Piccolo rifugio

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I mesi successivi volarono via in un soffio, trascinati da una frenesia che sembrava non voler finire mai.
I Queen erano inarrestabili: ogni concerto era un trionfo, con folle di fan sempre più grandi e appassionate.
I loro dischi spopolavano ovunque, tanto che persino i critici più scettici iniziavano a lodarli apertamente.
La band era arrivata a un punto in cui potevano permettersi di rifiutare i produttori che non li convincevano del tutto, quando solo poco tempo prima faticavano a trovarne uno disposto a puntare su di loro.
Io ero sempre accanto a loro, cercando di incastrare gli impegni lavorativi con la loro agenda. Quando non ero in biblioteca, li seguivo tra i tour nazionali, aiutando a gestire la parte diplomatica o occupandomi dei documenti da firmare. Spesso mi trovavo a risolvere qualche dettaglio burocratico, come assicurarmi che il catering fosse adatto o che le clausole dei contratti non avessero strane sorprese. Ero diventata una presenza costante, un punto di riferimento per loro, e questo mi riempiva di gioia.
La mia relazione con Brian, nel frattempo, aveva preso una piega sempre più seria. Dopo aver ufficializzato la nostra storia, eravamo più affiatati che mai. Ogni giorno insieme sembrava rafforzare il nostro legame e ci rendeva sempre più sicuri che volessimo condividere la nostra vita. Così iniziammo a pensare di andare a vivere insieme, fantasticando su una casetta che ci rispecchiasse, con abbastanza spazio per le chitarre di Brian e per i miei libri, e magari un piccolo giardino dove poter trascorrere i pomeriggi soleggiati.
Un giorno, mentre eravamo fuori per una passeggiata in un quartiere tranquillo di Londra, ci imbattemmo in una casa che sembrava uscita da un sogno. Era piccola ma accogliente, con una facciata ricoperta di edera e una porta d'ingresso blu scuro.
"Guarda, questa è perfetta," dissi, stringendo la mano di Brian. "Me la immagino già piena di piante e magari un gatto che si arrampica sui mobili."
Brian mi guardò con un sorriso sornione. "E io mi immagino il suono delle nostre risate qui dentro," replicò. "E qualche buona canzone da suonare nel salotto, con te che mi ascolti sul divano."
Non sapevamo se fosse davvero la casa giusta, ma quel momento, mentre sognavamo ad occhi aperti, ci fece capire che eravamo pronti per fare il grande passo.

Con il passare dei mesi, non eravamo solo una band e una fidanzata in tour; la connessione tra di noi si era rafforzata ad ogni tappa, a ogni notte passata insieme tra concerti e trasferte. Non si trattava solo di condividere il palco e il dietro le quinte, ma di costruire legami che andavano oltre la musica, di sostenersi a vicenda in modi che nessuno di noi si sarebbe aspettato.
Ricordo una serata in particolare, dopo uno spettacolo estenuante ma incredibile. Il pubblico era stato in delirio dall'inizio alla fine, ma il peso del tour cominciava a farsi sentire. Eravamo tutti stanchi, e c'era un'aria quasi malinconica nel backstage. Freddie, solitamente così pieno di vita e di energia, era seduto da solo in un angolo, con lo sguardo perso nel vuoto. Mi avvicinai e mi sedetti accanto a lui senza dire una parola. Dopo un lungo silenzio, si voltò verso di me, con un sorriso stanco ma sincero. "Sei la nostra colla. Sei quella che ci tiene uniti, anche quando tutto sembra volerci portare via."
Quelle parole mi colpirono come un fulmine. Non mi ero mai resa conto di quanto fossi diventata parte integrante della loro vita. Pensavo di essere lì solo per amore di Brian e per passione verso la musica, ma in realtà avevo trovato qualcosa di più: un senso di appartenenza che non avevo mai provato prima.

Anche con John e Roger, la complicità era cresciuta enormemente. John, con la sua natura tranquilla e riflessiva, si era rivelato un confidente straordinario, sempre pronto ad ascoltare i miei sfoghi o a condividere un consiglio. Roger, invece, era il fratello irriverente, quello che sapeva sempre come farmi ridere nei momenti più inaspettati, con la sua ironia tagliente e il suo sorriso sornione.

Quella sera, mentre eravamo tutti seduti su vecchi divani nel backstage, con le luci soffuse e l'eco del concerto ancora nell'aria, alzai lo sguardo verso di loro. "Sapete," dissi, sentendo una strana emozione crescere nel petto, "non avrei mai pensato di trovare una famiglia in un posto come questo. Eppure, eccoci qui."
I ragazzi sorrisero, e Freddie si alzò per venirmi incontro, abbracciandomi con forza. "Che bel gruppo di disadattati che siamo, eh?" disse con la sua solita ironia, ma negli occhi gli brillava un affetto sincero.

"I've always looked for you"-Brian MayDove le storie prendono vita. Scoprilo ora