capodanno e compleanni vari.

Con i miei genitori la situazione non era ideale ma nemmeno invivibile.
Spesso mi ero sentita incompresa, oppure avevo notato che loro avevano delle reazioni esagerate rispetto a dei "problemi" riguardanti me, quindi non parlavo mai di nulla di ciò che mi riguardava, avevo timore a dire ciò che facevo, con chi esco ecc
Mi sentivo parte della famiglia e apprezzavo il loro impegno per far star bene me e mio fratello, ma la salute non salta automaticamente fuori se riesci a guadagnare più soldi di prima. Pretendevano da me più dimostrazioni d'affetto, che però non riuscivo a dare spontaneamente, quando lo facevo risultavo troppo pesante. Mi ero resa conto, col tempo, che in casa era come se impersonassi un ruolo, ormai da qualche anno, probabilmente dall'inizio dell'adolescenza. Non sapevano praticamente nulla di me, non condividevo nessuno stato d'animo con loro, anche se molto spesso avrei voluto farlo ma credevo che se lo avessi fatto mi avrebbe fatto sentire a disagio.
Non dicevo molte bugie, ma mi nascondevo costantemente sotto questa "maschera" che mi ero creata e non so neanche per quale motivo. Forse ero troppo complicata.

"I've always looked for you"-Brian MayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora